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JESI L’arte senza confini di Claudio Cintoli

Mostra cintoli

La mostra “Immaginazione senza limiti”, Sale Museali di Palazzo Bisaccioni, incuriosisce e appassiona, Daniela Ferraria: «Lui come un nomade che rivendica con orgoglio la libertà di cambiare »

JESI, 16 maggio 2021 – Ho visitato una mostra che sono convinto ci accosterà, ancora di più, all’arte contemporanea e alle finalità che, in questa “ricerca” di un’identità frammentaria e verticale, la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi sta proponendo.

Claudio Cintoli – immaginazione senza limiti 1962 – 1972” nelle Sale Museali di Palazzo Bisaccioni, a Jesi, incuriosisce e appassiona.

Una mostra che merita una collocazione di rispetto assoluto nella ricerca fra le pieghe attuali di correnti e correntine. Nato ad Imola nel 1935, fin da piccolo la famiglia si trasferì a Recanati, dove trascorse la sua infanzia e dove probabilmente anche quella cultura che il natio borgo selvaggio più o meno consapevolmente emana, lo conquistò e lo spinse a immaginare, creare, disfare. Era nipote di Biagio Biagetti, autore di cicli di affreschi a soggetto religioso e direttore dei Musei Vaticani, un artista che aveva fatto sue le indicazioni del Vasari, che affermava come “il disegno è padre delle tre nostre arti, Architettura, Scultura e Pittura”.

Questa mostra, che approfondisce un decennio della vita di Cintoli, apre la mente alle dissertazioni che portano inevitabilmente a un approfondimento che esplori la psiche dell’artista, che si aggrappa felice alla sua libertà di riaccostarsi alla cultura americana della pop part o a quella italiana, curando l’elasticità della mente e del cuore, che assorbono ogni motivazione umana.

Daniela Ferraria, curatrice della mostra di Jesi, dice che «questo percorso è probabilmente il periodo più originale di una personalità che non pone limiti alla sua esplorazione culturale. Cintoli è come un nomade, che si sposta con autonomia e originalità, pur restando sempre fedele a se stesso e, soprattutto, rivendicando con orgoglio la libertà di cambiare».

Probabilmente quell’infinito leopardiano, frequentato e vissuto da vicino nell’infanzia, penso gli calzi a pennello, desiderando egli, consciamente, superare quella siepe che racchiude tutti gli spazi vissuti per trovare qualcosa che gli dispieghi l’orizzonte. «Un pittore estroso e controllato», lo definisce, l’altro curatore della mostra, Ludovico Pratesi.

«La mostra è molto diretta, cinematografica, una serie di opere di una certa dimensione, alcune mai viste, alcune poco viste, in cui Cintoli ci fa capire la sua grande sensibilità sia verso la pop art americana, del surrealismo e della cinematografia sperimentale che aveva frequentato nel suo periodo trascorso a New York. Per cui quella che abbiamo proposto a Jesi è una produzione particolare, mai vista in maniera così precisa e specifica, affiancata da una grande produzione di collage polimaterici, composti di materiali vari, prosegue con “i nodi” e con un video performance sulla rinascita, visibile all’interno della mostra».

Senza uscire dalle vesti del “cronista” per appropriarmi di altre vesti paludate che non mi competono, sono convinto che l’arte crea “indipendenza” e attanaglia le menti e le contorce: la sindrome di Sthendal non è appannaggio solo dei Grandi del Rinascimento.

La mostra di Palazzo Bisaccioni, corredata da un catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale, con le riproduzioni delle opere e i saggi dei curatori, chiuderà il 25 luglio.

Giovanni Filosa

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