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Cerreto d'Esi

FABRIANO Elica, la protesta dei lavoratori

Il coordinamento unitario: «L’abbandono delle persone e del territorio come unica strategia»

FABRIANO, 1 aprile 2021 – “Disastro sociale ed industriale”, descrivono così lavoratori e coordinamento sindacale unitario il piano industriale 2021/2023 presentato nella giornata di ieri da Elica.

Un piano (descritto dall’azienda come necessario per la sopravvivenza dell’intero gruppo) che porterà ad una riduzione dei volumi produttivi (da 1.400.000 a meno di 400.000), chiusura di reparti a Mergo la chiusura dello stabilimento di Cerreto D’Esi, trasferimento di linee produttive a maggiore in Polonia e 409 (su 560) esuberi.

Scelgono l’offensiva le sigle sindacali, ed in una nota congiunta descrivono quanto dichiarato da Elica (leggi l’articolo) come «Comunicazione che riteniamo indegna del passato e della storia di Elica.

«Dichiarare di difendere il lavoro in Italia delocalizzando la produzione di oltre un milione di cappe è irrispettoso dell’intelligenza di chi legge, senza tener conto degli investimenti che verrebbero fatti in altri paesi – attaccano –  progettare in Italia sfruttando le competenze del territorio, produrre dove si paga poco la manodopera per aumentare gli utili è una strategia che ha vagamente l’aria di essere predatoria».

«In questi mesi – ricostruiscono i sindacati gli ultimi passi del dialogo con l’azienda – mentre si annunciava un 2021 in linea con la produzione del 2020, anno in cui era tornata la saturazione produttiva dei plants italiani; invece abbiamo avuto la conferma ieri che venivano fatte firmate lettere di riservatezza a decine di persone per lavorare a questo progetto, e mentre si davano rassicurazioni alle organizzazioni sindacali e si facevano promesse alle persone, veniva preparata la strategia dell’abbandono del territorio. E pensare che abbiamo sempre riconosciuto ad Elica la capacità di saper tenere relazioni industriali corrette, almeno negli anni precedenti».

Una vertenza che deve essere portata a livello di gruppo, proseguono Fim, Fiom e Uilm, e lo sciopero spontaneo di ieri a Cerreto D’Esi e Mergo (ed alla Fime di Castelfidardo) dimostrano l’attaccamento dei lavoratori all’azienda ed al posto di lavoro.

«I presidi permanenti che sono stati convocati davanti alle fabbriche vogliono lanciare un messaggio chiaro e forte al management tutto ed al territorio – spiegano Fim, Fiom e Uilm – cioè che siamo pronti e determinati a difendere il lavoro, perché oltre un decennio di sacrifici non sia stato vano, perché prima degli interessi del manager e degli azionisti deve venire il rispetto delle persone, valore fondante e pilastro dell’azienda, anche in un’ottica di prospettiva, ragionando quindi anche su quello che si lascia alle future generazioni».

Il presidio di Cerreto D’Esi dei lavoratori di Elica

E poi l’ultimo affondo, ancora più duro: «Chiedere denaro pubblico per licenziare uomini e donne e per accompagnare processi di desertificazione industriale di un territorio già martoriato, è un altro affronto che abbiamo letto nella comunicazione ufficiale uscita dopo l’incontro; il Coordinamento valuta inaccettabile che si distribuiscano risorse a chi delocalizza e crea disoccupazione anziché adoperarsi per il futuro del Paese. Ci siamo trovati davanti un’azienda che è sempre stata considerata un modello, e che speriamo che non lo diventi davvero visto gli ultimi annunci, che oggi chiede sacrifici per mancanza di redditività ma che in questi anni ha distribuito milioni di euro solo come buonuscita agli Amministratori Delegati per aver portato avanti strategie che sembrano proprio essersi dimostrate fallimentari: l’incontro del 31 marzo si è aperto con una brevissima introduzione del nuovo A.D Giulio Cocci, che non si è neanche degnato di ascoltare le Rappresentanze Sindacali ma se ne è andato subito dopo aver detto che in Italia resteranno di Elica solo i cocci e poco altro, o pochi altri, altro che cuore e testa».

(Redazione)

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