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Jesi “La fermata al Caffè Centrale” con Franco Duranti

Un libro, presentato a Palazzo Bisaccioni, dalla sensibilità unica, poetico e duro allo stesso tempo

Jesi – Spesso il segreto per il successo di un libro sta nella copertina.

Oppure è nascosto nella quarta, dove vanno gli occhi discreti di chi vuole subito entrare in sintonia col romanzo. Talvolta, invece, sta nella semplicità della narrazione di momenti importanti della nostra vita.

Sì, perché dai, non fate finta di non saperlo, ma non c’è un libro che non contenga un refolo, dolce o amaro, di giovinezza o di passato dell’autore. Queste tre componenti appena esposte, stimolano, secondo me, ad approcciare un libro, “La fermata al Caffè Centrale”, di Franco Duranti, editore Affinità Elettive, che ha in più quel quid che ti muove dentro un mondo.

Ruffiano, non ce ne voglia l’autore, inizia con un incipit che ti lega alla sedia. E che ti spinge ad andare avanti.

“Quando si rividero in occasione del funerale di sua zia quasi centenaria, Fausto era andato in pensione da poco. Lui la sua vita l’aveva trascorsa tra macchine tipografiche e carta stampata. Dolce, invece, dopo quell’anno piuttosto turbolento, cambiò marcia e s’immerse nello studio. Dopo le medie che riuscì a terminare senza intoppi, si iscrisse al liceo e infine frequentò la facoltà di Lettere. Si dedicò all’insegnamento, anche grazie ai consigli del professor Achille. Era trascorso più di mezzo secolo da quel loro primo incontro. Fausto era cambiato, come tutti d’altronde. Gli anni, in maniera implacabile, avevano lasciato segni profondi”. 

La trama è facilmente spiegabile, entrare poi nei meccanismi psicologici della crescita intorno a dieci, undici anni, diventa più complicato. 

In un rigido pomeriggio di novembre del 1960 il giovane Fausto è costretto a lasciare la sua casa di città a Jesi, la sua scuola e gli amici e viene catapultato senza il suo volere a Montemarciano, un piccolo paese marchigiano situato sul cucuzzolo di una collina, a due passi dal mare.

La mamma di Fausto è stata appena ricoverata per gravi problemi di salute e il padre decide di affidarlo a sua sorella. Ad attenderlo alla fermata della corriera, oltre alla bella zia Flora, c’è Dolce, un ragazzino che ha saputo del suo arrivo dal maestro Ruspanti. Tra i due giovani si instaura subito un rapporto di empatia. E, nei due mesi che precedono il Natale, vivono nuove esperienze ed emozioni forti che provocano in loro interrogativi e turbamenti interiori.

Questa la trama del libro, presentato di fronte a un ottimo pubblico, a Palazzo Bisaccioni, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, presente anche l’editore Valentina Conti.

Dove si è consumato un pomeriggio molto ben condito fra brani letti e commentati musicalmente da Patrizia Giardini e Marcello Moscoloni, dalla puntuale e applaudita partecipazione dello psicologo Claudio Fratesi che ha approfondito, con i suoi interventi, le dinamiche relazionali fra il giovane Fausto e l’importanza della crescita e dei cambiamenti non solo di città o paese ma anche quelli generazionali.

La critica Susanna Polimanti ha poi contribuito, prima del dibattito finale, ad arricchire il pubblico con le sue profonde e coinvolgenti considerazioni sul libro e sulla sensibilità narrativa di Franco Duranti. Il dibattito, dicevamo, è stato acceso e coinvolgente.

Un libro dalla sensibilità unica, poetico e duro allo stesso tempo, che non cerca il famoso “e vissero felici e contenti”, merita tutta l’attenzione del mondo. Di quello di oggi e di quello che verrà. 

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