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Cronaca

CUPRA MONTANA, IL DOLORE L’ULTIMO SALUTO A DOMENICO SCUPPA, STRAORDINARIO PRESIDENTE DELLA CASA DI RIPOSO

CUPRA MONTANA, 19 maggio 2015 – Stamattina Cupra Montana ha capito quale vuoto profondo lascia Domenico Scuppa all’interno della comunità cuprense. È bastato cogliere il colpo d’occhio nella chiesa di San Leonardo dove si sono tenuti i funerali del presidente. Una folla immensa si è stretta intorno alla famiglia per l’ultimo saluto a colui che meglio di ogni altro ha saputo conservare e mantenere il testimone della fondatrice della Casa di Riposo, Marianna Ferranti.
Domenico Scuppa non era un personaggio, non c’era tagliato. Alle parole preferiva i fatti, alle discussioni preferiva i progetti. Fatti e Progetti: ecco di che “pasta” era fatto il presidente della Casa di Riposo, divenuta sotto la sua guida una delle eccellenze a livello marchigiano. C’ha lavorato sodo da quell’ufficio ricavato al piano terra, giorno dopo giorno. E più il tempo passava e più quella struttura nasceva a nuova vita. “Ecco – raccontava a chi aveva il piacere o la curiosità di ascoltarlo – adesso abbiamo sistemato quell’ala del palazzo, poi inizieremo sopra e verrà fuori qualcosa di bello”. Già vedeva sistemato il progetto, quasi “assaporava” quel risultato che magari era tutto nella sua mente. Poi però, mese dopo mese, anno dopo anno quel risultato era sotto gli occhi di tutti i cuprensi e di coloro che avevano un familiare alla Casa di Riposo.
Con lui la politica aveva fatto non uno ma cento passi indietro, anche se nella Fondazione i numeri hanno sempre avuto il loro peso. Cambiavano i sindaci e le maggioranza ma alla Casa di Riposo il presidente era sempre Domenico Scuppa. Perché oltre alla struttura cresceva il numero dei dipendenti assunti, perché la Casa di Riposo diveniva nel frattempo la prima azienda locale che ridistribuisce reddito. Ma soprattutto garanzia per le famiglie che necessitano di una sanità “buona”, capace di rispondere alle loro esigenze. E per quella sanità Domenico Scuppa ha lottato fino all’ultimo momento. Fino a quando gli hanno detto che doveva lottare ancora ma non per gli anziani, bensì per lui stesso. E ci ha messo tutto se stesso per riuscirci, ad iniziare dalla sua proverbiale ironia che rendeva semplice le cose complicate; che ti spiazzava con una battuta quando l’amarezza e la preoccupazione prendevano campo.
(redazione)

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