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Cronaca

Jesi “Leopardi”, al Giardino dei Giusti la quercia in memoria di don Pino Puglisi

Piantato l’albero al termine di una toccante cerimonia all’insegna dell’antimafia, ricordati l’esempio e la figura del sacerdote assassinato nel 1993

Jesi – Si è svolta ieri mattina alla scuola secondaria di primo grado Giacomo Leopardi la cerimonia in memoria di don Pino Puglisi, culminata con la piantumazione di una quercia in suo nome nel Giardino dei Giusti, antistante il plesso scolastico.

«Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti», è la frase pronunciata dal sacerdote ammazzato dalla mafia nel 1993, che ha riscosso più applausi tra quelle prese a esempio e rappresentate graficamente dai ragazzi delle classi prime.

Le frasi di don Pino stampate in forma artistica dagli alunni delle classi prime

Una cerimonia toccante e molto educativa, che grazie alla giornata pienamente primaverile si è svolta nel piazzale antistante la scuola di via Gola della Rossa, alla presenza dei docenti, del dirigente del Comptensivo Carlo Urbani, Gilberto Rossi, del consigliere comunale Filippo Bartolucci, in rappresentanza dell’Amministrazione, e dei volontari della rete antimafia Libera e del Movimento delle Agende Rosse.

Tra di loro molto partecipato è stato l’intervento di Claudia Giacomini, volontaria del presidio Libera di Senigallia, intitolato ad Attilio Romanò, giovane ingegnere, vittima innocente di mafia, ucciso perchè scambiato per un m’altra persona nella faida di Secondigliano tra i Di Lauro e gli scissionisti.

L’attivista del presidio Libera, Claudia Giacomini, mentre parla agli alunni della Leopardi di Jesi

«Quest’anno lo slogan della manifestazione di Libera – ha spiegato Claudia Giacomini ai ragazzi – è Roma città libera. Roma e il Lazio negli ultimi anni sono interessati dal fenomeno mafioso. Non da quello stragista a cui siamo abituati, ma uno più subdolo, che si insinua nell’economia dei locali e dell’intrattenimento con intimidazioni e ricatti. Solo conoscendo questi modi di fare nuovi delle mafie, informandosi, si è in grado di difendersi».

Libera, infatti, nata nel 1995 anche sull’onda emozionale dell’omicidio Puglisi nel periodo stragista della mafia, si pone lo scopo di far uscire la volontà di combattere contro le organizzazioni criminali, difendere la giustizia e la dignità della persona.

«La nostra rete – ha ricordato l’attivista ai ragazzi che l’ascoltavano con attenzione – ha portato avanti anche la Legge 109 per il riutilizzo dei beni confiscati. Forse non lo sapete, ma ce n’è uno anche qui vicino, a Cupramontana».

Agli alunni Claudia Giacomini ha raccomandato di porsi sempre tante domande ed essere curiosi, perchè «quando il cervello è aperto e pronto ad ascoltare vengono fuori cose bellissime, e amatevi in famiglia e nella scuola perchè è il seme di tutto».

Le classi terze, quindi i più grandi, hanno invece letto alcune riflessioni scaturite dall’incontro per loro molto istruttivo avuto con il giornalista antimafia Paolo Borrometi, tenutosi il 15 marzo scorso. I ragazzi hanno letto alcuni loro elaborati dopo il confronto col giornalista sotto scorta, da loro paragonato, per aver dedicato la sua vita alla causa della lotta alla mafia, a Falcone, Borsellino e don Puglisi.

Il mosaico di scatoloni che formavano il dipinto del viso di don Puglisi

«Quello che ci ha detto ci resterà dentro per sempre – ha ottolineato uno degli studenti -. Ci ha fatto capire quello che significano mafia e onestà. Ne ammiriamo il coraggio, che gli ha cambiato la vita, costringendolo a vivere sotto scorta».

«Abbiamo accolto il suo invito a coltivare i nostri sogni – ha ribadito un altro alunno delle terze – e a esprimere liberamente le nostre idee e metterci sempre la faccia, assumendosi sempre le proprie responsabilità».

«Il momento più significativo – ha osservato un terzo – è stato quando ci ha spiegato, rispondendo alla nostra domanda sul perchè non scriva i suoi articoli in forma anonima, che se lo facesse la mafia avrebbe vinto perchè ci vuole deboli e omertosi».

Insomma, un incontro che dimostra come i ragazzi siano in grado di recepire i messaggi e gli esempi positivi se vengono da modelli virtuosi come Paolo Borrometi.  

Prima di spostarsi nel giardino per piantare la quercia di don Pino, alcuni ragazzi della Leopardi hanno rotto le scatole, nel vero senso della parola, pestando e distruggendo scatoloni di cartone. Ciò per ricordare, in un momento toccante culminato dall’applauso sentito di tutta la scuola, la frase di don Pino che soleva dire ai suoi ragazzi: «Avete capito chi sono? Un rompiscatole!».

Un modo di essere che gli è costato la vita, ma che oggi ispira tanti giovani e ora sicuramente anche quelli della scuola media Leopardi di Jesi, a 31 anni dal suo assassinio.

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Alla fine è stata messa a terra la quercia donata dall’Amat Marche, con il dirigente scolastico che ha ricoperto la buca intorno, accompagnato da un grande applauso di tutti gli alunni.

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