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Cronaca

JESI Giovane deceduto in casa: la risposta all’autopsia

Il rinvenimento del corpo mercoledì sera in via Esino dopo l’allarme lanciato dai coinquilini, le cause sono da stabilire: indagini dei Carabinieri

JESI, 1 maggio 2020 – Sarà l’autopsia – la salma è all’obitorio del “Carlo Urbani” – prevista per la prossima settimana, lunedì probabilmente, a stabilire le cause della morte del giovane di origini congolesi Moise Tagoma, rinvenuto senza vita all’interno dell’appartamentino, dove si era stabilito da qualche mese, in via Esino.

Il 26enne condivideva con alcuni amici l’abitazione e sono stati loro a dare l’allarme la sera di mercoledi 29, intorno alle 20, quando Legacy – questo il soprannome con il quale era molto conosciuto – era stato rinvenuto in camera da letto privo di conoscenza. Ma a nulla, poi, è valso l’intervento dei sanitari del 118 che ne hanno potuto solo constatare la già sopravvenuta morte.

Una morte alla quale si cerca di dare un perché, e sulla quale i Carabinieri stanno conducendo nel più stretto riserbo le indagini. I coinquilini del ragazzo erano già stati ascoltati subito, la stessa sera, quando sul posto erano giunte due pattuglie di militari con il comandante della Stazione di Jesi, Fiorello Rossi.

Il giovane non solo era molto conosciuto ma anche benvoluto da tanti che lo descrivono come un bravo ragazzo, tranquillo, lavoratore e molto educato. E che ancora non sanno capacitarsi di quanto avvenuto.

«Mi salutava sempre per primo, sorridendomi», ha detto una vicina commossa proprio mercoledì sera, quando via Esino era inconsuetamente affollata per il dramma di quella morte.

Sul posto, infatti, appresa la notizia erano giunti i familiari, i due genitori e la sorella – in famiglia cinque figli – che hanno esternato il loro grande dolore chiamandolo, invocandolo per nome. Ma Moise, purtroppo, non poteva più rispondere.

Il 26enne si era diplomato all’Ipsia, integrandosi benissimo con il tessuto sociale cittadino – era giunto con i suoi da piccolo – e, una volta terminati gli studi, aveva iniziato a lavorare, anche se saltuariamente perché le cose andavano così, almeno sino a qualche mese fa, prima dell’emergenza, per non essere di peso alla famiglia.

Da un paio di mesi, lui che abitava a Moie con il padre – la madre risiede a Jesi – si era trasferito proprio lì, in via Esino, dove ha vissuto il suoi ultimi giorni.

«Non permettere alle ferite di trasformarti in quello che non sei», aveva scritto in un suo post, riprendendo Paulo Coelho.

(p.n.)

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