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Cronaca

JESI Green pass “modello francese”: «Giusto», «No, atto molto grave»

Mentre il Governo sta decidendo abbiamo raccolto alcuni pareri da Daniele Crognaletti a Maria Teresa Chechile, Massimo Gianangeli e l’immunologo Luca Butini

JESI, 21 luglio 2021 – L’allargamento dell’impiego del green pass, la certificazione verde per accedere ad alcuni luoghi pubblici come cinema, teatri, stadi, palestre, dove si ritrova tanta gente, insomma, ma si è parlato anche di bar e risotranti è al vaglio del Governo chiamato a decidere al riguardo.

Il rilascio avviene dopo il completamento del ciclo di vaccinazione contro il covid, guarititi o con tamponi negativi entro le 48 ore.

I tempi sono stretti se si vuole contrastare la variante Delta: la Francia si appresta in questi giorni ad affrontare la questione al Consiglio dei Ministri così da adottare un decreto definitivo entro la fine di luglio. L’idea di rendere obbligatorio il green pass in tutti i settori pubblici dove si creano assembramenti, compresi i ristoranti al chiuso, sta facendo molto discutere: abbiamo raccolto alcune opinioni a riguardo.

Daniele Crognaletti

Daniele Crognaletti, amministratore delegato di Autolinee Crognaletti e presidente Confindustria Giovani Ancona, spiega: «Sono personalmente favorevole a soluzioni che stimolino a immunizzare quante più persone possibile attraverso i vaccini. Se poi lo strumento è il green pass o un altro metodo non sta a me scegliere. Sarà compito della politica e dei preposti. Personalmente prima di andare a cena o di fare una riunione ormai mi viene sempre spontaneo chiedere chi ha doppia dose di vaccino o meno».

Maria Teresa Chechile

Maria Teresa Chechile è infermiera all’ospedale “Carlo Urbani” di Jesi, nosocomio in prima linea nella lotta contro il virus.

«Non possiamo continuare a vivere anni nel terrore di nuove ondate e varianti: va accelerata la campagna vaccinale che è l’unico mezzo che ci permette una certa libertà e sicurezza. Il green pass è  uno strumento utile, un mezzo preventivo, per evitare di tornare alla situazione che c’era negli ospedali fino a qualche mese fa. Esso serve a identificare dei potenziali “portatori di infezione da covid” non a ledere la libertà di alcuno. Vaccinarsi è un atto dovuto per difendere la propria e l’altrui vita, nonché la libertà stessa, appunto. Rimane la necessità di restare vigili e guardinghi nei confronti di un virus che è una pandemia e che ha mietuto migliaia e migliaia di vittime: occorre quindi continuare ad evitare assembramenti e utilizzare la mascherina. Non si può credere alla medicina solo quando fa comodo».

Massimo Gianangeli

Parere decisamente differente quello di Massimo Gianangeli, coordinatore regionale di Italexit.

«Sono assolutamente contrario: lo reputo un atto gravissimo e profondamente ingiustificato. Il presupposto che il vaccino tuteli dal contagio è sbagliato, non è autorizzato al fine della prevenzione del contagio ma il green pass si basa proprio su questo aspetto. Si crea una discriminazione verso chi non ha fatto il vaccino basata su condizioni sanitarie e una situazione di apartheid che colpevolizza i non vaccinati dando loro responsabilità che non hanno. Il vaccino tra l’altro non è obbligatorio, lo Stato non si prende la responsabibilità di rendercelo, con conseguente aggressività verso chi non si vaccina».

Luca Butini

L’immunologo di Torrette Luca Butini, che è anche vicesindaco del Comune di Jesi, spiega.

«Chi non si è vaccinato fino ad ora evidentemente non vuole farlo perché le possiblità ci sono state e ci sono. In termini di protezione della popolazione il risultato non è adeguato quindi occorre mettere in campo altri strumenti come il green pass: magari, come in Francia, ci sarà chi dinanzi alla necessità di avere la certificazione sceglierà saggiamente di vaccinarsi. Evidentemente servono misure più forzose. Certo che l’informazione a livello globale non ha aiutato gli indecisi, anzi ha avuto effetti negativi».

L’obiettivo nel nostro Paese era quello di vaccinare l’80% della popolazione: «Il vaccino evita che una persona si infetti oppure in caso di infezione fa sì che abbia pochi o zero sintomi, quindi riduce la virulenza del virus. Nessuno ha mai parlato di assoluta invulnerabilità ma con il vaccino si sviluppa un grado di immunità anche in caso di infezione e non si trasmette facilmente. Il green pass indica una quota di persone responsabili».

Eleonora Dottori

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