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Jesi “De bello gallico”, al Pergolesi la prima mondiale dell’opera di Nicola Campogrande

Le imprese di Giulio Cesare in chiave moderna stasera alle 20.30 con replica domenica alle 16, ieri l’anteprima per gli studenti del progetto “Musicadentro”

Jesi – Anche quest’anno la Fondazione Pergolesi Spontini introduce un’opera contemporanea nel cartellone della lirica di tradizione del Teatro Pergolesi e scommette sui giovani artisti.

Il Teatro ospiterà, infatti, la prima mondiale dell’opera contemporanea “De bello gallico” con musica di Nicola Campogrande su libretto di Piero Bodrato dai Commentarii omonimi di Caio Giulio Cesare.

Terzo titolo del cartellone della 56esima Stagione Lirica di Tradizione del Teatro Pergolesi, l’opera debutta stasera, venerdì 24 novembre alle 20.30, con replica domenica 26 novembre, ore 16, accessibile anche a un pubblico di non vedenti e non udenti. L’anteprima giovani si è svolta ieri, giovedì 23 novembre, riservata ai partecipanti di “Musicadentro 2023”.

«Ancora una volta il nostro teatro si connota come palestra per giovani artisti – ha sottolineato Lucia Chiatti, direttore generale della Fondazione, nella conferenza stampa di presentazione dell’opera – la più grande sfida è far parlare la musica di oggi. Il coinvolgimento dei giovani riguarda anche il pubblico, grazie al progetto di educazione musicale Musicadentro, che porta i giovani ad assistere alla lirica», a cui hanno aderito scuole di Jesi, Ancona, Fabriano, Falconara, Senigallia e Sassoferrato per un totale di 1.950 partecipanti.

La direzione è affidata al maestro Giulio Prandi, tra i più stimati interpreti in festival e teatri internazionali, particolarmente attivo in ambito barocco. Suona il Time Machine Ensemble, canta il Coro Universitario del Collegio Ghislieri, maestro del coro Luca Colombo. La regia è di Tommaso Franchin, già regista a Martinafranca di Opera Italiana di Campogrande / Bodrato. Le luci sono di Marco Scattolini.

Giulio Prandi, Nicola Campogrande e Tommaso Franchin

«Mettere in scena le opere di compositori viventi ci dà la dimensione di una lirica che continua a rinascere e non è legata solo ai miti che hanno fatto la storia», ha sottolineato Cristian Carrara, direttore artistico della Fondazione Pergolesi Spontini.

«Nell’opera contemporanea siamo di fronte a una musica che racconta la tradizione attraverso un linguaggio che parla alla contemporaneità», ha spiegato il maestro Giulio Prandi.

Scene e costumi sono affidati a Daniel Mall e Gabriele Adamo, i due studenti che hanno ottenuto una scrittura artistica in questa produzione in quanto vincitori della terza edizione del concorso dedicato a Josef SvobodaProgettazione di Allestimento scene e costumi di Teatro Musicale” riservato a iscritti al Biennio di Specializzazione in Scenografia delle Accademie di Belle Arti di Macerata, Bologna, Venezia e Carrara. Il concorso è una nuova modalità per valorizzare giovani creativi che possono vedere realizzato il proprio progetto.

Protagonista nel ruolo di Cesare è il baritono Giacomo Medici, reduce da una felice tournée in Corea del Sud nel ruolo di Rigoletto e in Giappone come Alfio in Cavalleria Rusticana. Completano il cast due talenti dalla promettente carriera: il tenore Oronzo D’Urso, che canta nel doppio ruolo di Aulo Irzio/Vercingetorige, e il soprano ucraino Nikoletta Hertsak nel ruolo della Figura Allegorica.

De bello gallico è un’opera che, attraverso la figura e le imprese di Giulio Cesare, affronta con tono leggero i meccanismi del potere, dell’autocelebrazione, della seduzione delle masse, della guerra. Tutti temi drammaticamente molto attuali. Il libretto è liberamente derivato dai Commentarii de bello gallico, uno dei libri più famosi di tutta l’antichità, dedicato alla cronaca della lunga serie di campagne militari che, tra il 58 ed il 49 a.C., portarono il console Gaio Giulio Cesare a conquistare la Gallia Transalpina.

«È l’opera che celebra l’impresa del condottiero, nel linguaggio scarno del resoconto militare, ma è anche il testo che fonda la grandezza del futuro dictator perpetuus di Roma, personaggio storico tra i più famosi di tutti i tempi e purtroppo modello di molti futuri dittatori che si sarebbero affacciati al palcoscenico della storia», spiega il librettista Piero Bodrato.

Firma la musica Nicola Campogrande, autore di un ricco catalogo orchestrale e da camera, e di numerosi lavori di teatro musicale tra cui #Folon, Opera italiana, La notte di San Nicola, I due usignoli, Macchinario, Lego, Alianti.

«Con i mezzi, i ritmi, il suono della contemporaneità, in ogni mia partitura cerco di non perdere mai di vista il piacere, sensoriale e intellettuale», spiega il compositore.

«In questo senso, il De bello gallico prosegue la tradizione dell’opera buffa italiana – seppur con qualche momento commovente o drammatico – con arie, cori, duetti, concertati che, con un linguaggio nuovo, si collegano a strutture codificate e riconoscibili dal pubblico. Le melodie sono chiare, memorizzabili. E la scrittura strumentale nasce in supporto alle voci, per mettere in evidenza la gioia di raccontare una storia attraverso il canto».

Nell’opera, Cesare incarna, alternandole, due figure. La prima è il Cesare della tradizione, il personaggio storico, l’uomo politico spregiudicato che, attraverso il racconto delle proprie imprese, sta costruendo la propria immagine. La seconda è invece quella dell’essere umano. Vanitoso, intelligente, abile manipolatore, spietato con i nemici quanto con gli stessi romani quando non gli siano alleati e fedeli, impegnatissimo in alleanze e intrighi, impassibile ma nevrotico e vittima di feroci mal di testa.

Intorno al protagonista del De Bello si muove il coro maschile, che rappresenta di volta in volta due gruppi umani: le moltitudini dei suoi legionari (rappresentati dall’amata Decima Legione), infaticabili combattenti, sorprendenti ingeneri, militari disciplinatissimi e micidiali, e le moltitudini dei popoli della Gallia, sconfitti, umiliati e cancellati da Cesare.

Con loro è presente in scena anche un soprano, una Figura Allegorica che rappresenta di volta in volta – e sorprendendo tutti – personaggi diversi: si presenta, infatti, a seconda delle occasioni, come la Fortuna, la Gloria, Roma… E poi c’è un tenore: nel primo atto interpreta lo scrivano di Cesare, Aulo Irzio, che si occupa di stendere i Commentarii De bello gallico nel secondo atto veste invece i panni di Vercingetorige, che prima è l’icona della resistenza gallica e poi diventa lo schiavo in catene presso la tenda di Cesare.

«Questa – ha detto il regista Tommaso Franchin – è una storia che parla, ovviamente, di Giulio Cesare e della sua impresa, ma parla anche della nascita di un dittatore, parla di conquiste, di dominazione, di colonialismo, del sentimento di superiorità che anima chi sottomette e conquista un altro popolo. Parla, in un certo senso, di noi europei. Cerco di costruire, in scena, un mondo che racconta tutto questo».

Un libretto disseminato di metafore sportive «“… L’incontro ai punti non lo perdo!” esclama Cesare all’attacco di Gergovia. Assedi e guerre come match decisivi, come partite finali. E allora la scena sarà una gradinata da cui assistere alla sfida, alla nascita di un leader, una gradinata da cui invocare il proprio capo, e da cui rovesciarlo. E chi cade più fragorosamente di un campione, un campione di boxe? E dove se non nello sport il culto del corpo arriva ai massimi livelli e così anche la narrazione e il culto del campione?».

(t.f.)

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