Segui QdM Notizie
;

Eventi

Jesi “Fiori sulle barricate”, le donne nella Repubblica Romana – Video

Il convegno organizzato a Palazzo Busaccioni dai repubblicani europei in occasione dell’anniversario di quei mesi del 1849 di illusione di una libertà ideale, ideologica e personale

Jesi – Raccontano le cronache di allora. “All’alba del 9 febbraio 1849, Roma si sveglia con una pelle nuova. Goffredo Mameli invia a Giuseppe Mazzini un telegramma, con tre parole. Roma! Repubblica! Venite!” . 

Inizia così l’avventura della Repubblica Romana del 1849 che lasciò (ma si capì tardi, come sempre accade da noi) un’impronta definitiva e decisiva anche se finì, pochi mesi dopo, quando una strenua resistenza venne piegata dalle cannonate impietose dei francesi, che fecero strage dei difensori del Gianicolo.

Di questo, nell’anniversario della Repubblica Romana, si è parlato in un affollatissimo convegno organizzato dal Movimento repubblicani europei, Mre, di Jesi, ospitato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, a Palazzo Bisaccioni.

Il tema, che prende spunto dai fatti del 1849, ha solleticato gli organizzatori che hanno voluto approfondire la ricerca storica intorno a quei pochi mesi di illusione di una libertà ideale, ideologica e personale, centrando l’obbiettivo su  “Le donne nella Repubblica Romana”, sul loro ruolo di protagoniste attive su ogni fronte, non solo arruolate come infermiere o crocerossine ma divenendo, nell’immaginario collettivo, veri e propri “Fiori sulle barricate”, diventato il titolo del convegno. 

Non solo in senso metaforico. Dopo il saluto del presidente della Fondazione, Paolo Morosetti, catturato dall’argomento trattato, ha proseguito Mario Sardella, presidente del Centro Cooperativo Mazziniano, che ha letto un messaggio del sindaco Lorenzo Fiordelmondo in cui, tra le altre cose, si dice che «la cultura repubblicana della Patria affonda le sue radici nelle donne, sempre più impegnate e sempre più presenti, soprattutto in questa straordinaria avventura della Repubblica Romana».  

Il professor Marco Marinucci ha raccontato, anche con l’aiuto di foto dell’epoca, fornite dalla professoressa Maria Pia Critelli che non è potuta intervenire per motivi di salute, le donne del e nel nostro Risorgimento. Che costruirono barricate, adornandole con fiori, che sventolavano una bandiera con una croce, segno non religioso ma che stava a indicare la crociata di liberazione dallo straniero, i moti palermitani, altre stampe o foto tratte dalle Cinque Giornate di Milano in cui veniva sventolata una bandiera a bande orizzontali.

Mazzini che parla di “libertà, uguaglianza, umanità”, prendendo quasi le distanze dal “liberté, égalité, fraternité”, intendendo, il Mazzini, con il termine umanità, che «Dio è Dio, e l’Umanità è il suo Profeta».

E poi scorrono sullo schermo “Peppa la cannoniera”, la “busona”, sempre e comunque donne che incitano a combattere o guidano gli insorti. Segue la prima giornalista americana, che possiamo definire corrispondente di guerra dall’Europa per il NewYork Tribune, una giovane Margaret Fuller, pioniera del giornalismo femminile statunitense, una vera donna emancipata che, fra le altre cose, scrisse a lungo su quello che, allora, era definito il Selvaggio West, e i cattivi erano gli indiani, pardon, i nativi.

Intrepida giornalista, i suoi reportage sono raccolti in un libro e la sua penna ispirò Henry James, Emerson e Hawthorne. Già prima di arrivare in Italia, Margaret Fuller aveva incontrato Giuseppe Mazzini a Londra e ne era rimasta colpita, il suo pensiero radicale le farà innegabilmente da bussola nell’intricata situazione politica italiana, però senza rinunciare alla sua libertà di giudizio.

Considera Mazzini “un uomo di talento”, sa che “ha una mente di gran lunga in anticipo rispetto ai tempi e in particolare rispetto alla sua nazione (…)”.

Ma le donne d’azione e di pensiero erano tante, fra queste il professor Marinucci ha raccontato di Colomba Antonietti, il cui ritratto arricchisce il manifesto del convegno, morta a 23 anni proprio mentre stava difendendo la Repubblica Romana. 

La sua biografia racconta che “nel 1848-1849 il marito aderì alla Repubblica Romana. Colomba, romantica figura, per combattere al suo fianco si tagliò i capelli e si vestì da uomo indossando l’uniforme da bersagliere, dimostrando intelligenza, coraggio e valore, tanto da meritarsi l’elogio di Giuseppe Garibaldi”. 

Nell’assedio di Porta San Pancrazio morì sotto il fuoco dell’artiglieria francese, in difesa della Repubblica Romana.

“Colpita in pieno da una palla di cannone il 13 giugno, spirò pochi istanti dopo tra le braccia del marito; la tradizione vuole che morendo avesse mormorato: “Viva l’Italia”. Al funerale, la bara era coperta di corone di rose bianche e dalla sciarpa tricolore. La musica militare suonava l’inno funebre dei martiri d’Italia “Chi per la patria muor vissuto è assai”, seguita da una grande folla”. 

In sintesi, il coinvolgimento fattivo, attivo, geniale e ideale della donna, è sempre stato un punto d’orgoglio per la nostra Nazione. Le donne sono state veramente tante, “ciascuna sul suo fronte di guerra”.

La segretaria del Mre, Katia Mammoli, ha voluto concludere il convegno prima elencando “I doveri della sposa”, un manifesto ecclesiastico del 1895, in cui «la donna aveva assunto il ruolo di indifesa creatura in cerca di sostegno e protezione».

Mentre la storia ci insegna ben altro, ci regala molti esempi di donne forti e capaci che hanno saputo dimostrare il loro valore in tutti i campi. 

«Non dimentichiamo le donne repubblicane e mazziniane di Jesi, come Gemma Perchi e Letteria Belardinelli, che hanno conquistato con il loro lavoro valori fondamentali per la nostra libertà sociale».

La video intervista con il professor Marco Marinucci

© riproduzione riservata

News