Segui QdM Notizie
;

Cronaca

JESI IN QUEL DISEGNO È RACCHIUSO UN ISTANTE DI VITA

"Ci possono essere tante storie, e ci sono, dietro un segno, un volto, una parola. Tatuarsi è anche un modo per esprimere se stessi" (foto CriCo)

“Ci possono essere tante storie, e ci sono, dietro un segno, un volto, una parola. Tatuarsi è anche un modo per esprimere se stessi” (foto CriCo)

Incidere la pelle del corpo è un’arte che affonda le proprie radici nella notte dei tempi (foto CriCo)

Incidere la pelle del corpo è un’arte che affonda le proprie radici nella notte dei tempi (foto CriCo)

JESI, 4 gennaio 2016 – Tatuaggi che passione. Incidere la pelle del corpo è un’arte che affonda le proprie radici nella notte dei tempi. Oggi, e non da ora, è un trend che è andato sempre più diffondendosi. A tutte le età e senza distinzione di sesso.

Ma lui, l’artista, colui che imprime sulla pelle segni, parole, momenti di vita. Ecco, lui chi è?

«Sin da piccolo ho coltivato la passione per i tatuaggi, legata ai musicisti che seguivo, alle band musicali americane, alla cultura punk degli anni ’90. E adesso faccio il tatuatore per professione».

Alessandro Turcio, 32 anni, è nato a Roma ma è jesino a tutti gli effetti e proprio nella nostra città ha aperto il proprio studio “Homeward”, in piazzetta san Romualdo,  punto d’arrivo della salita di via Garibaldi.

«Ricordo quando a mio padre Michele, che gestiva  una farmacia a Chiaravalle, chiedevo spesso se poteva farmi un piercing ma lui niente. Proprio non ne voleva sapere di soddisfare questo mio desiderio…».

Alessandro ha dovuto attendere la maggiore età quando «mi sono fatto per la prima volta un tatuaggio, una spina dorsale attorno a un braccio per rappresentare il bisogno di sostegno, di una forza che  comunque ti tenga su, sempre.  Poi ho aggiunto il nome di mio nonno e quello della mia ragazza. Altri che ho sono di abbellimento».

Si, ma a che serve tatuarsi?

«Oltre che una moda è sicuramente un segno di appartenenza a qualcosa, a qualcuno. È fissare un momento ben preciso, importante, della vita. Dirsi e dire “sono artefice di quello che vedete, ne sono fiero”. Ci possono essere tante storie, e ci sono, dietro un segno, un volto, una parola. Tatuarsi è anche un modo per esprimere se stessi».

La passione, dunque, coniugata con il lavoro…

«Sì, ho iniziato 11 anni fa a Roma come dipendente di altri studi importanti della capitale ma ho anche lavorato molto in giro, nelle tattoo convention di Londra, Barcellona, Amsterdam , Milano, Roma, Firenze, negli Stati Uniti».

“Homeward”, ha il significato di “verso casa”, accompagnava il rientro dei velieri antichi nel porto di provenienza (foto CriCo)

“Homeward”, ha il significato di “verso casa”, accompagnava il rientro dei velieri antichi nel porto di provenienza (foto CriCo)

E la clientela?

«Di tutti i tipi, la maggior parte compresa tra i 20 e i 30 anni ma mi è capitato anche sopra gli 80. Comunque, non contano né sesso, né età. Con una distinzione, però, importante, che è questa: sotto i 14 anni non si possono fare tatuaggi e dai 16 ai 18 si deve venire accompagnati dai genitori».

L’igiene è un aspetto importante…

«Molto importante. Tanto è vero che è curatissimo, tutte le attrezzature sono mono uso e poi si gettano via. I controlli poi, nel nostro settore, sono rigidissimi».

Qual è il tuo stile?

«Mi rifaccio alla scuola anglo-sassone, tutta una serie di icone che derivano dalla marina militare o dall’esercito, dal folklore. Quando sono stato in America c’è stata, per così dire, la svolta, e questo mi ha portato a fare di più e a proporre di più».

Ecco spiegato il perché di “Homeward”, allora…

«In effetti  la parola ha il significato di “verso casa”, accompagnava il rientro dei velieri antichi nel porto di provenienza. Un po’ come ho fatto anch’io…».

E la band “Gerda” dove suoni? So che vi esibite non solo in Italia, ma anche per l’Europa…

«Vero ma, come si dice, questa è un’altra storia».

Ne riparleremo, allora?

«Ne riparleremo…».

([email protected])

News