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JESI “Radioteatro”, l’invenzione di Luca Violini

Ieri alla Pasticceria Bardi “Fa lento”, la storia di Giacomo Puccini con Rosa Sorice e Davide Caprari

JESI, 15 gennaio 2020 – Qualche anno fa, a Luca Violini, attore, doppiatore, insegnante di teatro (dalla recitazione, alla dizione, alla postura e tutte le sfaccettature sceniche) venne in mente che quel “mobile” che una volta arricchiva le case degli italiani, poggiato su di un altro mobile preferibilmente in “tinello” (che oggi non saprei come si chiama), attorno al quale si sedevano le famiglie ad ascoltar notizie, canzoni, Festival di Sanremo, Rosso e Nero (scusate, sono andato troppo indietro), sarebbe stato il suo pallino fisso.

Si chiamava radio. Oggi le dimensioni sono ridotte, ne trovi una in ogni stanza ma, quel che più conta, spenta la tv, genera sensazioni.

Allora Violini pensa che quello sarà uno dei suoi modi di esprimersi. Si inventa il “Radioteatro”. Un attore, un leggio, una pedana oppure anche no, la voce che diventa strumento di comunicazione col pubblico a due metri, riceve le emozioni che l’attore gli dà, le vive come se “vedesse” uno spettacolo radiofonico.

Luce, buio, musica, voce, con un ritmo serrato, che dia valore all’evento raccontato, musicato, cantato. Questo ha fatto Luca Violini ieri sera a Jesi, presso la Pasticceria Bardi in Corso Matteotti, un teatro naturale con tanta gente che a due metri quasi toccava Luca e i suoi compagni di viaggio, partecipando alla vicenda umana raccontata in un silenzio religioso.

Si intitola “Fa lento – Giacomo Puccini, il destino di un genio con pianoforte e soprano” questo ultimo lavoro che tutti abbiamo condiviso, un viaggio attraverso la vita di Giacomo Puccini, così soprannominato dallo zio perché il nipote, secondo lui, era senza talento.

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E “falento” sta per “fannullone senza talento”. Invece il nostro Puccini ne aveva. Anche se non avrebbe mai voluto fare musica, nel solco di una tradizione familiare, la musica fu la prima “donna” a sedurlo.

Poi, raccontata da Violini, dal soprano Rosa Sorice e dal pianista Davide Caprari, l’irresistibile ascesa di Giacomo prende forma.

Da “gatto” diventa, nel tempo tigre. Azzanna le sue prede, preferibilmente cantanti, le lascia e ne ha, fuori, una fila ad aspettarlo, come un divo del rock. La sua carriera mette i paletti alla storia della lirica, i suoi personaggi più grandi sono, in realtà, quasi tutti riflessi nello specchio della sua mente e poi sul pentagramma, di alcune donne della sua esistenza.

Donne, macchine, in un secolo che cominciava, anche col futurismo, a correre e tagliare traguardi ma lui, quando si fermava, si faceva la sua cacciata con gli amici fedeli a Torre del Lago, qualche bicchiere di vino e partite a carte, qualche donnina in adorazione, e a casa sua moglie Elvira, donna distaccata, tagliente, una copia voluta di Turandot, che non lo considerò mai né, forse intenzionalmente, ne comprese il talento.

Poi Mimì, Butterfly, Tosca, Liù, personaggi in cui il testo, che ha la consulenza letteraria di Paolo Logli, ha cercato di identificare il vero amore della sua vita. Questi profili vengono ricordati nelle arie delle sue opere più importanti da una straordinaria Rosa Sorice, ottimamente accompagnata dal pianista Davide Caprari.

Non abbiamo assistito solo ad un dramma né ad un radiodramma, ma allo svolgimento operistico, dal piano al fortissimo, di una partitura. Il “palcoscenico” diventava, volta a volta, musica che attraversava, come una lama, il racconto, a volte lento e ironico, altre volte urlato come se si aspettasse, da un momento all’altro, la fine di una terribile tragedia.

Il lavoro ha funzionato alla perfezione, un’ora e mezza di coinvolgente teatro in cui tutti i pezzi si sono allineati al loro posto, accolto da un pubblico straripante che ha trovato, come ha detto Luca Violini più volte, in questo Bar Bardi, la dimensione ideale per recitar teatro e vita.

Poi Violini mi dice: «Il 14 gennaio del 1900 debuttò Tosca a Roma, il 14 gennaio 2020 noi abbiamo recitato Puccini a Jesi: una coincidenza???».

Giovanni Filosa

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