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JESI “PICCOLO” DI SAN GIUSEPPE, ERNESTO TORTA&C CONQUISTANO IL TEATRO

Poesie, canzoni e una pièce sopraffina, surrreale e canzonatoria: inseguendo le ricette di mare

JESI, 12 dicembre 2019 – Il “Piccolo” di San Giuseppe sta assumendo, settimana dopo settimana, mese dopo mese (poi andate avanti come vi pare) una connotazione camaleontica. Dalla prosa ai concerti, dai film ai dibattiti, puoi trovarci di tutto. Manca solo il circo equestre, come dice il buon amico Corrado Olmi, e poi questo teatro diventerà un punto di riferimento per quanti magari non possono accedere al Pergolesi o non vogliono perché gli basta l’affluenza che questa struttura, moderna e garibaldina, propone e offre.

Allora ti capita di dirti: dove andiamo stasera? Perché tutte le settimane c’è qualcosa di nuovo e diverso. L’altra sera, per esempio, orfano dei film di Tarkovskiy o Eizenstejn che nessuna rete televisiva (ingrati!) trasmetteva per un il mio più puro e decadente divertimento, sono andato al Piccolo ad assistere ad una rappresentazione che a momenti ha assunto i contorni della commedia dell’arte, in cui il “Bar itinerante night” ha introdotto una kermesse con uso di copione intitolato “Fatti mangiare dal festival”, appositamente preparato dallo scrittore Luigi Romolo Carrino e dalla poliedrica Rosamaria Caputi, insieme ad altri di cui parleremo.

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Fatti mangiare dal Festival

Eccoli sul palco, signori e signore, Stefano Brecciaroli a condurre, Leandro Paoletti che promette vacanze esotiche ogni due frasi, Ernesto Torta, deus ex machina elettrizzato e col viso che sembra un emoticon tanto sprizza gioia e tensione, coi suoi scritti e i suoi versi, gli scrittori Oscar Sartarelli e Sergio Cardinali (quest’ultimo ha letto una poesia sul pesce, che ancora non ho capito se era la descrizione di una frittura mista o di un brodetto), divertente e subacquea.
Con Conchita Mammoli e Paola Ambrosi hanno ceduto il passo allo spettacolo. Sgangherato quanto lo può essere un testo scritto da chi il teatro lo conosce bene, nel senso che ogni parola che sembrava superflua in realtà era al posto giusto nel momento giusto. Canzoni che scorrevano sul fondo, volti del passato (anche se non era un’operazione nostalgia!) a riproporci, insieme a voci del presente (bravo Bruno Baiardi, la sua “Il mondo”, che non si è fermato mai un momento, ha fatto sussultare cuori di meno giovani e anche di giovani che affollavano il teatro, una simbiosi perfetta), ricette sul come cucinare il pesce si alternavano alle battute del copione e via così, senza soluzione di continuità.
Ed il teatro è bello quando quelli che lo fanno si divertono. Che dire della prorompente, dirompente e … ma sì, seducente Michela D’Astuto, bella e giunonica voce, poi Paolo De Bellis, Silvia Longo, Arianna Quaderno e … il ricettario, questo fil rouge che ci portava da Sanremo al Piccolo di Jesi. Infine lui, lo scrittore autore di veri capolavori, che si misurano con il sociale e con gli ambienti in cui si muovono personaggi normali in una società molto poco normale.

Il “bravo presentatore” Luigi Romolo Carrino

Lo scrittore Luigi Romolo Carrino, napoletano, personaggio indimenticabile, che ha svolto la funzione di “bravo presentatore” sul palco, si è messo a disposizione con momenti di forte ironia tutta napoletana.
Carrino ci ricorda, chiacchierando a parte, che «Napoli è bella e iconografica, certo, ma io in realtà sono uno che racconta il motore che spinge ad agire le persone in determinati momenti difficili, che muovono sentimenti, scelte, anche cercando di scardinare quello che è un destino, una predestinazione quasi ad avere un certo tipo di vita. Per cui utilizzo la vita dei più disagiati, parto, che so?, da un rapporto madre e figlia, da un discorso di potere che riesce a gestire un clan camorristico. Ma in realtà io racconto perché voglio far vedere che certi sentimenti sono gli stessi, sia tu una sanguinaria o una madre casalinga».
«Mi occupo anche di psicologia giudiziaria, mi guardo intorno e vedo che la mia città ha sfornato, negli ultimi anni, grandi autori, vedi De Giovanni e la Ferrante, gente che sa scrivere, autori che ci fanno capire che Napoli è un po’ in ciascuno di noi, al centro della cultura, ed ha in sé tutti i sentimenti, belli e brutti, anche se spesso si parla della mia città ricavandone un’immagine esclusivamente negativa, a causa della camorra, del suo assetto sociale. Napoli non è solo “I’ te vurria vasà,”, meravigliosa sicuramente, oggi c’è tutta una scena
culturale che rappresenta l’anima dei napoletani. Canzoni e versi che escono dalle feritoie, dalle fogne se vuoi, dai bassi, perché si evolve, e anche dalla doppia anima dei bassi, quelli dei Tribunali ​e quelli del Rione Sanità che sono assolutamente diversi. Ma come stato sociale sono identici».
Carrino è coinvolgente e io, calmo calmo, me ne vado, dopo lo scroscio di applausi, sognando e canticchiando “Napule è mille culure, Napule è mille paure, Napule è a voce de’ criature...” e poi cantatela tutti, se volete. Grazie a Torta per la bella Torta che ci ha offerto.
Giovanni Filosa
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