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Cronaca

MEMORIA Il «mio incontro» con Sami Modiano, superstite dell’Olocausto

Maria Teresa Chechile, ambasciatrice della Memoria Viva, lo ha conosciuto lo scorso settembre a Roma

JESI, 27 gennaio 2022 – «L’istituzione del Giorno della Memoria non è solo un atto simbolico ma segna quella tappa decisiva per non dimenticare e che, anzi, si rende necessariamente doveroso ricordare».

Con queste parole l’infermiera poetessa Maria Teresa Chechile racconta il suo incontro con Samuel Modiano.

«Tenere a mente ciò che tra gli anni 1939- 1945 è stato orrendamente perpetrato nei confronti degli ebrei è diventato il 27 gennaio, giorno che segna non solo la liberazione di Auschwitz ma anche l’entrata dei soldati dell’Armata Rossa nel campo nazista ove trovarono circa 7 mila prigionieri ed ebbero la conferma dell’uccisione di massa di centinaia di migliaia di persone e che rimane segno e simbolo in quell’ incessante lavoro nella difesa dei valori di libertà e di uguaglianza», spiega.

Ricordare per non dimenticare e non ripetere gli stessi errori.

«Affinché non affiorino e non se ne abbia mai, nemmeno l’ombra, dell’acuirsi di certi sentimenti antisemiti o della alcunché minima nostalgia in tal senso. Come ambasciatrice della Memoria Viva ho avuto l’onore, nel settembre dello scorso anno, di poter conoscere personalmente la grande persona di Samuel Modiano, chiamato anche Sami, superstite dell’Olocausto, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau e attivo testimone della Shoah. Deportato e superstite nel campo di sterminio di Birchenau».

Un incontro emozionante, dall’alto valore morale e spirituale e la riaffermazione e convinzione che la ricerca del bene comune deve essere alla base di ogni società civile. Avvalorandone ancor di più la tesi che tutti siamo chiamati e abbiamo il dovere di difendere quel concetto universale e indissolubile di appartenenza. Ciò che fu messo in atto nei confronti degli ebrei è irragionevolmente inumano.

«Come può l’uomo chiamarsi tale dinanzi a tanto orrore? Eppure dall’incontro con Sami e nell’ascoltare la sua diretta testimonianza, dalle sue parole incisive e, sia pur cariche di tanto dolore e strazio, ne ho colto una speranza, trapelando una possibilità di salvezza». A Modiano la Chechile ha donato la poesia “Canto delle Sirene” sull’Olocausto.

«Da quell’incontro ne sono uscita non solo totalmente impressionata ma i suoi lucidi e vivi racconti hanno sortito in me una ferma e maggiore convinzione, quella di non smettere mai di combattere contro certi estremismi. A perseguire una sempre e più decisiva azione nella lotta contro l’antisemitismo. La riaffermazione e il principio indissolubile della pacifica convivenza tra popoli, etnie, credi, passa sempre attraverso la cultura  dell’inclusione».

«Educare al rispetto denunciando ogni forma di sopruso, di aberrazione, di persecuzione o di razzismo deve essere alla base di ogni vivere civile, non solo partendo da ogni singolo cittadino, ma anche con un incessante impegno della politica stessa. Prevenirne le cause, affinché non possano ingenerarsi sentimenti di odio o il fomentarne le azioni, si rende non solo necessario ma doveroso, al fine del non ripetersi della storia».

Se da un lato, la pandemia ha mostrato le fragilità umane, «dall’altra ha alimentato anche certe insofferenze (probabilmente mai sopite) e che, nel disagio collettivo, stanno facendo riemergere, con non poca preoccupazione, anche certi estremismi che davamo per vinti e sconfitti. L’idea aberrante di focolai di antisemitismo ci deve mantenere guardinghi e rimanere in allarme».

«Gli attacchi gratuiti a gruppi o persone ci devono porre in uno stato di sorveglianza permanente. Mantenere alta l’attenzione e spegnere sul nascere anche solo l’idea che la storia si potrebbe ripetere, ci  deve porre tutti sulla stessa linea continua indissolubile e universale di  pacifica convivenza. Dai racconti di Sami le mia bocca muta mentre a parlare per me la mia pelle d’oca».

“Non ne sono mai uscito da quei campi di concentramento” ha ripetuto più volte Modiano, parole che «sono risuonate in me come il più grande dei moniti»

“Nessuno potrà mai capire o comprenderne fino in fondo la brutalità. Come e fino a che punto, oltremodo, l’uomo sia stato capace di spingersi nell’annientare se stesso. Se non hai vissuto sulla propria pelle tutto questo nessuno può crederti”.

«Queste sue ultime parole nel congedarmi da lui, nella sua casa di Roma, hanno sortito in me un profondo senso di smarrimento ma anche una maggiore convinzione: restituire veridicità storica ai fatti è già un fatto ineluttabile. Queste testimonianze dirette non si troveranno tanto facilmente sui libri di storia ma ciò che potremo fare è mantenerne la memoria. Molti di questi testimoni ci hanno già lasciato ma non i loro scritti e i loro libri, come ad  esempio Italo Tibaldi, Primo Levi».

«Altri sono sopravvissuti e ancora tra noi, ma per ognuno la loro drammatica esperienza deve essere esempio indelebile perché non accada mai più. Quel “mai più” che non resti solo una bella frase ma che si traduca nella ricerca continua e costante, in quel bisogno comune e più accorato che mai, di amore».

(e.d.)

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