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Cronaca

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI

HIGH-MAGNER

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Dopo le feste ne resterà uno solo: the High-magner. L’immortale. Chi sopravvive alle magnate de Vigilia, Natale, Santo Stefano, Capodanno e Befana indenne, senza un disturbo gastro-intestinale, senza un mal de testa, senza il distacco definitivo del fegato verso orizzonti lontani, sarà indistruttibile e farà parte della schiera degli Angeli dell’Apocalisse. Sì, perché noi, in Italia, magnamo. E non ho detto “mangiamo”, ho detto MAGNAMO. Qui non si perde tempo a nutrirsi per poi svolgere tutte le altre ordinarie mansioni terrestri. Qui SE MAGNA. Ovvero si ingurgitano a mo’ de aspirapolvere-tritatutto quantità indefinite di sostanze più o meno organiche (solide, liquide e/o altro) finché c’è spazio nell’esofago e anche oltre, volendo. Diciamo che il limite è fermarsi quel tanto che basta, un cicinin, una piuma, un soffietto  prima della linea di demarcazione tra se stessi e la materia culinaria ove campeggia il cartello “Occhio, un altro boccone e SCHIOPPI”. Nella patria di Garibaldi “O si fa il cenone o si muore”. Punto. Tutto il resto, nella vita, assume un’importanza davvero secondaria. Insomma, dai, ammettiamolo apertamente: noi italiani siamo felici più di ogni altra cosa quando siamo seduti a tavola. Pertanto le feste (e per feste intendo TUTTE le ricorrenze: Natale, Pasqua, compleanni, onomastici, battesimi, matrimoni, San Valentini vari, primi maggio etc.) non sono altro che fantasiose e variopinte SCUSE PER MAGNÀ. Veniamo tirati su sin da piccolissimi con costanti inviti al cibo: “Magna, ninì de nonna…magna che devi cresce…” “Magna amore de mamma, così diventi grande…” “Finisci tutto nel piatto, eh…non si lascia neanche una briciola…” “Zia te fa mascarpone e nutella per merenda?” Quindi, poi, e ve lo chiedo con un tono pseudo-scientifico stile Piero Angela, come si può pretendere in età matura una propensione salutista al concetto di “pasto”?? Anche perché da adulti, nella quotidianità, come non fossimo già stati bombardati abbastanza durante l’infanzia, siamo  presi di mira da continui messaggi, neanche tanto subliminali, da parte dei mass-media. Basti pensare alla tv, dove, in qualunque canale e a qualunque ora del giorno, imperversano trasmissioni dedicate alla cucina: Masterchef Italia, Masterchef Australia, Masterchef Nuova Zelanda, highMasterchef USA, Masterchef junior, La prova del Cuoco, Cuochi e fiamme, i Menù di Benedetta, Il re del cioccolato, il Boss delle torte, Bake-off Italia, Chef per un giorno, Cucina da incubo, Hell’s Kitchen,  Fuori menù, Il miglior pasticcere…e qui mi fermo, anche se l’elenco sarebbe ancora lungo, eh. Quindi, tornando a bomba, la domanda che sorge spontanea è: DOPO ‘STE ABBUFFATE NATALIZIE, CE ARRIVAMO A MAGNA’ LA COLOMBA A PASQUA?? Io, gente mia, non assicuro, perché solo il giorno de Natale me so’ magnata per conto mio 6 etti de cappelletti. Raga’, non è cattiveria, io c’ho provato a resistere, ma è impossibile volta’ le spalle al cappelletto. IL CAPPELLETTO È COME IL DIAMANTE: È PER SEMPRE. Il cappelletto (in brodo, col sugo, con la panna) è Amore allo stato puro e incondizionato. Studi recenti dimostrano che c’è gente che ha vissuto esperienze di coma profondo in cui, alla fine del famoso tunnel, dopo la grande luce, ha visto un cappelletto gigante. Il cappelletto fatto in casa (con la sperna sulla spiendola, come se dice a Jesi) col ripieno de ciccia nostrana, impastato con la devozione autentica che scorre solo in certe mani vergare marchigiane, è altissima poesia, è un alito de paradiso, è rivelazione, è il nirvana. Dopo il cappelletto fatto in casa non ti importa più di niente, ti distacchi dai beni materiali e galleggi…fluttui in questa dimensione cosmica e ti può capitare qualunque cosa, qualunque, tanto tu sei immune dal male, protetto da una bolla invisibile di felicità che ti accompagna fino a che l’ultima molecola di farcia e uovo di gallina immolato per il tuo sommo piacere sarà digerita. Ecco, a forza de parla’ de ‘magna’ me sta a veni’ fame. Inizio a senti’ i profumi, gli aromi, le consistenze delle pietanze (lasagne, ravioli, fritto misto)  e soprattutto vedo San Faustino (quello della grappa) che mi accoglie nel suo caldo abbraccio mentre mi invita ad accendere il sacro fuoco dei fornelli domestici. Quindi adesso, col vostro permesso, io mi congedo, scusandomi anche un po’ di quanto è uscito oggi dalla mia penna imbevuta di Lacrima di Morro d’Alba e particelle scomposte di panettone Tre Marie… Ma questo è quanto. Tanto, gentaglia mia, non è che – lallero lallero – potete pretenne a Cotto e mangiato il premio Pulitzer eeh… e questo e quello e su e giù e dìnghete e dànghete…e allora!…e basta un po’ eeh!!…ma che davero-davero?? E CHE CAZZO! Aho: buon anno a tutti. Ciao.

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