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Jesi Teatro Pergolesi, vola altissima “La Rondine” di Puccini

Chiusura della 56esima Stagione Lirica di Tradizione con musica e interpretazione travolgenti e stravolgenti, domani la replica (ore 16)

Jesi – Per rinfrescarmi le idee che appartengono al secolo scorso ma anche a questo, sono andato a cercare “operetta” laddove c’è tutto sulla musica.

Bene. “L’operetta è stata per lungo tempo considerata uno spettacolo di prosa minore, nobilitata dall’apporto musicale, sotto l’influsso del teatro maggiore, ma sempre relegata ad un pubblico provinciale e in teatri di periferia”. Poi, a seguire, ho cercato l’accezione stabilita per “opera”. Aribene. “Per Opera si intende un dramma musicale normalmente non a lieto fine”.

Non è del tutto vero, chiedere a Rossini & c. per informazioni. Resto della mia idea. Cioè. Nell’opera viene data una importanza predominante al canto. Spesso con drammoni finali.

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Nell’operetta c’è una felice commistione nell’operato dei cantanti – attori. E qui sovente, fra balli, canti e suoni, generalmente vivono tutti felici e contenti. Non è sfoggio culturale, scusate, è tutto scritto da qualche parte anche se i distinguo sono obbligatori.

Il problema, si fa per dire, mi è sorto quando ho ascoltato “La Rondine”, definita commedia lirica in tre atti, scritta da Giacomo Puccini e felicemente rappresentata, in chiusura di stagione, al Teatro Pergolesi, nell’ambito della 56esima Stagione Lirica di Tradizione.

Di questo impegnativo e arduo lavoro di composizione si è parlato anche a lungo, si sono analizzati i periodi storici in cui fu scritta, ma soprattutto se “La Rondine” dovesse essere definita un ponte (di questi tempi va di moda) fra la tradizione e il moderno, passando per Lehar, Pietri, Ranzato, Strauss, Costa e altri illustri colleghi per arrivare al nuovo che avanza senza però abiurare il passato.

Tutte queste idee, che circolavano in platea fra colleghi e melomani, sono state fugate da una musica e da una interpretazione travolgenti e stravolgenti. La maestria di Puccini emerge nei suoi “ritorni al passato” in alcuni momenti della partitura, quasi volesse esplodere la nostalgia ma senza sfiorare gli eccessi del melodramma (palesi riferimenti a Traviata e Bohème), per proporre valzer (il secondo atto ci è testimone), mazurche e, perché no?, certe danze moderne di cui l’opera è intessuta, dal fox-trot fino al tango e giù giù.

E’ Opera e di che tinta! La trama non la raccontiamo, tanto è intricata fra amore che vieni e amore che vai. Racconto solo che il finale lascia sorpresi, tra frivolezza e amarezza di fronte al realizzarsi di alcune illusioni.

Gli applausi. Eccoli lì, sono il termometro del gradimento. Mai sentito negli ultimi tempi un Pergolesi – inteso come palcoscenico – conquistare la platea con voci, insieme, cori e musica che arrivavano all’ultima fila o all’ultimo palco così gradevoli, coinvolgenti e soprattutto belli.

Un coro straordinario, l’Arché, ha supportato un ensemble di eccellenti cantanti, dotati di vocalità e colori degni di opere di grande difficoltà interpretativa. Così come l’orchestra, che ha accompagnato la gioia di vivere e l’amarezza della vita con decisione, partecipando a quel che in scena stava accadendo.

Non amo molto le folle in palcoscenico se non in determinate opere, in cui sono indispensabili. Mi ricredo, ne “La Rondine” tutti erano giusti al posto giusto. Sui “nuovi corsi che contestualizzano l’opera nei tempi moderni” c’è una libertà di pensiero che, chiaramente, cade nel ridicolo quando l’operazione scenica e registica è fine a se stessa e non c’entra nulla con il libretto e la musica.

Qui, nel disincanto roseo di certi romantici tramonti o nelle luci che accompagnano balli e scherzi, la bellezza delle scene di Benito Leonori offre, proponendo un teatro dentro al teatro che è la vita, un colpo d’occhio incantevole e denso di metafore sull’esistenza.

Gli interpreti di un successo così travolgente sono il direttore Valerio Galli, il regista Paul-Émile Fourny, Giovanna Fiorentini e i suoi costumi, le luci di Patrick Méeüs, l’aiuto regista Luca Ramacciotti, la Form, Orchestra Filarmonica Marchigiana, il Coro Archè diretto da Marco Bargagna e infine il cast.

Grandi individualità ma ottimo ensemble, che è composto dal soprano Claudia Pavone nel ruolo di Magda, dal tenore Matteo Falcier come Ruggero, dal tenore Vassily Solodkyy come Prunier, il baritono Francesco Verna è Rambaldo, il soprano Maria Laura Iacobellis è Lisette.

Negli altri ruoli, Giorgio Marcello Périchaud, Mentore Siesto Gobin, Tommaso Corvaja Crébillon, Benedetta Corti Yvette, Sevilay Bayoz Bianca e Michela Mazzanti Suzy.

Domani, domenica 17 dicembre “La Rondine”, coprodotta tra la Fondazione Pergolesi Spontini, il Teatro Verdi di Pisa e l’Opera Theatre di Metz, andrà in scena alle ore 16 per la replica, sempre al Teatro Pergolesi.       

(foto Binci)

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