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GIOVANI E COVID La scuola è un luogo di socialità, crescita e rifugio

Noi giovani siamo additati come i primi responsabili della diffusione del virus, ma come possiamo esserlo se non abbiamo mai fatto delle scelte e non siamo mai stati ascoltati da chi le ha fatte?

Emozioni, paure, desideri, scoperte, attese dei giovani… in questo lungo e faticoso periodo di pandemia. Le riflessioni di alcuni giovani e ragazze del Liceo delle Scienze Umane di Jesi, raccolte dall’insegnante di Religione, sono un contributo prezioso di luce nelle tenebre, di speranza nei sentimenti di angoscia, di nuovo futuro nello scoraggiamento di molti. Queste testimonianze fanno bene a tutti. Ne riporteremo alcune ogni settimana in questa rubrica.

Due le riflessioni di questa settimana, scritte da altrettante studentesse liceali.

Durante i lunghi periodi di quarantena, è stata fatta a noi giovani la domanda che cosa ci sta insegnando il tempo in cui, a causa del Covid-19, abbiamo vissuto isolati. Sinceramente faccio molta fatica a trovare una risposta, perché sento addosso tutta la fatica di stare lontano dalle persone che amo.

Spesso gli adulti ci dicono che siamo fortunati a vivere un tempo tutto nostro in cui possiamo riflettere, leggere, abbuffarci di serie tv e fare tutto ciò che in tempi normali abbiamo desiderato. Per non parlare della scuola che è stata racchiusa in un piccolo schermo di un computer. La famosa dad, tanto amata es elogiata dagli adulti… ma hanno mai chiesto a noi alunni cosa ne pensiamo veramente?

Certo, svegliarsi più tardi, partecipare alle lezioni in pigiama con una tazza fumante di latte a fianco può essere comodo e accattivante; per non parlare delle verifiche e interrogazioni online che possono sembrare più facili e una bella scappatoia per molti… ma pensate veramente che noi adolescenti siamo solamente questo?

Non nego che l’anno scorso appena hanno chiuso la scuola per la prima volta ho fatto i salti di gioia. Alcuni giorni a casa con la mia famiglia saltando verifiche e interrogazioni non mi sembrava affatto male. Anche tutti gli impegni quotidiani che avevo e che mi rubavano del tempo come danza o gli scout, erano per un attimo sospesi e quindi mi ha fatto piacere questo primo time-out.

Ricordo che si pensava fosse solo un’influenza e che tutto sarebbe passato in poco tempo. Ora ad un anno di distanza capisco che era una situazione molto seria da non prendere sotto gamba. Purtroppo tante persone hanno perso la vita a causa del Covid-19 e tante famiglie stanno ancora soffrendo sia dal punto di vista economico che affettivo.

Sicuramente rispetto all’anno precedente alcune situazioni sono cambiate, la scienza e la medicina stanno facendo grandi progressi per cercare di sconfiggere questo mostro potente. In realtà la mia situazione, come quella di tanti altri ragazzi, non è cambiata di molto: mi ritrovo ancora chiusa in casa, additata e controllata se provo ad andare a fare una passeggiata un po’ più lontana dei soliti 300 metri intorno casa che ormai conosco a memoria (nonostante adulti e anziani se ne vanno in giro indisturbati a tutte le ore senza essere controllati da nessuno).

La mia palestra di danza non ha avuto il permesso di aprire anche se alcuni ragazzi, che praticano sport non agonistici, continuano ad allenarsi. La mia scuola rimane chiusa, tranne in alcuni periodi in cui hanno pensato di farci frequentare in presenza in piccoli gruppi. Alla fine di tutto, la via più semplice è sembrata quella di farci tornare di nuovo davanti a uno schermo. Per non parlare degli scout che sono costretti a connettersi e a creare legami “profondi” attraverso le videochiamate su Zoom.

Sono troppi i metri di distanza che mi separano da tutti e la connessione seppur con tanti giga e dotata di fibra non è in grado di colmare la mancanza di un abbraccio di un amico.

Si parla sempre di responsabilità, ma cosa si intende realmente? Noi giovani in questo ultimo anno siamo riconosciuti come i primi responsabili della diffusione del virus, ma come lo possiamo essere se non abbiamo mai fatto delle scelte e non siamo mai stati ascoltati da chi le ha fatte?

In conclusione cosa mi resta? La consapevolezza di essere innocente.

Ho rivisto per la milionesima volta “Io Prima di Te”. Quanta bellezza in un solo film. Parigi. Vorrei tornarci

Ci sono stata nel 2012. Prima del Bataclan. Prima della paura. Che posto meraviglioso. Ed era bello stare lì, seduta in un bar di fronte alla stradina francese, osservare la vita nei passanti. Mi manca. Qui cerco la bellezza da sempre e anche se ce n’è tanta, è nascosta dietro tanta bruttezza alla quale non mi abituerò mai.

La bruttezza è non avere un posto sicuro, pulito e vicino dove ritrovarsi con gli amici, un parco, un giardino, la riva di un fiume, una spiaggia. La bellezza è dietro chilometri di strade dissestate, non sicure da percorrere per una ragazza sola quando è buio, la bellezza si paga ad ore nei parcheggi multipiano, la bellezza è dietro ville milionarie che nascondono il panorama. La bellezza se ne sta lì nascosta, mentre noi rimaniamo qui tra 4 mura ancora un po’ ad aspettare che tutto finisca.

Sarà ovviamente tutto questo periodo di isolamento e di mancata libertà che ci ha fatto radicalmente cambiare stile di vita: adolescenti tristi e abbattuti perché si vedono scorrere davanti a loro anni che non ritorneranno ed esperienze fondamentali della vita passare senza essere vissute; anziani terrorizzati di uscire a fare la spesa e incontrare i nipoti per paura del contagio; famiglie stremate dalla crisi per chiusura delle attività, e alcune persone che possono ritornare a lavorare grazie ai dpcm appositi che gli consentono di riaprire, non vogliono tornare a lavorare come una volta sapevano fare.

Se la pandemia ha reso ansiosi i ragazzi di tornare alla “normalità“, sicuramente anche io ho sentito questa sensazione e non sono la sola. La chiusura delle scuole è, ovviamente, dannosa per l’istruzione di noi adolescenti. Ma le scuole non sono solo un luogo per l’apprendimento. Sono luoghi in cui i ragazzi socializzano, si sviluppano emotivamente e, per alcuni, sono un rifugio dalla vita familiare travagliata.

Sebbene i social media possano essere dannosi nella loro distorsione della verità e della realtà, in questo momento possono aiutare gli adolescenti a mantenere un certo senso di connessione tra pari.

Quest’anno è stato strano, ci ha tolto tantissimo. Molti di noi non hanno potuto vedere per mesi le persone del cuore; altri hanno perso qualcuno di importante. Abbiamo perso il calore degli abbracci, il sudore dei concerti, l’emozione del cinema o del teatro, l’esperienza di passare una serata con i nostri amici, la possibilità di scoprire nuovi posti in giro per il mondo. Abbiamo perso la cultura, l’affetto e il calore.

A tutto questo si è sostituita l’ansia di uscire di casa, di camminare sullo stesso marciapiede con più di una persona, il disagio di vedere nei film persone senza mascherina, l’ansia di fare del male o perdere le persone che amiamo.

Il mio augurio, nonostante tutto, è quello di poter tornare presto alla “normalità” e di utilizzare per quanto possibile, questo tempo per ri-prenderci il nostro tempo, di pensare, riflettere, leggere, informarci, concentrarci sulle persone che amiamo, fermarci.

Sperando in un anno migliore, pieno di abbracci e strette di mano.

Due studentesse del Liceo Scienze Umane “Vittorio Emanuele II” di Jesi

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