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JESI POLIZIOTTI UCCISI A TRIESTE: LINDITA ELEZI SCRIVE AL PRESIDENTE MATTARELLA

La capogruppo consiliare di “Patto per Jesi”: «Dolore per questa perdita ma tanti immigrati hanno saputo inserirsi con rispetto e correttezza nel tessuto sociale: cittadini lo si è non solo per diritto ma anche per impegno e doveri»

JESI, 9 ottobre 2019«Soffro ogni volta che leggo o sento parole ostili nei confronti degli stranieri, ma soffro altrettanto ogniqualvolta persone di altre nazionalità si macchiano di colpe gravi nel Paese che li ospita e li accoglie».
È un passo della lettera scritta al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, da Lindita Elezi (nella foto in primo piano con il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte) capogruppo della lista civica Patto per Jesi, in riferimento all’omicidio dei due agenti di polizia a Trieste, per mano di un giovane dominicano residente in Italia.

Lindita Elezi

Lindita Elezi, capogruppo consiliare della lista civica Patto per Jesi

«Ritengo l’Italia la mia Patria, pur essendo nata in Albania, Paese che ho lasciato nel ’92, poco più che ventenne, con un regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Ho subito riconosciuto e apprezzato la capacità degli italiani di accogliere gli stranieri, lo spirito di coesione, l’impegno a facilitare l’integrazione, la disponibilità ad aiutare quando ce ne sia il bisogno e, pur amando profondamente la mia terra natale, ho vissuto con grande naturalezza l’inserimento nel nuovo contesto sociale, sentendomi in breve tempo come a casa e iniziando a studiare mantenendomi con il lavoro».

«La tragedia di Trieste, mi ha indotto a scriverLe – si legge nella lettera al Presidente – dando voce al dolore per questa perdita e al rammarico di vedere vanificato l’impegno di tanti immigrati che hanno saputo inserirsi con rispetto e correttezza nel tessuto sociale delle città e dei Paesi in cui si sono insediati».

«Ne conosco tanti, perché da anni e ora nel mio ruolo di Consigliere comunale, mi impegno per facilitare l’accoglienza di stranieri come me. È da questo mio osservatorio privilegiato che mi accorgo con preoccupazione e dispiacere della facilità con cui gli errori di pochi ricadono sulla serietà, onorabilità e dignità di tanti stranieri, alimentano paure e reazioni esasperate, che in un clima d’insicurezza trovano terreno fertile».

«Vorrei che alla base di una vera politica dell’accoglienza ci sia uno spirito di reciprocità tra accolti e accoglienti: reciproco rispetto di culture e identità a fronte di un uguale rispetto delle regole e regole uguali per tutti. L’ho imparato da mio padre, Ufficiale dell’Esercito Albanese, l’ho condiviso con mio marito, funzionario superiore della Presidenza del Consiglio dei Ministri e italiano, l’ho insegnato ai miei figli, italiani e consapevoli della grande ricchezza di cui può essere portatrice una società multietnica, ma solo se lo Stato saprà gestire ed equilibrare la complessità delle esigenze che in essa si manifestano».

«Solo quando vedrò cittadini non solo per Diritto, ma anche per Impegno e Doveri che vengono fatti rispettare – conclude la Elezi – potrò sentirmi davvero orgogliosa di vivere in un grande Paese, Giusto e Libero e nonostante la perdita incolmabile, il sacrificio dei due giovani agenti di Polizia a Trieste potrà dirsi riscattato».

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