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L’ARTICOLO Tornerà tutto come prima? No grazie!

E se usciremo da questa tempesta quelli di sempre, proprio questo sarà il disastro

JESI, 10 aprile 2020 – «Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso….. Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato. Sì, questo è il significato di quella tempesta di sabbia». (Haruki Murakami, Kafka sulla spiaggia)

E anche quest’anno è Pasqua. Che si sia credenti o meno sarà una Pasqua sicuramente diversa. E sarà occasione per considerarla nel suo significato profondo e vederla realmente come esodo, passaggio, rinascita, resurrezione, anche nei suoi simboli più consumistici, e penso all’uovo come alla colomba, riappropriandoci di una logica simbolica e della semantica delle parole che forse abbiamo perduto.

«Tornerà tutto come prima, tornerà tutto alla normalità». Sono frasi che sentiamo intorno a noi e dette anche a noi stessi per iniettare un briciolo di speranza, di consolazione e di conforto in questo tempo di paura, di dubbio, di pericolo, di limitazione di libertà e movimento.

«Tornerà tutto come prima, tornerà tutto alla normalità!» Ma anche no! Speriamo proprio non sia così. Significherebbe che tutto ciò che avvenuto e sta avvenendo non ci ha toccato, o meglio, non ci ha trasformato, non ha sfiorato e modificato la forma dei nostri pensieri, delle nostre riflessioni, delle nostre visioni sul mondo, sulla storia e su noi stessi.

E se usciremo da questa tempesta quelli di sempre, proprio questo sarà il disastro. In alpinismo la “via normale” è il percorso più facile per raggiungere la vetta di una montagna. Allora possiamo chiederci qual era la normalità, la via più facile che abbiamo percorso fino a due mesi fa, quel percorso per niente accidentato che ha portato la nostra società e noi stessi a raggiungere così facilmente le vette dell’egoismo, del profitto, dell’arricchimento di beni e risorse, del dominio sulla terra, e sempre a scapito di qualcun altro.

E allora no, speriamo che niente torni come prima, che nulla sia più normale, che la via più facile non sia l’unico sentiero praticato.

Speriamo che cambino le logiche con cui abbiamo mandato avanti questo mondo. Speriamo che le migliaia di morti su scala planetaria, nel tempo della globalizzazione, ci abbiano insegnato verità con le quali non potremo più non fare i conti.

Speriamo che non sia più normale avere rapporti frammentati, superficiali ed egoistici con le persone, che non sia più normale un’economia del profitto e dello scarto di cose e persone disprezzando tutto ciò che non è funzionale alla logica utilitaristica del mercato, che non sia più normale un tempo e un lavoro frenetico e a ritmi spaventosi per produrre cose per lo più inutili inducendo altri agli stessi ritmi per poterle comprare, che non sia più un tabù rimosso la morte e predominante il mito dell’apparire e dell’autosufficienza.

Che non sia più normale l’ossessione di considerarci come individui superiori e separati dagli altri, che non abbia più la meglio una mentalità gretta che dichiara cosa morta e sfruttabile la natura.

Che non sia più normale alzare muri di difesa, considerare un peso la fragilità, la vecchiaia e la malattia e farne oggetto di bilancio la cura, sminuire il lavoro e la dignità, sottrarre risorse alla scuola, alla formazione, alla cultura, che non sia più normale un’educazione come acquisizione di nozioni e competenze ma sia invece sapienza del vivere, dell’immaginare e del creare.

Che non sia più normale una politica come luogo di potere ma come potere di servizio per tutti i cittadini.

Usciti dalla tempesta potremmo allora intraprendere un sentiero diverso, magari meno facile, assecondando però quel vento di trasformazione e di vita che ci ha sospinto, così anche augurarci una Buona Pasqua non sarà una cortesia o una formalità proprio per la consapevolezza del significato della parola “augurio” che gli antichi latini intendevano come aumento e accrescimento, desiderio di bene o di felicità per altri sul piano della solidarietà, della fiducia e speranza comuni. Allora sarà per tutti e per ciascuno davvero Buona Pasqua.

Che sia esodo, uscita,
erranza e danza
di Vita,
nuovo che alla luce
germoglia
e vecchio che morendo
fruttifica.

Cristiana Filipponi

(foto Francesco Pirani)

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