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Festival La quattro giorni dedicata a Federico II e alla sua ricerca della pace

Il direttore scientifico Fulvio Delle Donne: «Abbiamo parlato dell’attualità dell’imperatore e divulgato temi importanti, soprattutto oggi, in maniera semplice, ma precisa», l’ideatore e direttore William Graziosi: «È stato un viaggio emozionale che vogliamo proseguire portando per il.mondo lo svevo e i suoi insegnamenti» 

Ancona– Si è chiusa ieri alla Mole Vanvitelliana di Ancona la prima parte del Festival “Federico II – Stupor Mundi”, una seconda sessione è in programma a Jesi, all’Hotel Federico II dal 9 all’11 maggio..

Per quattro giorni diversi studiosi si sono alternati sul palco per parlare di Federico II e della sua figura nella storia, affrontando i temi, particolarmente attuali, della crociata della pace e della cultura del dialogo.

La sessione della giornata di ieri, domenica 14 aprile, è stata condotta dal professor Agostino Paravicini Bagliani che ha voluto sottolineare come «in questo Festival si sia parlato di Federico II, ma non in maniera mitizzante, analizzandone la realtà storica».

Il suo scontro con il papato «è stato da stimolo nel governo quotidiano – ha detto Paravicini Bagliani – e la sua visione politica ha contribuito a cambiare il mondo».

Il professore Andrea Mazzucchi ha portato ad Ancona una lezione sulla scuola poetica siciliana, «della quale non sapremmo nulla senza il Canone Vaticano Latino 3793, ma leggendo quel Canone ci rendiamo anche conto di quello che abbiamo perduto».

Mazzucchi ha ricordato come Dante scriva «della nascita della scuola poetica siciliana, che ha avuto il suo fulcro in Federico II, autore egli stesso di alcuni componimenti: non è il capostipite della scuola, ma è sicuramente il promotore di un rinnovamento, operato sulla scia dei trovatori. Una prova della volontà politica di promuovere la poesia, controllandola, risiede nell’espunzione di qualsiasi tema che non sia quello erotico, quindi niente politica, lasciata prevalentemente ad altri ambiti».

Il professor Pietro Colletta si è soffermato sull’importanza della lingua latina nella corte di Federico.

«L’uso del latino – ha detto – è centrale nelle dinamiche politiche e di governo di Federico II: il nucleo è insito nello stile dell’ars dictaminis, cioè nella sfarzosa rivisitazione della retorica classica. Con una battuta calzante, ha paragonato quello stile alla torta parmesana, un piatto sontuoso composto da sei strati di dolce e salato, pasta e carne, frutta e spezie del De Coquina, il trattato sulla cucina dell’età federiciana».

Questo stile infarcito di metafore, immagini, allitterazioni e citazioni «stimola rispetto, ammirazione e sgomento e ha in Pier della Vigna il massimo esponente».

Esemplari le lettere in cui Federico II spiega che non vuole la guerra, ma è il Papa a rifiutare la pace: «La pace a cui sin dai primordi della civiltà – afferma Colletta – aspirano tutti gli uomini, la pace che secondo il poeta Pietro da Eboli, nasce assieme a Federico».

Arte e architettura federiciana sono stati al centro dell’intervento di Stefano D’Ovidio.

“l’architettura è prevalentemente civile, sebbene quella sacra non sia assente».

«Oltre 40 castelli sono riconducibili direttamente a Federico II, ma infinitamente di più sono quelli a lui riconducibili. Non conosciamo – ha detto D’Ovidio – i nomi degli architetti e per questo, a volte, abbiamo difficoltà a inquadrare le linee di tendenza: l’architettura ottagonale di Castel Del Monte, ad esempio, rimanda sia alla moschea di Omar che alla cappella palatina di Aquisgrana. Gli elementi decorativi sono costituiti da teste, telamoni e molti vi vedono l’inizio dell’attività di Nicola Pisano, che coniuga l’antico con il moderno».

Quanto alle testimonianze pittoriche, infine, «non rimane nulla, salvo la certezza di una cultura pittorica che trova più piena espressione nella miniatura».

La conclusione delle giornate anconetane del Festival è stata affidata al professo Amedeo Feniello che ha parlato dell’economia al tempo di Federico II, «un’economia molto complessa da ricostruire, perché sono pochi i documenti e ancor meno gli studiosi che se ne sono occupati. Da un punto di vista economico Federico II vive in un circuito ereditato dall’età normanna, fatto di scambi mediterranei che ha il suo centro in Sicilia, in una sorta di mappa rovesciata che vede il sud sviluppato e aperto ai commerci con l’Africa, con lo scambio di derrate alimentari in cambio di oro».

L’Augustale, la moneta aurea, coniata da Federico prima del Fiorino, riprende la tradizione della monetazione bizantina e imita quella araba del Dinar – ha ricordato Feniello – L’oro arriva dal Mali, attraverso il nord Africa e il commercio. E viene scambiato con il grano e l’orzo, prodotto in grandi quantità dal sistema delle masserie. Le masserie sono improntate a criteri di razionalità, efficienza, introduzione del lavoro salariato, esportazione della produzione attraverso il sistema delle fiere o i traffici nel Mediterraneo attraverso una serie di porti nuovi o rimessi in funzione.

Secondo Feniello, infine, il sistema economico federiciano «è finalizzato alla causa dell’imperatore, alla guerra, alla diplomazia, alla macchina amministrativa e alla corte. Tutto questo ha un costo e spesso Federico le risorse mancano: inizia, così, una pratica che verrà proseguita dagli Angiò: il prestito richiesto ai non regnicoli. Con quel denaro fa fronte alle spese contingenti, mentre, sul fronte del commercio, prosegue la triangolazione economica di produzione, vendita, incasso. Dimostrando che aveva ben compreso come dare a Cesare quel che era di Cesare».

«Da questi giorni raccolgo tre parole: divulgazione, reti e gratitudine – ha detto il direttore scientifico Fulvio Delle Donne in chiusura della prima parte del Festival, che proseguirà con l’appuntamento a Jesi dal 9 all’11 maggio. Abbiamo provato a fare una cosa difficile: divulgare temi importanti e attuali in maniera semplice ma precisa, parlando di argomenti complessi in maniera corretta senza appiattire il contenuto. La conoscenza della nostra storia, della tradizione, della nostra eredità, è la base sulla quale costruire reti di collaborazione per valorizzare la cultura intrisa nel nostro territorio, che è il nostro vero petrolio. Il nostro passato e la nostra memoria ci dovrebbero guidare, soprattutto oggi, in cui sempre più vicini si sentono i tuoni della guerra. Gratitudine, va, dunque, a chi ha patrocinato questo Festival, ai relatori e al pubblico: speriamo che il nostro messaggio venga recepito».

Per William Graziosi, ideatore e direttore del Festival, «si è trattato di un viaggio emozionale. Abbiamo gettato un seme e vogliamo riscoprire Federico II. Il Festival si aprirà ancora a tutti gli argomenti trattati in questi giorni. Voglio arrivare ovunque e con Federico ci riusciremo. Spesso trovare interlocutori che ti seguono in un progetto non è facile. Per Federico II lo hanno fatto in tanti: la Sulvic, i Comuni di Ancona e Jesi, la Regione Marche, ma mi preme ringraziare Carlo Ciccioli che ha accolto con prontezza ed entusiasmo la mia proposta».

Il consigliere regionale Carlo Ciccioli, promotore di una legge regionale per la valorizzazione della figura dell’imperatore svevo, ha affermato che «quando si sposa un’idea non si sa come andrà, ma sono grato di aver partecipato e di aver visto il risultato di questi giorni, in attesa di quello che avverrà a Jesi. Era temerario iniziare, trovare le risorse e un gruppo che la realizzasse, ma ci siamo riusciti. Grazie al professor Fulvio Delle Donne per l’organizzazione scientifica impeccabile, a William Graziosi che ha puntato su Federico II, alla Regione Marche, alle Università che hanno partecipato. Federico II ha cambiato la storia, gestendo una situazione complessa e disarticolata, tessendo rapporti e conoscenze, cercando di portare la pace tra religioni in conflitto. Ha avuto una visione del Mediterraneo e delle sue culture, prendendo il meglio di esse. Un esempio da seguire anche per noi».

Il Festival ha portato ad Ancona anche il professor Franco Cardini, principe dei medievisti italiani, il quale ha accettato l’invito a partecipare stamattina a un incontro con gli studenti dell’istituto di istruzione superiore Benincasa.

Appuntamento a Jesi, dal 9 all’11 maggio per continuare a parlare di Federico II sul tema “Condividere i saperi tra Oriente e Occidente”.

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