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Attualità

L’ARTICOLO Adesso è tempo di solidarietà e responsabilità

In questo tempo di incertezze «abbiamo bisogno di un umanesimo rigenerato che attinga alle sorgenti dell’etica»

CASTELPLANIO, 17 maggio 2020«Noi continuiamo a prevedere il 2025 e il 2050 quando non siamo in grado di comprendere il 2020. L’esperienza delle impreviste eruzioni nella storia non ha quasi penetrato la coscienza. Tuttavia, l’arrivo di un imprevedibile era prevedibile, ma non la sua natura. Da qui la mia massima permanente: “Aspettati l’inaspettato”. Abbiamo bisogno di un umanesimo rigenerato, che attinga alle sorgenti dell’etica: la solidarietà e la responsabilità, presenti in ogni società umana. Essenzialmente un umanesimo planetario». (Edgar Morin)

«Poni attenzione all’inatteso!»

L’origine del virus, le mutazioni che subisce o potrà subire durante la sua propagazione, quando la pandemia si ridurrà, oppure se il virus diventerà endemico; le conseguenze psichiche, familiari e coniugali del confinamento; le ricadute politiche, economiche, nazionali e planetarie del dramma.

«Non sappiamo se dobbiamo attenderci il peggio o il meglio, o una mescolanza dei due: andiamo verso nuove incertezze». (E. Morin, Le Monde 18-19 aprile). L’attuale momento ha esacerbato difficoltà, sospetti, malesseri diffusi, dolori e persino rancori. Non è il momento di amplificarli. Ma piuttosto di essere modesti costruttori di legami, di coesione, di riconoscenza.

«La civilizzazione è un bene invisibile perché riguarda non le cose, ma i legami simbolici che legano l’uno all’altro, in questo modo e non diversamente», sottolineava Antoine de Saint-Exupéry in una lettera terribile e vibrante (30 luglio 1944).

Riparatori di brecce

Le generazioni future si ricorderanno di noi se saremo “riparatori di brecce”. «La tua gente edificherà le rovine antiche – leggiamo nella Bibbia – ricostruirai le fondamenta di trascorse generazioni. Ti chiameranno riparatore di brecce e restauratore di strade perché siano popolate». (Isaia 58,12)

Riparare le brecce, rimettere in uso le strade non significa occuparsi solamente delle nostre regioni o nazioni, del nostro avvenire – anche se lo si deve fare – ma creare legami che ci uniscano a tutti, per essere costruttori del nostro destino comune, rovinato da tanti drammi e da questa prova collettiva, vera catastrofe. Riparatori di brecce, non significa rifare tutto come prima. Ci verrà chiesto di essere anche costruttori di novità, non con la pretesa assai fallace di fare tabula rasa della memoria.

Se siamo degli assetati di giustizia, di bellezza e di verità, di Dio stesso, affronteremo il rischio di una speranza lucida per camminare nel futuro. La novità può nascere dove non la si attende. Quali che siano le nostre forze, il nostro ruolo, la nostra età, vogliamo essere all’altezza della sfida per «parlare assolutamente agli uomini» come affermava ancora Saint-Exupéry nella lettera già citata.

Tutti vulnerati

Durante questo tempo e per l’avvenire, la nostra inquietudine sarà necessariamente quella di proteggerci e proteggere gli altri, specialmente i più fragili. È il nostro primo e insuperabile compito fraterno. E molti fra noi hanno avvertito il dolore di non aver potuto farlo per tutti. L’inattesa prova ci ha dolorosamente ricordato che, se pensavamo di essere definiti dai nostri ruoli, dal nostro potere, dalla tecnica, dalla volontà di incrementare sempre più la capacità di dominio su noi stessi, sugli avvenimenti, sul futuro, ci siamo invece arresi davanti a una passività essenziale.

Ci siamo accorti della nostra vulnerabilità – che deriva dal vulnus, “ferita” – per la possibile alterazione del corpo, la sua esposizione alle malattie e il suo bisogno di cura e degli altri. Questa vulnerabilità non ci paralizzi, non ci accartocci, ma ci rinvii alla nostra responsabilità per gli altri e per prendere parte alle prove comuni.

Un umanesimo rigenerato

«Non vedo come si potrebbe esortare gli spiriti e le intelligenze ad affrontare la complessità dell’umano, della vita, della società, del mondo, senza una riforma dell’educazione e della formazione. Non abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo, abbiamo bisogno di un umanesimo rinvigorito e rigenerato .La post-epidemia sarà un’avventura incerta in cui si svilupperanno le forze del peggio e quelle del meglio, quest’ultima ancora debole e dispersa. Infine, sappiamo che il peggio non è certo, che l’improbabile può accadere e che nella battaglia titanica e inestinguibile tra i nemici inseparabili che sono Eros e Thanatos, è salutare ed energico schierarsi dalla parte di Eros». (E. Morin)

Papa Francesco in quella piazza vuota di San Pietro il 27 marzo, con la sua autorevolezza propone un’analisi reale e condivisa del nostro mondo: «La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli».

Questo è il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è.

Responsabili e solidali

Mentre andiamo verso una graduale apertura, vogliamo dimostrare la nostra capacità di collaborare, di aprire cuore e mente per risorgere e riprendere il cammino partendo dalla logica dell’amore e della collaborazione tra tutti. Ci promettiamo di riportare la persona umana al centro di ogni progresso, della stessa economia e di ogni progetto di futuro!

A questo scopo sarà anche necessario, come afferma Massimo Recalcati, che «la politica dia l’esempio di come inaugurare una stagione inedita nella quale il cambiamento non sia vissuto come un pericolo dell’ordine costituito, ma come una grande possibilità. È la partita che sta stringendo l’Europa all’angolo: la sua esistenza si rivelerà solo burocratica o saprà dare prova della sua forza e del suo coraggio? L’occasione che le nostre istituzioni hanno è storica: ricuperare la loro dignità mostrandosi in grado di farsi umane, commoventi, misteriose e poetiche, come direbbe Pasolini, oppure naufragare in un mare di carta».

Si richiede modestia a tutti: agli scienziati, ai politici, ai protagonisti del mondo condiviso di ieri, come alla Chiesa e a ciascuno di noi. Rinunciare alle certezze, alle idee indiscusse, alle pretese facili, abbandonando ogni presunzione perché se «le cose continuano come prima, ecco la catastrofe» (Walter Banjamin).

Verrà il momento che, come cittadini responsabili di questo Paese, potremo dibattere le misure prese o non prese. Ma adesso è il tempo della solidarietà e responsabilità.

Anna Maria Vissani

grafologa e counselor

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