Segui QdM Notizie
;

Attualità

JESI ERRI DE LUCA E LA ‘MALATTIA DEL MEDITERRANEO’

JESI, 16 giugno 2018 –  La “malattia del Mediterraneo”, per Erri de Luca, è quella di un mare “pieno di annegati”.

Parole dello scrittore a Jesi, nel corso dell’incontro con la stampa negli spazi di “Civicocinque” in Piazza della Repubblica, in occasione della Rassegna “Ka Nuovo immaginario Migrante”.

“Non si può usare il termine emergenza per un fenomeno che dura in continuità da 21 anni, da quando nella pasqua del ’97 fu affondato il barcone albanese Kater i Rades dalla corvetta italiana “Sibilla” nel tentativo di imporre un blocco navale illegale – ha detto Erri De Luca – I  flussi migratori attraverso il Mediterraneo non sono scoraggiabili, e se anche istituissero la pena di morte per contrastarli questo non sarebbe un deterrente perché parliamo di persone che già rischiano la vita nel loro viaggio. Intanto questi flussi vengono assorbiti economicamente ed in maniera intensiva nei nostri campi ed in Europa sotto forma di manodopera sottopagata e sfruttata a 2 euro l’ora per la raccolta dei pomodori; se l’assorbimento non c’è i migranti se ne vanno altrove, proseguono il loro viaggio, non se ne restano a stagnare in un posto; sono le leggi che li fanno stagnare, che li bloccano”.

In serata poi proiettato in una piazza delle Monnighette gremita,  il lungometraggio Loza, momenti di emozione forte che hanno fatto riflettere sul dramma dei profughi e la disperazione con la quale intraprendono i viaggi della speranza alla ricerca di una vita migliore per sè e i propri cari.

Loza ha cinque anni ed è nata in Sudan. Nel maggio 2016 ha lasciato il suo paese con suo fratello e la madre, Nada, per sfuggire alla dittatura. I trafficanti avevano promesso un viaggio sicuro verso l’Europa per 2.500 dollari, ma la traversata attraverso il Mediterraneo si è trasformata in un incubo. Nada non è riuscita a salire sulla barca a causa delle onde, e la piccola Loza è rimasta sola a bordo con 400 migranti. Fortunatamente, uno di loro si è preso cura di lei. Insieme, sono riusciti a raggiungere un paese vicino a Cannes dove hanno trovato rifugio da Hubert, per anni operatore umanitario e coordinatore dell’associazione Habitat et Citoyenneté. Nel documentario, Jean-Sébastien Desbordes, Nicolas Berthelot e Matthieu Martin seguono Hubert e la sua amica Francesca, che credono che Nada sia ancora viva e lottano per trovarla e farla ricongiungere alla figlia. Per andare sulle sue tracce, iniziano cercando di contattare lo scafista.

Un lieto fine, forse uno dei pochi. Loza infatti ritrova sua madre accompagnata da una attivista in Francia.

c.ade.

 

News