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Cronaca

Jesi La protesta: Agrinsieme contro Bruxelles, ma anche contro Roma e Ancona

Appoggio pieno agli agricoltori senza bandiere in nome dell’unità ma oltre alle accuse contro le regole UE non mancano le critiche al Governo centrale, a quello regionale e a chi strumentalizza per fini elettorali

Jesi – Pieno appoggio ai colleghi agricoltori che protestano, ma che la contestazione non sia solo per le penalizzanti politiche ambientali europee, anche verso l’ambiguità dei governi nazionale e regionale. Agrinsieme punta il dito, oltre che contro i Palazzi di Bruxelles, anche contro quelli di Roma e Ancona, rei, a loro dire, di appoggiare pubblicamente le proteste della categoria ma di voltarsi dall’altra parte quando si tratta di adottare atti concreti a favore degli agricoltori.

Le ragioni delle associazioni di categoria che aderiscono alla Agrinsieme Marche, ovvero Cia, Confagricoltura, Copagri, Aci (che unisce Agci-Agrital, FedeagriConfcooperative, Legacoop agroalimentare) e Frima, sono state espresse questa mattina nel corso di una conferenza stampa tenutasi presso il Consorzio Agrario di Viale Trieste.

Per avere un’idea del peso che ha l’unione di tutte le sigle rappresentate basti pensare che Cia, Confagricoltura e Coopagri rappresentano circa 57.000 associati e quasi 8.000 lavoratori dipendenti, la Frima (Federazione regionale imprese meccanizzazione agricola) associa 1.130 aziende con fatturato di 102 milioni annui, mentre l’Alleanza delle Cooperative Italiane (Aci) vanta 9.000 soci e crea 3.200 posti di lavoro per un fatturato annuo di 1,2 miliardi solo nelle Marche.

«Gli agricoltori sono scesi in piazza per rivendicare una giusta politica agricola da parte dell’Unione Europea – ha spiegato Nevio Lavagnoli, coordinatore Agrinsieme Marche -, che le nostre sigle non hanno mai condiviso e da tempo contestano. Noi siamo vicini a questo movimento che, superando logiche di parte, si mette insieme e sta marciando verso Roma in modo pacifico, cercando di arrecare meno disagi possibili alla collettività».

Gli agricoltori partiti dalle Marche non hanno portato la bandiera della propria associazione di categoria «perchè portare un vessillo significava dividere il movimento, mentre noi oggi abbiamo l’esigenza che il mondo degli agricoltori sia fortemente coeso».

Nonostante ciò, sono stati rimarcati alcuni distinguo nei confronti sia di chi protesta solo contro gli Ecoschemi della UE, che del Governo Meloni, il quale «invece di ascoltare tutte le Associazioni ne ascolta solo una» (con il chiaro riferimento alla Coldiretti, maggiore associazione nazionale di categoria).

Da qui l’altolà di tutte le sigle riunite a Jesi a chi vuole salire sui trattori della protesta a fini elettorali.

«La politica agricola comunitaria – ha spiegato Nevio Lavagnoli – si fa con tutti i governi nazionali che si incontrano nella Commissione Agricola Europea e alla fine ratificano gli accordi che scaturiscono dalle trattative. Il Governo attuale ha ratificato, al pari di quelli che lo hanno preceduto, questi accordi contro i quali oggi la nostra categoria protesta. Ed ora c’è il pericolo che chi ha approvato queste regole in Europa strumentalizzi le nostre manifestazioni, che sono contro quello che hanno ratificato loro stessi a Bruxelles. Ma nel trattore c’è un posto solo: quello per l’agricoltore!».

Un messaggio forte quello del coordinatore regionale di Agrinsieme al Governo centrale, esteso anche a quello regionale che «per quanto abbia meno responsabilità» è stato accusato di «seguire logiche di schieramento» e quindi essere «appiattito sulle posizioni dettate da Roma».

«Stanno tentando di far passare l’idea – ha commentato Alessandro Taddei della Cia Marche – che la problematica sia dovuta solo alle scelte, pur penalizzanti, dell’UE. L’Unione dà le linee guida, ma sono i Governi nazionali che devono applicarle».

A fare il quadro ella situazione di estrema difficoltà in cui versa l’agricoltura della nostra regione, prevalentemente cerealicola, ci ha pensato Luciano Petrini della Frima, che ha spiegato come la protesta sia venuta fuori a gennaio perchè in questo mese «le cose che vai a vendere non riescono a compensare le spese per produrle».

Questo poichè il raccolto è stato scarsissimo e di bassa qualità, il prezzo è crollato, i costi di produzione nel 2022 e 2023 sono andati alle stelle e le aziende agricole si sono accorte di non avere più soldi.

«La politica europea – ha ribadito Antonio Trionfi Honorati, presidente di Confagricoltura Ancona – è schiacciata su posizioni verdi. I politici vogliono che si curino le campagne come giardini e non come campi in cui produrre cibo per tutti. Questo ci pone in condizioni di stress e siamo anche tacciati come gli inquinatori del mondo. Niente di più falso. Basti pensare alle api, che ogni agricoltore che voglia definirsi tale tratta come le maggiori alleate, perchè senza l’ape noi non avremmo nulla da raccogliere».

L’apertura di un tavolo trasversale con la Regione è stato auspicato da Stefano Burattini dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, il quale spera che «ci sia un cambio di passo che ci veda più attori protagonisti a partire dai confini regionali, perchè se vogliamo ottenere qualcosa in Europa bisogna farlo per step intermedi».

Sulla stessa lunghezza d’onda è Andrea Passacantando, il quale ha ricordato come proprio le Marche siano state alcuni anni fa «la prima regione a legiferare mettendo l’agricoltore al 1° posto come custode dell’ambiente».

Il rappresentante di Coopagri Marche ha tracciato poi la sottolineatura «sul problema serissimo del credito, perchè tutta la liquidità che le aziende avevano è stata usata per pareggiare i costi in perdita», notando come oramai su ogni euro speso dal consumatore per l’acquisto di prodotti derivanti dall’agricoltura «solamente 15 centesimi restano nelle tasche dell’agricoltore».

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