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L’ARTICOLO Nei momenti di difficoltà, lavoriamo a fondo sulle nostre radici

Una loro diramazione che nutre e sostiene la nostra società è la resilienza: la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita

CASTELPLANIO, 10 maggio 2020 – Ho ricevuto molte telefonate di persone adulte, desiderose di guardare in avanti, di essere aiutate a scorgere barlumi di luce oltre il tunnel della pandemia.

La quarantena forzata ha generato nel cuore di molti la paura della reclusione e la perdita di speranza, ad altri ha dato l’opportunità di dimorare con la propria interiorità, riscoprire la bellezza degli affetti più cari e spendere del tempo per la lettura e hobbies personali.

Alcune domande, avvolte quasi tutte da un velo di angoscia, mi sono state fatte: «Ne usciremo?»; «Che cosa accadrà in futuro?»; «Dove stiamo andando?»; «Chi ci aiuterà a riprendere in mano la conduzione della vita: il lavoro, le relazioni, la possibilità di vedere frutti di novità e di rinnovata serenità?”.

Veniamo da una corsa, quella che precedeva la pandemia, che ci aveva permesso di fare un sacco di cose per l’unica ragione: vivere felici. Ci siamo trovati, quasi improvvisamente, di fronte a un cambiamento di regole e stile di vita che ci ha costretti a mettere in relazione la ricerca della felicità, che sempre accompagna il cuore di ogni persona, con il successo: tutto e subito!

Monia, una donna sessantenne, ancora nella fase lavorativa (con un negozio di parrucchiera), si sente profondamente angosciata, perché sa che il suo obiettivo di ripresa è lontano, forse addirittura impossibile. Ascolto e cerco di comprendere il suo sentire. Siamo stati abituati tutti a ottenere risultati in tempi brevi e quando questo non avviene ci sentiamo come in un baratro di delusione.

Dopo la telefonata, ho voluto rispondere a Monia con una mail: «Mia cara, quando ti sembra che la vita sia solo in salita, o quando stai pensando di rinunciare a tutto, perché credi che non abbia alcun senso continuare, ricorda la favola della felce e del bambù, che dedico proprio a te! Leggila e forse troverai una risposta alla tua attesa, velata di scoraggiamento».

La favola della felce e del bambù

C’era una volta un falegname che sembrava aver ottenuto tutto ciò che voleva dalla vita. Aveva una propria falegnameria, una moglie che amava e due figli meravigliosi. Tuttavia, un giorno cominciò a ricevere meno ordini di lavoro e, per questo, cominciò ad avere dei problemi economici in casa. L’uomo voleva prendersi cura del proprio lavoro e per farlo cercò diversi modi per portare avanti la propria falegnameria, ma nessuno di questi dava dei buoni risultati.

I problemi economici cominciarono a generare problemi con sua moglie, e i bambini, nel vedere i propri genitori tristi e arrabbiati, iniziarono ad avere delle difficoltà a scuola. Il falegname si sentiva scoraggiato: nulla di ciò che faceva sembrava avere un senso, anzi, le cose andavano sempre peggio. Un giorno, quando era proprio sul punto di gettare la spugna, decise di andare nel bosco a far visita ad un vecchio saggio.

Stava camminando nel bosco da più di un’ora, quando, ad un certo punto, incontrò l’anziano. L’uomo possedeva una casa umile e quando vide il falegname lo invitò ad entrare per prendersi un . Notò subito la preoccupazione negli occhi del proprio ospite e gli chiese cosa stesse accadendo. Così, il falegname raccontò le proprie disavventure, mentre l’anziano lo ascoltava serenamente e con attenzione. Quando finirono di prendere il tè, l’anziano invitò il falegname a seguirlo nello splendido appezzamento di terreno che si trovava sul retro della casa. Lì c’erano una pianta di felce ed una di bambù circondate da dozzine di altri alberi. L’anziano chiese all’uomo di osservare entrambe le piante e gli disse che doveva raccontagli una storia.

«Otto anni fa comprai alcuni semi e, lo stesso giorno, piantai sia la felce che il bambù. Volevo che tutte e due crescessero nel mio giardino, perché le ritengo molto confortanti. Mi sono impegnato molto per prendermene cura ed ho sempre trattato entrambe come se fossero un tesoro. Poco tempo dopo vidi che la felce e il bambù rispondevano in modo diverso alle mie cure. La felce iniziò a fiorire e in pochi mesi diventò una pianta maestosa che riempiva tutto il giardino con la propria presenza. Il bambù, al contrario, non dava il minimo cenno di voler spuntare da terra e non dava alcun segno di vita. Trascorse un anno e la felce continuava a crescere, però il bambù no. Tuttavia, non mi diedi per vinto. Continuai a prendermene cura. Ma, anche così, passò un altro anno e il mio lavoro non aveva dato alcun frutto. Il bambù non voleva farsi vedere. Non mi diedi per vinto nemmeno il secondo anno, né il terzo, né il quarto. Quando passarono cinque anni, finalmente, un giorno vidi spuntare dal terreno un timido rametto e il giorno dopo era molto più grande. In pochi mesi è cresciuto senza sosta ed è diventato una portentosa pianta di bambù alta più di 10 metri. Sai perché ci ha messo così tanto per uscire alla luce?»

Il falegname, dopo aver ascoltato la storia, non sapeva perché il bambù ci avesse messo così tanto per nascere. Allora, l’anziano gli disse: «Ha tardato cinque anni perché durante tutto questo tempo la pianta ha lavorato per mettere radici. Sapeva che avrebbe dovuto crescere molto e, per questo, sapeva di non poter uscire fino a quando non avrebbe avuto una base solida che le avrebbe permesso di crescere sufficientemente. Capisci?»

Il falegname, solo allora capì che tutte le sue lotte erano destinate a mettere radici. E il fatto che in quel momento non vedesse i frutti del suo lavoro non significava che stesse perdendo tempo, ma che stava diventando più forte. Prima di salutarlo, l’anziano disse al falegname ancora una cosa: «Questa storia deve ricordarti che non importa quanto possa tardare qualcosa nel dare i propri frutti. La cosa più importante, in un momento difficile, è quella di non cercare di vedere i risultati a tutti i costi. Al contrario, è fondamentale lavorare sodo sulle radici. Perché solo grazie a esse potrai crescere e trasformarti nella miglior versione di te stesso».

La risalita
La continuità ci dà le radici;
il cambiamento ci regala i rami,
lasciando a noi la volontà di estenderli
e di farli crescere fino a raggiungere
nuove altezze.
(Pauline R. Kezer)

Noi fragili… e resilienti

«Il futuro poggia sulle spalle di chi coltiva la speranza – afferma Mauro Magatti -. Malattie e incidenti toccano tutti. Ma… eravamo abituati a declinare la nostra vulnerabilità nel privato, come se riguardasse gli altri e non noi o, viceversa, noi e non gli altri. Invece, oggi, stiamo imparando che esiste una dimensione comune della vulnerabilità e della fragilità. Sul piano collettivo questa esperienza è piombata come un fulmine e questo fulmine stravolge la nostra società».

La fragilità è desiderio di ascolto, di gentilezza, di servizio a sé e agli altri, e ci consente di sfuggire al fascino stregato delle ideologie, al deserto della indifferenza e dell’egoismo, della aggressività e della violenza. Dalla condizione di rischio e vulnerabilità in cui ci troviamo può nascere una società più forte, libera e capace di cooperare, se avrà la perseveranza di lavorare sodo sulle sue radici. Perché le radici assicurano il rifornimento delle sostanze necessarie allo sviluppo e alla crescita della pianta.

Nella maggior parte dei casi compiono un lavoro molto duro: producendo sostanze lubrificanti e perforando, come un trapano, anche terreni molto compatti si fanno strada tra le particelle di terreno, fino a raggiungere notevoli profondità.

Una diramazione delle radici che nutrono e sostengono la nostra società è la resilienza: la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita. Gli individui resilienti sono coloro che, di fronte a difficoltà ed eventi traumatici, non si arrendono, ma al contrario, trovano la forza di andare avanti e sono addirittura capaci di trasformare l’evento negativo subito in una fonte di apprendimento che consente loro di acquisire competenze utili per migliorare la propria esistenza. È una capacità che tutti dovrebbero sfruttare nella vita!

«Noi esseri umani- afferma A. Lowen, noto psicoterapeuta e psichiatra statunitense – siamo come gli alberi: radicati al suolo con una estremità, protesi verso il cielo con l’altra, e tanto più possiamo protenderci quanto più forti sono le nostre radici terrene».

Diamo nuova forma al futuro che ci attende. Rimettiamo al centro di ogni progresso e attenzione la persona umana, rendiamo solide le sue radici, perché possa protendere sempre più verso il cielo!

Anna Maria Vissani, grafologa e counselor

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