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JESI PIAZZA COLOCCI, L’ERBA INCOLTA SI DIFFONDE SULLE “ROVINE PITTORESCHE”

Piazza Colocci

Lavori di riqualificazione, nuovo via entro la metà del mese. Il professor Attilio Coltorti: «Quello che sta avvenendo sui resti archeologici ha dell’incredibile…»

JESI, 6 luglio 2018 – Fiumi di parole, è il caso di dire, sono stati spesi per piazza Colocci, che si porta dietro, ormai, quasi un anno di ritardo sul completamento dei lavori di riqualificazione.

Lavori che iniziarono a fine maggio del 2017 – lunedì 29 – e che, stando al crono programma, avrebbero dovuto concludersi in circa 4 mesi.

Piazza Colocci

La situazione tra i muri di palazzo della Signoria e la passerella

A fermare il tutto la venuta alla luce dei resti della città medievale – con la conseguente entrata in scena della Soprintendenza – che costituirono l’evento della scorsa estate, divenendo punto di attrazione  formidabile, tanto che fu necessario istituire turni di visite guidate. Ma anche successivo motivo di polemica perché, al dunque, c’era chi non avrebbe voluto ricoprirli, come avverrà – con i dovuti accorgimenti, anche di preservazione della memoria – per permettere la nuova pavimentazione della piazza stessa.

Stando a quanto l’Amministrazione comunale ha indicato, entro il 15 di questo mese di luglio le maestranze della ditta appaltatrice incaricata ritorneranno per completare quello che avevano iniziato.

Piazza Colocci

Uno scenario che suscita senso di abbandono

Intanto l’erba cresce. Cresce sugli scavi e cresce pure lungo tutta la facciata di Palazzo della Signoria, tra i muri e la passerella, rendendo ancor più evidente il senso di abbandono. È vero, ne avremo per poco ormai,  ma non è stato e non è un bel vedere per quanti transitano da quelle parti. Turisti compresi che, stando agli ultimi dati, sono cresciuti del 9 per cento.

«Quello che sta avvenendo sui resti archeologici di piazza Colocci ha dell’incredibile», afferma il professor Attilio Coltorti, ex docente di storia dell’arte al liceo classico cittadino “Vittorio Emanuele II”, critico d’arte e studioso di arte marchigiana moderna, «“...l’erba si diffonde sui muri, le macchie di umidità diventano le tinte delle pietre abbandonate (…) Il tempo distende l’alone della sua bellezza perfetta che porta le rovine allo stato di natura, ad una ingenuità misteriosa che afferra il nostro entusiasmo di scopritori e visitatori” (W. Gilpin, 1786). Si sta ricreando uno degli scenari più cari ai primi romantici inglesi. Speriamo che a nessuno venga in mente di ripulire “quei pezzi lasciati alla delicata negligenza del caso”. Si verrebbe altrimenti a perdere un esempio unico di “rovina pittoresca”. A “loro” insaputa».
pino nardella

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