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Cronaca

Jesi Albergo diurno: altro che sgombero, va tutelato

La Corte d’Appello di Ancona si è pronunciata sospendendo la sentenza di primo grado che aveva accolto la richiesta di procedere allo sfratto, «il gestore svolge un ruolo sociale importante», ha specificato l’avvocato Marco Polita

Jesi – I locali dell’Albergo diurno in Piazza delle Monachette e l’adiacente parrucchieria-barbieria rimarranno aperti e la gestione resterà alle cure di Claudio Valentini.

Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Ancona, rovesciando la disposizione di sfratto della sentenza di primo grado che avallava la richiesta della precedente Amministrazione Bacci di procedere allo sgombero dell’immobile.

«La famiglia Valentini gestisce il servizio pubblico dei bagni e delle docce dell’Albergo diurno da circa 60 anni – ha spiegato il difensore di Claudio Valentini, l’avvocato Marco Polita -. Ventisette anni fa il figlio è succeduto nella gestione al padre e ha preso in affitto anche l’adiacente attività di parrucchieria-barbieria».

L’avvocato Marco Polita

Il servizio pubblico garantito da Valentini, ha un valore sociale importante, ha spiegato l’avvocato, non solo per garantire la presenza dei bagni pubblici in centro storico, ma anche perché è in costante collegamento con la Caritas di Jesi che si rivolge proprio all’Albergo diurno per provvedere all’igiene dei nuovi utenti presi in carico prima di indirizzarli verso le strutture di accoglienza.

In un anno circolano all’Albergo diurno dai 300 ai 400 utenti della Caritas, ha sottolineato Polita, fornendo alcune indicazioni su come negli anni si sia evoluto il rapporto tra il gestore e l’Amministrazione comunale.

«Nel 2005 è stata rinnovata la concessione del servizio pubblico a Valentini, che prevedeva un compenso da parte del Comune per il lavoro svolto, nell’orario di apertura dei bagni e delle docce, dalle 9 alle 19».

L’Albergo diurno in Piazza delle Monnighette

«Il gestore a sua volta doveva corrispondere al Comune un canone di locazione per l’affitto del locale a uso parrucchieria. Dal 2005-2006, e per alcuni anni, c’è stato un tacito accordo tra le parti per cui il Comune non ha corrisposto il compenso per il servizio pubblico e il gestore non ha corrisposto l’affitto».

«Sempre con accordo verbale tra gli uffici comunali e Valentini, è stato chiesto al gestore di ampliare l’orario di apertura del servizio pubblico fino alla mezzanotte, nei giorni del fine settimana e in occasione di particolari eventi del Tetro Pergolesi per agevolare i frequentatori della movida notturna, pur non prevedendo un compenso ulteriore al gestore che ha comunque acconsentito».

Nel 2020 il Comune ha richiesto lo sgombero dei locali avviando la procedura di sfratto, dichiarando il gestore inadempiente sotto il profilo economico. Richiesta avvallata dalla sentenza di primo grado a cui però è seguito il ricorso dell’avvocato Polita.

«Dal 2020 il mio assistito ha versato la quota in disavanzo tra il compenso che doveva ricevere dal Comune per il servizio svolto e il canone di affitto che lui doveva corrispondere al Comune, pari a 150 euro mensili. Nonostante questo, la sentenza di primo grado aveva disposto lo sfratto. Ma secondo un riepilogo complessivo di dare e avere tra Amministrazione e gestore, non solo il mio assistito non risulta inadempiente anzi, ha un credito di oltre 5.400 euro».

Da qui il ricorso in appello e la successiva sentenza che ha disposto la sospensione dello sfratto, annullando la data di sgombero fissata per il 14 luglio.

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