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Cronaca

FABRIANO ALLA SCOPERTA DI UNA CITTÀ SEGRETA

FABRIANO, 30 dicembre 2017 – Una città insolita e segreta, una città della carta che va più in profondità di una superficie “visibile” e “consueta”. Fabrizio Moscè e Giampaolo Ballelli nei giorni scorsi hanno raccontato storie dimenticate, partendo dalla proiezione di 5 video all’interno dell’Aera, nuovo locale (nato negli spazi del cinema Giano)  ed omonimo del celeberrimo ponte “nascosto” oggi sotto via Cialdini.

E proprio dalle esplorazioni per “comprendere” il destino dello storico ponte presente sullo stemma di Fabriano è partita questa ricerca delle radici antiche della città, andando a scovare sotto una delle strade più trafficate di Fabriano uno dei segreti meglio nascosti di tutta la città. Un ponte per anni “scomparso” e ritrovato  a partire dalla formella a pochi passi dalla Cattedrale e che rappresenta il ponte dell’Aera. Formella che si presume possa essere opera di Gentile di Fabriano. Non opera di fantasia,  perché quei quattro fornici che sono riprodotti nella formella sono veramente presenti. Opera da riscoprire e riscoperta ufficialmente nel 2014 con il Comitato Alla Scoperta del Giano con 4 arcate e 3 pile rostrate. Una scoperta archeologica unica, per un ponte che ancora oggi regge case e strade. Ponte citato anche da Giorgio Vasari, nella sua opera che analizzava i migliori pittori ed architetti da Cimabue a Michelangelo. Opera attribuita a Bernardo Rossellino, che si trasferì a Fabriano al seguito di Papa Niccolò V a causa della pesta che aveva colpito Lazio e Toscana.

Nei video anche il racconto della storia cittadina dal punto di vista delle pecore (razza Fabrianese), animale che più di ogni altro ha condizionato la vita e lo sviluppo della città. Centrale infatti fu lo sfruttamento della pelle dell’animale per la produzione delle celeberrime pergamene fabrianesi. Produzione che anticipò quella della carta. Un video che ha anche raccontato il processo di produzione, che un tempo si svolgeva nella zona delle conce.  Pergamene che poi venivano utilizzate nelle abbazie benedettine del territorio e non, dove gli amanuensi facevano largo uso delle pergamene prodotte dalla pecora fabrianese. Un prodotto che visse un vero e proprio “boom” vista la massiccia presenza di abbazie sul territorio, a presidio dei passi che da Roma conducevano al Santuario di Loreto e poi verso il porto di Ancona per salpare verso la terra santa.

E poi la storia dei sotterranei di Castelvecchio (proprio sotto il convento di Santa Caterina d’Alessandria) , profondi e dimenticati da anni, e quella delle leggende perdute di monaci eretici che forse hanno ispirato Umberto Eco per il suo “Il nome della rosa”. Una storia che si lega a quella dei Fraticelli, con una persecuzione durissima in tutta la Vallesina. Una zona che vide una loro grande presenza tra Maiolati, Poggio Cupro, Mergo e Massaccio (l’odierna Cupra Montana dove i Fraticelli erano soprannominati “barlozzàri” perché abitavano in comunità all’interno di una antica ed ampia cisterna chiamata localmente “Barlozzo”) questo perché in tutta la zona trovarono rifugio i dissidenti francescani, che appartenevano alla cerchia di Michele da Cesena. Da ricordare anche che nel 1449 alla presenza di Papa Niccolò V (al secolo Tomaso Parentucelli) e  San Giacomo della Marca, vennero bruciati al rogo in piazza Garibaldi dodici fraticelli.

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