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JESI Scuola: didattica a distanza o didattica di vicinanza?

Il dialogo tra insegnanti, alunni e genitori: ne parliamo con la docente Manuela Gerini

JESI, 4 aprile 2020 – Da sempre una didattica efficace si basa sul dialogo tra più interlocutori: insegnanti, alunni e genitori.

Sembra assurdo, ma ora che si parla di didattica a distanza, questi tre interlocutori diventano ancora più vicini e interdipendenti, specie per chi insegna alla scuola primaria.

«Se a noi insegnanti è chiesto di procedere per ottemperare all’obbligo formativo, se agli alunni sono chiesti impegno e costanza nel seguire le lezioni, anche tra le inevitabili distrazioni domestiche, nel nostro caso, ai genitori è chiesto un contributo fondamentale, quello cioè di accompagnare i propri figli nell’accesso e nella restituzione degli elaborati! Ecco che questa didattica a distanza può funzionare solo se c’è questa “vicinanza” tra i vari soggetti».

Manuela Girini è insegnante in una scuola primaria di Jesi. L’emergenza sanitaria ha portato molti docenti ad interrogarsi sulla didattica.

«Sicuramente la didattica a distanza via via si è modificata: ciò che sembrava una momentanea interruzione, da poter colmare con l’assegnazione di esercizi di rinforzo, ci ha poi messo di fronte a diversi problemi, primo tra tutti , quello di come procedere nella programmazione (ecco allora che abbiamo organizzato audio o video lezioni, attingendo dalla maggiore competenza tecnologica di alcuni colleghi, che poi è diventata patrimonio condiviso!). In qualche occasione alcuni docenti hanno anche realizzato dei contatti live, per “incontrare” i bambini, per rispondere a qualche loro dubbio, anche se il caricamento dei materiali continua ad essere effettuato sul registro elettronico, per una visione differita e ripetuta delle lezioni».

«Ora un altro problema si sta proponendo: quello della valutazione degli apprendimenti, problema al quale dovremmo dare una risposta univoca e… rassicurante».

Primo degli ostacoli da superare è il divario digitale: «Da subito abbiamo sperimentato la difficoltà a raggiungere tutte le famiglie, molte delle quali avevano smarrito le credenziali per accedere al registro elettronico o non avevano i supporti digitali necessari. Per entrambe le difficoltà la segreteria, con il supporto degli insegnanti impegnati sul campo, si è organizzata per il recupero delle password e la messa in disposizione di device in comodato d’uso, ma la trafila ha richiesto tempo, anche per gli inevitabili problemi comunicativi, che sorgono laddove, per molte famiglie straniere, la lingua italiana non rappresenta ancora la lingua veicolare. E in tutto questo, i bambini? Felicissimi di “incontrarci” virtualmente, di risentire le nostre voci e di vedere i nostri volti. E questa è stata anche la nostra sensazione».

Come sarà elaborata dai bambini questa situazione?

«Penso che come insegnanti, ma ancor prima come genitori e adulti, dovremmo porci la questione di come i bambini elaborano questa situazione: il mio pensiero va soprattutto a chi ha genitori che ancora devono andare a lavorare, con tutto lo stress che ne deriva, a quei bambini costretti a vivere in alloggi affollati, senza spazi esterni, a quelli i cui genitori, magari impegnati in lavori saltuari, ora stentano ad avere le entrate necessarie al sostentamento e… ai bimbi disabili, privati prima di tutto della dinamica relazionale che la classe offriva».

«Che fare? Proviamo a parlarci, stiamo pensando a delle attività che magari nel prosieguo  facciano esternare il loro vissuto interiore e molti insegnanti mettono a disposizione il loro tempo e la loro professionalità per “raggiungere” queste famiglie più fragili. Di contro, chi avrebbe bisogno di una didattica potenziata, sente il peso di un procedere nell’apprendimento in tempi più dilatati».

L’insegnante conclude: «Laddove si riesce a mantenere un contatto, si fa comunque esperienza di cose belle, perché allora questa didattica a distanza può diventare anche didattica di vicinanza. Tra queste cose belle… la più divertente? Il racconto di un bambino che si esercitava con la nonna in un gioco sulle tabelline che gli avevo consigliato: la nonna era fiera, perché ad ogni turno lei migliorava la sua prestazione! La più rilassante? L’immagine che mi ha inviato un bambino del suo orto, preoccupato della crescita rallentata delle patate! Le più emozionanti? Le foto che i bambini mi inviano indossando un cappello geometrico realizzato con la carta, tutti… rigorosamente in pigiama».

(e.d.)

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