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Cronaca

JESI: IL RACCONTO “PER RICOVERARE MIO PADRE CI SONO VOLUTE 24 ORE, ASPETTANDO AL PRONTO SOCCORSO SU UNA BARELLA DURA E SCOMODA. E CONFUSIONE PIÙ TOTALE”

ospedale UrbaniJESI, 8 febbraio 2015 – Alcuni giorni fa pubblicammo la notizia di un paziente lasciato tre ore al Pronto Soccorso su una barella prima che venisse preso in cura. Quell’episodio è stato anche oggetto di una interrogazione consiliare da parte del gruppo del Movimento 5 Stelle. Ebbene, abbiamo contattato la persona che ha vissuto quei momenti accanto al padre. Amareggiato ma anche determinato a non far dimenticare cosa possa provare in determinati momenti una persona che chiede soltanto una sanità all’altezza del proprio mandato. L’episodio è avvenuto al Pronto Soccorso del “Carlo Urbani” il 28 gennaio scorso. Il lettore ci ha chiesto di mantenere l’anonimato. (n.d.r.) 

“Sono ore che aspetto al pronto soccorso di Jesi con mio padre operato da 50 giorni e sentitosi male mentre eravamo in un centro medico per una visita medica specialistica. Fortunatamente è arrivato in autoambulanza e subito messo in una barella, ma puoi lasciato li con febbre a 39 pressione a 180 e forti dolori ad un rene senza nemmeno avere una coperta. Mi sono arrangiato con i nostri giubbotti. Gli infermieri hanno preso i parametri, ma dei medici neanche l’ombra! Mi hanno detto che c’ era un codice rosso! Bene aspetto… in piedi… perché le sole 6 sedie non bastano per tutti.
“Dopo 4 ore lo visitano, lo trovano con 40 di febbre e non me lo volevano neanche dire. Mettono la flebo con il Paracetamolo per abbassare la temperatura e via a fare la lastra al torace: dieci minuti per il tutto. Devo dire che anche per la radiografia c’è voluto poco, ma appena fatta lo hanno lasciato con la barella su un corridoio freddissimo adiacente al Pronto Soccorso non degnandosi neanche di spingerlo per pochi metri all’interno e al caldo. Tanto aveva “solo” la polmonite e un’infezione renale!
“Per essere ricoverato ci sono volute 24 ore, aspettando al Pronto Soccorso su una barella dura e scomoda in mezzo al caos e confusione più totale senza il minimo di spiegazioni a meno di essere PETULANTI. Non c’è spazio, non c’è un attaccapanni, né un comodino per appoggiare un bicchiere; non ci sono sedie né coperte, né un minimo di umanità e rispetto per chi sta male, né per chi è in apprensione per un familiare lasciato lì come un oggetto qualsiasi. Non parlo tanto per gli infermieri ma soprattutto per i medici, anche in reparto ti vedono lì ad aspettare, ma non si degnano neanche di rivolgerti lo sguardo, figuriamoci di dedicarti 30 secondi per due parole!
“Al reparto, pieno di zanzare, ci sono i bagni per gli uomini con le docce ma senza bidet. Un problema per un paziente attaccato alla flebo e con problemi alle vie urinarie. Pensavo che il bidet ormai presente in tutte le case da diversi decenni fosse un accessorio che non potesse mancare su un ospedale nuovo”.
(Lettera firmata)

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