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Jesi Sotto le stelle del jazz, che serata alle Monnighette!

Giovanni Tommaso, Massimo Manzi e Andrea Molinari, con l’ospite in corsa Giacomo Uncini, trombettista jesino, per un evento targato Davide Zannotti, titolare dell’Hemingway Cafè, e Giancarlo Di Napoli

Jesi – Vedi, qualche volta basta una piazzetta del centro storico di Jesi, quella delle Monnighette, due personaggi che propongono alla città federiciana un programma chic, diverso dal solito e con una visione intercontinentale (neppure internazionale) se guardi i trascorsi dei musicisti presenti e puoi dire, con Paolo Conte, di esserti trovato “sotto le stelle del jazz”.

Davide Zannotti, titolare dell’Hemingway Cafè e Giancarlo Di Napoli, deus ex machina sin da ragazzino del jazz marchigiano e non solo, hanno proposto, a una piazzetta (un diminutivo che esprime affetto e intimità) colma e subito coinvolta dai pezzi ascoltati, un trio – con aggiunta di guest star (traduzione: musicista famoso che è entrato in corsa durante il concerto) – che ha messo un segno sulla presenza del jazz nella nostra città, ormai da anni considerato un altro fiore all’occhiello, come si dice, nel panorama musica e spettacolo dal vivo.

Insomma, c’erano Giovanni Tommaso al contrabbasso (una leggenda del jazz italiano venuto a Jesi perché, ha detto, «suonare in trio con Massimo Manzi e Andrea Molinari significa fare qualcosa di straordinario», poi, appunto Manzi, che ha uno stile batteristico e una versatilità che l’hanno portato col suo ensemble o con centinaia di partecipazioni,  in tutto il mondo, e infine Andrea Molinari, jesino purosangue, chitarrista compositore e arrangiatore, un talento che ha ottenuto, sin da ragazzino, premi e collaborazioni prestigiose e la cui tecnica di improvvisazione è pura personalità che dimostra una retroterra culturale, a livello musicale, molto solido.

Andrea Molinari e Uncini
Giovanni Tommaso
Massimo Manzi
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Ho avuto la fortuna di trascorrere l’intero pomeriggio del soundcheck in piazzetta, per rendermi conto di come nasce un concerto jazz, ricordando gli anni di “lungo corso” di Tommaso (l’ho incontrato la prima volta nel novembre 1974 al Pergolesi, in una serata di beneficenza insieme a Baglioni e Branduardi mentre lui era col suo gruppo di rock progressivo “Perigeo”).

Manzi? Gira il mondo ancor di più di prima ma la sua casa da quasi quarant’anni è a Senigallia, seppur nato a Roma. Quindi più che marchigiano, con il perenne sorriso sulle labbra. L’ospite in corsa? In effetti è stato un piacere e una sorpresa ascoltare Giacomo Uncini, trombettista jesino e ottimo compositore, per una volta senza il suo quartetto. Un colpo d’occhio, tutti e quattro, che fa pensare ad altre serate, magari più in qua.

Zannotti e Di Napoli tengono molto alla realizzazione di eventi come questo che, calati nello scenario delle Monnighette, non possono restare uniche. Sì, vabbè, dire “c’ero anche io” è normale per chi sa che il jazz proposto ieri sera, in cui l’improvvisazione regala un’altra lettura e interpretazione della partitura originaria, è un unicum.

Molinari ha confessato la sua emozione nel suonare a Jesi. Ma sa benissimo che il 2 settembre prossimo si esibirà, per il Festival Pergolesi Spontini, proprio al Pergolesi, per la prima volta. Con un gruppo …. ma di questo riparleremo a breve. 

Per la cronaca, questa la scaletta, per chi fosse interessato, ascoltata ieri sera: Long ago and far away (di Jerome Kern), Maestrada (di Giovanni Tommaso), Lullaby of Birdland (di George Shearing), SOS (di Giovanni Tommaso), Here’s that rainy day (di Jimmy Van Heusen), Bye bye blackbird (di Ray Henderson), Abbiamo tutti u blues da piangere (de i Perigeo) e Hoe-down (di Oliver Nelson).      

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