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JESI Lo psicologo Claudio Fratesi: «Nulla può sostituire l’abbraccio»

Il conto salato dell’emergenza: «Pagheremo a caro prezzo la distanza sociale»

JESI, 17 aprile 2020 – È passato un bel po’ di tempo da quando abbiamo messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra e ci siamo chiusi in casa (e dintorni), ma non si trattava di tirarla per le lunghe ad aspettare Godot, perché stavolta il signor Corona Virus (forse il nome è Virus, Corona il cognome…) è arrivato anche nei natii borghi selvaggi, e ha tentato di forzare, talvolta riuscendoci, le nostre difese.

Noi, come tutti ben sanno, siamo esseri nei quali le emozioni giocano un ruolo fondamentale, stravolgendo le scelte più pianificate. Cosa ne viene fuori? La paura, bene supremo, a dirla con gli studiosi, perché se non ci fosse non sapremmo mai come lottare per sopravvivere. Però bisogna anche saperla gestire, senza arrivare a comportamenti impulsivi, irrazionali, percependo ogni situazione solamente dal punto di vista allarmistico e di alto rischio.

Lo psicologo e psicoterapeuta Claudio Fratesi

È chiaro che serve qualcuno che, meglio di me, soprattutto in un momento di “passaggio” come questo, ci dica come si intende la distanza sociale e la distanza interpersonale, come ne usciremo, psicologicamente parlando.

Per cui ho richiamato l’amico dottor Claudio Fratesi, psicologo e psicoterapeuta, per definire “lo stato” dell’arte, visto che quelle poche volte che magari incontri qualcuno facendo il giro dell’isolato, ti tieni alla larga, c’è chi lo fa in modo frettoloso, chi cambia direzione bruscamente, qualcuno ti saluta (anche se sei irriconoscibile sotto la bardatura da crociato) come fanno quelli che vanno a fare trekking o, meglio ancora, i bene educati sulla strada o sui sentieri o dove vi pare.

Ecco. Allora, dottore?

«La caratteristica di questo virus, che definirei unica, è il farci trovare a fare i conti con quello che è importante o meno importante, quello che era l’abitudine o quello che invece conta anche di più dell’abitudine stessa, le persone che contano realmente, e quelle per le quali pensiamo di contare qualcosa. Nei miei pazienti vedo, nonostante mantengano le relazioni utilizzando i due sensi più utilizzati, la vista e l’udito, un abbassamento dell’umore, ma non ne hanno piena consapevolezza».

«Dicono che vedono e sentono le persone che sono importanti per loro. Credo invece ci sia una mancanza emotiva, e questa è dovuta al non utilizzo di altri sensi, come il tatto. Il calore, voglio dire, si trasmette parzialmente tramite vista e video, ma in realtà gli altri sensi mancano e hanno a che fare con le emozioni. Mentre con la testa continuiamo a coltivare i rapporti, ci vediamo sui telefonini, ci parliamo, magari anche di più, perché allora c’è questo abbassamento emotivo?, mi chiedo. Perché nulla può sostituire l’abbraccio, il rapporto sessuale, il toccarsi, lo stringersi la mano. L’occhio non può sostituire appieno gli altri sensi e allora se ne accorgono le emozioni. Quindi la distanza sociale o interpersonale ci accompagnerà per molto tempo, sarà una distanza che pagheremo a caro prezzo proprio perché è insidiosa, anche se non l’avvertiamo subito. Questo clima quasi entusiastico («Sto bene a casa, pensavo peggio»), cederà il passo, e già lo sta facendo, a un clima più triste».

«Ci mancano eccome i rapporti umani, ci manca eccome il contatto umano, anche se cerchiamo dei palliativi, siano essi video o acustici. Il conto si paga e si pagherà. La ripresa non sarà facile, a parte il tema economico che sarà dominante, perché sarà problematico ristabilire dei contatti che abbiamo abortito fino ad ora. Per convivere con questo virus dobbiamo diventare tutti un po’ fobico ossessivi».

«Mi spiego. I consigli di non toccare le maniglie, lavarsi le mani in continuazione, non toccare gli altri, per esempio, sono i comportamenti chiave di un fobico ossessivo sulla pulizia, sulla paura del contagio, delle malattie. Sono sintomi che, oggi, ci vengono prescritti perché “sono diventati la cura”. È come se dovessimo ammalarci per star meno male, o per non ammalarci anche peggio. Un aspetto molto interessante».

Per le nostre menti ci vorrà dunque tempo per gettarsi alle spalle lo stress cui continuamente siamo sottoposti. E che si aggiunge a quello che, comunque, ciascuno di noi gestisce, o gestiva, più o meno con saggezza.

Giovanni Filosa

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