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Cronaca

JESI I medici del “Carlo Urbani”: «Siamo motivati al massimo»

Nella prima linea della guerra al virus con Marco Candela, Anna Maria Schimizzi, Sonia Bacelli

JESI, 10 aprile 2020 – Il dottor Marco Candela, direttore dell’Unità di Medicina Generale, ha sempre sostenuto che l’ospedale “Carlo Urbani”  debba essere preso a esempio come modello di efficienza e adattabilità alle situazioni e alle emergenze che si affrontano quotidianamente.

L’Urbani nel periodo del Coronavirus è una struttura Covid. Quindi ha subìto, nel giro di poche settimane, una completa trasformazione in reparti e settori, cercando di convivere con delle situazioni mai affrontate utilizzando l’arma dell’organizzazione, della scienza, del fare gruppo.

Recentemente i fanti di Marina del 1° Reggimento San Marco – provenienti da Brindisi – hanno tirato su un ospedale da campo proprio al “Carlo Urbani“.

Una struttura molto importante, questa, per decongestionare l’ospedale cittadino messo sotto pressione – con il personale – dal susseguirsi dei ricoveri per l’infezione da coronavirus, è stato detto.

Praticamente un affiancamento in prima linea a quanti già sono impegnati in un lavoro faticoso e improbo, anche se l’efficienza dei sanitari non è stata mai messa in dubbio.

Marco Candela: «Non abbiamo mai mollato»

«Noi abbiamo sempre parlato di controllo della situazione, non di efficienza – dice il dottor Candela – . Lo stato dell’arte? Ad oggi abbiamo tre pazienti ricoverati nell’ospedale da campo, dopo alcune difficoltà logistiche che stanno via via sistemandosi. Per quel che ci riguarda, non abbiamo mai mollato, abbiamo sempre tenuto botta. In una lettera spedita alle istituzioni abbiamo chiesto un supporto di risorse umane, sia mediche sia infermieristiche».

«Ci sono stati dei contatti che non ci hanno coinvolto e si è arrivati alla definizione, soprattutto fra il presidente della Regione ed il Ministero della Difesa che ha ipotizzato l’impianto di questo ospedale da campo qui da noi. Non è un affiancamento, ovviamente, si tratta di giovani volonterosi che ci hanno, per un periodo, seguito passo passo, col personale medico e infermieristico, all’interno della nostra struttura, il cosiddetto training on the job».

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Foto da sinistra: Sonia Bacelli, Marco Candela, Anna Maria Schimizzi

«In sostanza, viene ospitato il paziente post critico, con una difficoltà clinico assistenziale calata all’interno di un ospedale da campo, che non necessita di particolari supporti di ossigeno terapia, o di monitoraggio continuo dei parametri e che quindi possa essere accolto nell’assoluta sicurezza sua e del personale che lì lavora, senza correre rischi. Per noi è stato un piacere averli ricevuti, non abbiamo avuto difficoltà ma anzi coniato lo slogan “Aiutiamoli per aiutarci”, consolidare la squadra, dopo il protocollo d’intesa fatto fra la Marina e l’Asur. Vedremo poi in seguito, perché la pandemia Covid19, alla quale eravamo tutti impreparati, ci sta abituando anche a prendere delle decisioni di giorno in giorno».

«Insieme siamo partiti con grande umiltà e anche con grande autocritica, nel senso che se dovessimo tornare indietro su qualche decisione presa, dovremo essere i primi a farlo. Credo che non arriveremo a più di venti posti letto in queste strutture, a totale funzionamento. Ad oggi il trend dell’epidemia è in via di miglioramento, a breve dovremo capire se la Regione rivedrà la denominazione di Covid agli ospedali, riducendo il numero dei letti e convogliando il maggior numero di pazienti in un insieme di Ospedali Covid destinati. Anche perché è nostro grande desiderio ripartire con tutte le attività, chirurgiche soprattutto, ridotte anche per la dislocazione del personale, sia medico che infermieristico, all’interno della struttura Covid. L’attività chirurgica d’urgenza, per i pazienti oncologici, per la traumatologia, tutto il materno infantile ed anche 26 posti letto di medicina non Covid, sono sempre stati mantenuti e alcune urgenze sono state ampiamente soddisfatte».

Anna Maria Schimizzi: «Virus che si manifesta in modi differenti»

L’infettivologa Anna Maria Schimizzi ricorda: «Mi sono trovata, insieme ai miei colleghi, di fronte ad un virus di cui non conoscevamo assolutamente nulla e a vivere momenti ricchi di fortissime emozioni. In questo mese forse, e sottolineo forse, abbiamo capito qualcosa di più, ma ancora c’è da lavorare a fondo e su più direzioni».

«È un virus che si presenta in molteplici manifestazioni, differenti a seconda del soggetto preso di mira, parliamo di situazioni che vanno dall’assoluta asintomaticità a situazioni di estremamente severità riguardante l’insufficienza respiratoria. In sostanza, manifestazioni cliniche che vanno dal quasi nulla a situazioni di severità assoluta. Il virus è sempre lui, nei paziente si manifesta a seconda del soggetto che colpisce».

Sonia Bacelli: «Abbiamo dovuto riorganizzare l’ospedale»

La dottoressa Sonia Bacelli, della direzione medico ospedaliera, sottolinea che «c’è voluto un grosso lavoro per riorganizzare buona parte dell’ospedale per raccogliere e gestire questi pazienti, un lavoro che ha coinvolto i reparti interessati praticamente 24 ore su 24. Abbiamo dovuto spostare alcuni degenti, riconvertire i reparti all’accoglienza di questi pazienti, formare gli infermieri alla loro gestione, operando con la dovuta sicurezza. Non è stato facile».

«I numeri, in questo momento, ci fanno essere ottimisti ma dobbiamo far capire che la gente non deve nutrire la falsa speranza, con l’arrivo dell’estate, che tutto stia tornando alla normalità».

Non lasciamoci andare ad ottimismi troppo facili, dipende tutto da noi, seguiamo le regole sino in fondo: in sostanza è la parola d’ordine dei miei interlocutori ma credo di ogni medico coscienzioso e di ogni persona che mantenga i piedi per terra.

«Alcune associazioni di volontariato – dice Candela –  ci hanno dotato di ipad che ci permettono di mantenere, spesso, il rapporto fra il paziente, solo e terrorizzato, con i familiari, il più stretto possibile. Ripensando ai primi giorni del contagio, ci siamo trovati di fronte ad una vera e propria guerra e ne abbiamo ricavato il contatto e l’attenzione del paziente, quello che conta soprattutto. Noi siamo sempre ottimisti, altrimenti non faremmo questo lavoro. Siamo motivati e pronti all’incazzatura».

Giovanni Filosa

(Foto in primo piano, da sinistra, Sonia Bacelli, Marco Candela, Anna Maria Schimizzi)

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