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Cronaca

JESI Post lockdown: in viaggio sino ad Aosta, mascherina e senso di libertà

In treno “armati” di dispositivi di protezione e gel igienizzante, un po’ d’ansia ma col sapore di una riconquista

JESI, 9 giugno 2020 – Finalmente libertà. Da quando il 3 giugno i confini tra le regioni sono stati riaperti, gli italiani sono partiti per assaporare il gusto di muoversi, per una piccola gita o per andare a trovare congiunti e amici lontani.

Così ho fatto anche io. Diciamo che ho puntato un po’ a nord: sono andata ad Aosta in auto e treno per rivedere un amico alpino in servizio nel capoluogo valdostano.

Tre o quattro giorni prima della partenza, dopo aver chiamato prefettura, Ministero della Sanità e ufficio regionale turismo, ho organizzato una breve gita. Ho provato a contattare anche Trenitalia, ma senza successo.

In ogni caso, alcuni treni regionali sembrano relativamente puliti e organizzati: i capotreni passano di tanto in tanto per igienizzare le maniglie delle porte interne, entrata e uscita sono differenziate (anche se i più preferiscono accalcarsi mentre cerchi di scendere con valigie e zaini), i posti a sedere da lasciare liberi sono contrassegnati da un cartello.

I controlli dei titoli di viaggio, in realtà, non sono avvenuti a distanza.

Anche le stazioni ricordano costantemente, con adesivi a terra e avvisi vocali, di mantenere comportamenti responsabili.

Il flusso, almeno mercoledì scorso, era molto ridotto rispetto al solito, permettendo un buon distanziamento sociale.

Mascherine e guanti obbligatori a bordo, gel igienizzante sempre a portata di mano e un po’ di ansia di toccare superfici contaminate, e si parte in direzione Bologna.

Tutte le nuove piccole accortezze da tenere frenano un po’ quel senso di libertà che molti avvertono seduti in treno, pronti a qualche ora di viaggio con le cuffie nelle orecchie o un libro in mano.

La malinconia del paesaggio che scorre oltre i vetri del finestrino ha lasciato posto, per ora, alla solitudine di un treno in piena Fase 2, ma anche a una maggior attenzione nei confronti di qualsiasi cosa si tocchi e alle distanze da tenere dagli altri passeggeri.

Almeno ora, seminando zaini e cappotti nei sedili intorno al mio, non sono più percepita come asociale.

Dei controlli, in realtà, neanche l’ombra, né nella tratta ferroviaria Jesi-Falconara Marittima-Bologna, né in autostrada dal capoluogo emiliano ad Aosta, dove il viaggio è scorso con tranquillità.

I miei amici mi hanno velocemente caricata in auto senza troppi convenevoli, la stazione di Bologna Centrale era deserta rispetto alla solita intensità di traffico, e da lì ci siamo diretti a destinazione, dove siamo arrivati intorno alle 22.

La proprietaria dell’appartamento valdostano che abbiamo affittato ci ha detto che in giro, nel pomeriggio, c’era ancora più gente di quanta ce ne sia normalmente in alta stagione, pur essendo un mercoledì.

È il senso di libertà che queste nuove riaperture hanno dato ai turisti e ai cittadini che anche in una piccola città come Aosta, ma anche come Jesi, sentono finalmente di poterla riassaporare: aria aperta, il mese di giugno e il rinnovarsi del turismo anche interregionale.

Nonostante le belle giornate, i parchi e i sentieri valdostani si sono rivelati poco affollati.

Tollerabile anche la quantità di persone nei ristoranti. Per la prima volta a cena fuori dopo più di tre mesi, ho notato ampie sale con pochissimi coperti, divisione famiglie-amici con tavoli grandi e sedie distanziate per i secondi, file esterne ordinate e gel in quantità industriali.

Il ritorno è stato lungo e sfiancante.

Partenza alle 7 da Aosta, cambi a Ivrea, Torino, Arquata Scrivia e Piacenza in direzione Falconara Marittima. Un po’ più gente rispetto alla scorsa settimana, ma niente in confronto al normale, anche a Bologna, che ho intravisto dal finestrino.

Nelle stazioni un po’ più grandi come Torino Porta Nuova e Piacenza erano presenti Protezione Civile e Polizia a controllare che tutto fosse a prova di contagio, mentre nei treni regnava un relativo ordine, anche se la discesa dal treno resta una fase delicata.

Ritengo prudente evitare di uscire per un paio di settimane, l’attenzione non è mai troppa in questi casi.

Ho incrociato in questi pochi giorni tante persone che ora hanno il desiderio di rivivere le proprie realtà e il proprio Paese che è abitudinario dare per scontato, e che è bello riscoprire un pezzetto alla volta.

Sempre armati di mascherina, ma comunque un po’ più liberi.

Elisa Ortolani

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