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JESI MARINO CAROTTI, IL CANTORE DELLE NOSTRE RADICI (video e foto)

Vi proponiamo la sua canzone mai incisa “Jesi la mia città” e presto uscirà un album di suoi inediti

JESI, 13 ottobre 2019 – Gli ultimi anni hanno segnato nella vita del cantautore – cantastorie – filologo – ricercatore – psicoescavatore nell’anima popolare (spero di avere preso almeno un neologismo, così si va anche sulla Treccani) che si firma Marino Carotti, una svolta interessante. Fatta per gradi. Musicista pignolo come un picchio che bussa nel legno dell’albero finché non gli risponde, sta mettendo in fila – prima dell’uscita del prossimo disco che è prevista per il 2020 e un nuovo libro (sti scrittori quando partono non se la finiscono più…) – i pezzi degli ultimi avvenimenti che gli hanno cambiato la prospettiva.
Conoscono tutti la storia di Marino Carotti: nelle foto d’epoca (veramente era una bella epoque, senza fraintendimenti, però), si scorge una chitarra grande e dietro un piccolo riccioluto in bianco e nero, che emerge e la tiene in mano con una maestria che negli anni stupirà nei veglioni, nei teatri, nelle balere estive.

Ma a Marino cantare e suonare con in testa Dylan o De André, aveva fatto scoppiare l’ossessione di ricercare le nostre radici. Ha incontrato Gastone Pietrucci, La Macina, e ha iniziato insieme a lui la strada “popolare”, quella che porta poi alla curiosità di sapere da dove veniamo.

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Giovanni Filosa, Marino Carotti e Gastone Pietrucci

«Gastone Pietrucci mi ha trasmesso la voglia di compiere una ricerca filologica sul campo. Così ho imparato a lavorare sulla tradizione orale. Amavo già il canto popolare, era come se mi sentissi dentro una predisposizione naturale per questo genere. Il canto popolare in genere è una fonte di cultura, e anche quello marchigiano è importante, ma formativi restano il rigore e un’analisi minuziosa sull’autenticità dei pezzi. Col tempo è entrato in me il desiderio di fare una ricerca tutta mia, mettermi in proprio».

«Sono andato girovagando per case e campagne delle Marche, io giovinotto intorno agli anni Novanta, con un registratorino a batterie, e mi fermavo ovunque capissi o sapessi che c’era, in quel casolare o lungo quelle viti, qualcuno che mi  potesse testimoniare il passato popolare, quello che transitava di bocca in bocca, la cosiddetta tradizione orale – e non voglio scomodare Omero – fatta di canzoni appena accennate, di vicende che potevano essere raccontate come in un film di Bertolucci, ricordate “Novecento”?, tanto erano affini. Delitti, passioni, canti di libertà, i cosiddetti informatori mi hanno regalato, con la loro voce, un pezzo della nostra storia. Della nostra anima. In sostanza, se vieni a casa mia, puoi trovare oltre mille canti e chiacchiere popolari, meticolosamente catalogati. Nel tempo molti li ho riarrangiati, poi è arrivato il disco “Galantòmo fu mio padre”, che è stato accolto molto bene, più di quanto pensassi, tanto che questo mi ha spinto ad andare avanti».

«È nato il secondo disco, intitolato “Il sole si fermò di camminare”, anche questo carico di canti di innamoramento, infantili, licenziosi, uno scrigno prezioso per quanti vogliono capire il passato e affrontare al meglio il presente e il futuro».

Ma non basta, Marino scrive un libro importante e determinante per la nostra cultura, che ha riscosso, nelle numerose presentazioni che ha avuto un po’ ovunque, un tributo di grande affetto e di stima. Una fatica letteraria, davvero, che si intitola “Né acqua, né luce, né strada …”, Le Mezzelane Editrice. Marino vuole sempre di più sapere, attraverso testimonianze dirette, quanta strada ha dovuto percorrere l’uomo prima di arrivare a quello che siamo, vogliamo, facciamo.

Un libro d’autore, in sostanza, al quale ha regalato la prefazione uno studioso come Franco Musarra, amante ricambiato di tutto quello che è ricerca, soprattutto se genera poesia, uno studioso catturato dalla tradizione popolare, che ama trovare fra le pagine, e ripercorrere le gerarchie familiari, le fiere del bestiame, le serenate e i canti di protesta, le ripetizioni, più o meno improprie, delle parole, i canti dei cantastorie. Questo libro sta andando alla grande, tante presentazioni a Jesi (due nello stesso giorno durante La notte dei Musei, a Palazzo della Signoria!) e Musarra stesso l’ha presentato, con Marino, nel gioiello che è il Teatro dell’Apiro, cui Carotti è legato sin da piccolo e per il quale ha scritto un brano musicale che è piaciuto moltissimo.

A proposito di canzoni nuove, Marino è tanto attaccato alla sua Città che ha scritto un bellissimo pezzo, Jesi la mia città, mai inciso, che vi proponiamo nel video registrato il 2 maggio scorso al Piccolo di San Giuseppe in occasione della presentazione del libro di Oscar Sartarelli, Aspettando il raggio verde.

E, sorpresona delle sorpresone, è dietro l’angolo la pubblicazione di un album di inediti. E adesso, da casa, può partire il televoto!

Giovanni Filosa
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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