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Contrariamente

PD A volte ritornano, non basta la sconfitta elettorale

Il dimissionario Giovanni Gostoli principale responsabile politico della batosta guiderà il cambiamento in casa dem: uno scenario surreale

Dopo due anni alla segreteria regionale e tre mesi di silenzio assoluto a seguito della sconfitta elettorale nelle Marche, il segretario Giovanni Gostoli fa capolino all’assemblea del Partito democratico: 16, diconsi sedici, pagine fitte fitte di intervento che, al di là di blande autocritiche, brilla per un’iperbole, tanto ha dell’incredibile: si indica l’assemblea (ri)costituente per ridare forma a quel mathmos che il Pd delle Marche è diventato (alla buon’ora!) e sarà lo stesso Gostoli (ora dimissionario) a guidare la ricostituzione.

Giovanni Gostoli

Non c’è bisogno di esser politologi di razza, non serve aver frequentato le Frattocchie o essere a parte di segreti della politica nostrana o internazionale per dire che si prospetta qualcosa di surreale, quasi metafisico, che Breton e De Chirico al culmine del loro sodalizio, neanche loro, avrebbero saputo rappresentare!

Uno dei responsabili (politicamente “IL Responsabile”) della sonora sconfitta del Pd nelle Marche si dimette (giustamente, un atto dovuto) e il dimesso stesso governerà il processo di risanamento dei danni da lui e dai suoi sodali causati.

Vien da dire che chi meglio di lui può sapere cosa ha distrutto?

Mi pare logico: chiamo un ingegnere per progettarmi casa, dopo 2 anni la casa vien giù da sola… ovvio che richiamo lo stesso ingegnere a portar via le macerie e a riprogettarmi di nuovo la casa. Poi magari sono così scaltro da abitarci!

Quasi rimpiango i tempi in cui ci si pigliava a lambrate nelle riunioni dei partiti, che toccava andarci addestrati al corpo a corpo o – se poco prestanti – allenati in scatti che avrebbero fatto impallidire il ricordo di Mennea. Almeno, allora, stavi attento a quel che dicevi e a quel che facevi, ponderavi; e dopo il ponderare, c’era caso che le buone idee venissero anche fuori.

In circa 20 anni di mie frequentazioni nella politica di tutto l’emiciclo, ho sentito sempre e con crescente insistenza la necessità di “ritornare tra la gente”.

Ora, se è vero come è vero che la sconfitta delle regionali è frutto anche – e molto – dello scollamento tra classe dirigente e base (del popolo vero e proprio non ne parliamo neanche), come si può supporre che la ricostituzione del Pd marchigiano possa essere foriera di circoli virtuosi, se viene guidata dagli stessi soggetti, occulti o palesi che siano, che non solo hanno perso, ma anche seminato nei decenni precedenti le spore che hanno generato i prodromi della sconfitta?

Il Pd marchigiano è storicamente ostaggio di una lotta interna per il predominio tra Ancona e Pesaro: quest’ultima solitamente fa alleanze con le cosiddette “Marche Sud”, che portano quindi acqua (e voti) al mulino dei pesaresi. C’è stata alternanza, a volte, ma lo schema è sempre stato questo e al di là di chi ne uscisse vittorioso, il partito ne è uscito ogni volta sempre più indebolito.

Alla fine si perde, è matematico: non oggi, non domani, magari neanche fra tre giorni o tre anni, ma prima o poi la corda si logora.

La corda si è spezzata e, naufraghi nel mare dell’amara sconfitta, si attende che il nostro Schettino lanci il salvagente. Ma una più ovvia scelta di azzeramento, no?

Via dai tavoli decisionali chiunque abbia contribuito alla sconfitta! Oh, la Lega lo capì a suo tempo: di Bossi avete più sentito parlare?

(m.m.m.)

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