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JESI Il tumore ovarico, incontro Fidapa a Palazzo Bisaccioni

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Il punto con la ricercatrice ascolana Bruna Corradetti del Dipartimento di Nanomedicina dell’ospedale di Houston

JESI, 11 febbraio 2020 – La Fidapa di Jesi ha proposto al folto pubblico affluito al Palazzo Bisaccioni, fiore all’occhiello della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, un tema molto delicato:Tumore dell’ovaio: speranze dalla ricerca”.

Leggendo ed informandomi in merito, spero senza dare interpretazioni sbagliate, leggo che “il tumore ovarico rappresenta la principale causa di morte per tumore ginecologico e la quinta per tumore nella popolazione di sesso femminile nei Paesi sviluppati.

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La ricercatrice Bruna Corradetti

Ogni anno si stima che siano diagnosticati in Europa 65.000 casi, dei quali quasi 5.000 in Italia. A fronte di un’incidenza relativamente bassa il tumore ovarico è gravato da un’alta mortalità. Il tumore ovarico colpisce tutte le età con maggiore frequenza tra i 50 e i 65 anni”.

Un compito non facile, quello affrontato dal presidente Fidapa, Gianfranca Schiavoni e dal suo agguerrito team, che propone eventi che interessano il sociale a tutto tondo. Era importante avere i giusti interlocutori che, poi, aprissero, con i loro temi e le loro esposizioni, la strada alla ricercatrice marchigiana, ascolana per l’esattezza, Bruna Corradetti, del Dipartimento di Nanomedicina dell’ospedale di Houston e professore associato presso la Swansea University Medical School Galles.

E potevano essere solo personalità importanti e scienziati come il professor Andrea Ciavattini, ordinario alla Politecnica delle Marche e direttore della Clinica Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali riuniti di Ancona.

L’altro personaggio chiave è stata la professoressa Rossana Berardi, ordinario di Oncologia alla Politecnica delle Marche e direttore della Clinica Oncologica degli Ospedali riuniti di Ancona.

A moderare, con la sua consueta empatia e professionalità, il dottor Gianluca Grechi, direttore Uoc Ostetricia e Ginecologia del “Carlo Urbani” di Jesi.

Dopo il saluto della vice presidente dello Iom, Lucilla Garofoli e quello dell’assessore alla Sanità, Marialuisa Quaglieri, si è sviluppato l’incontro, con le relazioni, perfettamente leggibili, dei professori. Monitoraggio e prevenzione sono stati i termini maggiormente toccati, perché non se ne fanno a sufficienza. La giovane ricercatrice Bruna Corradetti, ascolana fino in fondo, ha puntualizzato lo stato delle ricerche portate avanti a Houston proprio su questo tema.

tumore ovarico Fidapa jesiQual è il problema che coinvolge maggiormente voi ricercatori che lavorate all’estero, dove trovate una straordinaria considerazione?

«Non è che i nostri ricercatori, quando se ne vanno dall’Italia per cercare un futuro lontano, non hanno la speranza. È che sono come infettati da un sistema che continua a ripetere che non c’è lavoro, non c’è un domani certo. Quello è il problema. I ricercatori sono continuamente esposti a polemiche. Non c’è quel respiro che ti fa dire: “io adesso non mi preoccupo di quel che farò dopo. L’importante è quello che faccio ora, perché in seguito sicuramente il mio lavoro verrà valorizzato”. A parità di impegno e di lavoro, gli studenti italiani spesso sono frenati dall’idea di quello che sarà. L’ho visto con degli studenti all’Università di Ancona. Io che ho fatto? Ho azzardato, come diceva la professoressa Berardi, perché non mi sono fermata affatto di fronte ai problemi o a chi mi diceva di no; sono andata avanti pensando che fra tanta gente che ti dice “no”, un “sì” prima o poi lo trovi sulla tua strada».

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Schiavoni, Grechi, Corradetti

Da cosa dipende, al di là del talento, il successo delle vostre ricerche?

«Molto spesso noi ci diamo dei tempi per completare o almeno arricchire di nuove scoperte i nostri progetti. Beh, la ricerca e la scienza non li seguono, quei tempi lì. Infatti, procedendo, capita che mentre lavoriamo incontriamo delle variabili che non avevamo considerato.  Ti faccio un esempio: quando pensi di recuperare un certo numero di cellule nella ricerca che stai portando avanti, capita di non riuscire a completarla, almeno nei tempi che ti eri data. Questo fa parte del processo di sviluppo del sistema. Per ora, da quando mi sono trasferita a Houston, ho lavorato su questo progetto e sono quasi passati due anni, siamo vicini ma ancora c’è strada da percorrere prima di arrivare al compimento del lavoro. Cosa rappresenta per me Houston? Un punto di partenza, ovviamente, un trampolino di lancio. La mia marchigianità? È vero che nella nostra regione siamo diversi e forse si parla troppo poco di ricerca. Per esempio io ho iniziato ancor prima di andare a Houston, e sono convinta che il mio sforzo, le mie energie applicate alla ricerca potevano essere notate, volevo dire sfruttate, già qualche anno fa. In generale si parla di ricercatori quando non ci sono più. Ho deciso di non voler più essere chiamata o definita “ricercatrice”. Perché? Lo sono, è vero, ma in Italia quando parli di ricercatore è come se identificassi una specie di illuso, che magari non arriva a fine mese e non ha futuro. Se chiamassimo invece i ricercatori che, in realtà, lavorano con e sulla scienza, “scienziati”? Sarebbe diverso, lo sai? Lo noto, per esempio, all’aeroporto. Mi chiedono: “Che lavoro fai?”. “Ricercatore”. Allora capita che ti aprono anche i bagagli. Se invece dici “lo scienziato”, ti aprono le porte. È un piccolo esempio, ma che differenza c’è? Forse quella che allo scienziato vengono riconosciute “le sudate carte”, la dedizione, la passione, il coraggio, lo sforzo. Al ricercatore invece no. Perché?».

Quando arrivate alla fine del vostro progetto, qual è la reazione tua e del tuo team?

«Durante la ricerca si affrontano momenti difficilissimi, lo accennavo prima, talvolta un’ipotesi teoricamente funziona ma quando la metti in atto talvolta capita l’imprevisto. Allora potresti pensare che la ricerca sia fatta di continui fallimenti… Immagina, invece, cosa scaturisce quando il processo funziona: un entusiasmo e una gioia incredibili ed è quel momento lì, preciso, che ti spinge ad andare avanti».

Giovanni Filosa

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