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LIBRI Dante e l’enigma di Fonte Avellana

Dante ha davvero soggiornato nell’eremo? E’ più importante che ci sia stato o che ne abbia parlato? L’opera di Vincenzo Oliveri

Dante ha davvero soggiornato nell’eremo camaldolese di Fonte Avellana, nelle Marche, come vuole una tradizione ultrasecolare? E, se sì, in che anno del suo esilio e per quanto tempo? E quali parti della Divina Commedia sono state scritte in questo luogo consacrato alla spiritualità e al silenzio? Ma la domanda vera è: E’ più importante che ci sia stato o che ne abbia parlato?, considerando il valore universale della Divina Commedia.

Nell’anno che segna i sette secoli dalla morte di colui che è riconosciuto come il padre della lingua italiana, il saggio Tra’ due liti d’Italia di Vincenzo Oliveri ripropone una questione che è stata certamente tra le più dibattute intorno alla Divina Commedia, alla luce dei versi 106-111 del XXI Canto del Paradiso, nei quali viene citato il Monte Catria dove da oltre mille anni sorge l’eremo camaldolese di Fonte Avellana.

Numerosi sono stati coloro che, nel corso del tempo, si sono concentrati su quei versi per scoprire se davvero Dante sia stato ospite della comunità avellanita oppure se la citazione, nonostante i dettagli nella descrizione dei luoghi, sia frutto delle sue profonde conoscenze, in particolare quelle della figura di san Pier Damiani che dell’eremo fu priore e che nel suo viaggio immaginario il poeta incontra nel settimo cielo del Paradiso, dove colloca gli spiriti contemplativi.

Un enigma non facile da sciogliere, considerando tra l’altro che il patrimonio archivistico del monastero ha subìto diversi trasferimenti forzosi, che non hanno certo contribuito a preservarne l’integrità e perciò la possibilità di trovare una traccia, se pur labile, utile ad accertare in maniera incontrovertibile se Dante Alighieri abbia soggiornato o no a Fonte Avellana. 

Il saggio si occupa anche della riproduzione del testo della Divina Commedia, all’indomani della invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Johannes Gutenberg.

Tra i primissimi tipografi italiani c’è Federico de’ Conti, che impiantò una officina tipografica a Jesi, verosimilmente la prima nelle Marche e dalla quale nel 1472 uscì l’edizione a stampa del poema dantesco.

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