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JESI MUSEO “STUPOR MUNDI”, CLAUDIA LANCIONI: «UNA BRUTTA STORIA»

La consigliera pentastellata: «Un fallimento che viene caricato sulle già provate casse comunali»

JESI, 21 settembre 2019 – Tiene banco in città la vicenda del Museo Stupor Mundi, il cui passaggio di proprietà dal privato al Comune è passato con i voti della maggioranza in Consiglio comunale.

Claudia Lancioni

La consigliera Claudia Lancioni del Movimento 5 Stelle la definisce «una brutta storia, per la città e non solo. Un’idea forse anche interessante in origine che, però, si è rivelata fallimentare nella sua formulazione e attuazione. Un privato che voleva passare da grande mecenate per la città, peccato che lo abbia fatto con tanti soldi pubblici e che nel momento in cui l’affare si è tramutato da “dono per la collettività” a “pacco” abbia deciso di rifilare questo “pacco di San Settimio” al Comune e alle casse comunali».

La consigliera pentastellata aveva votato contro il passaggio, insieme ai consiglieri di Jesi in Comune, anche loro scettici.

Le incertezze della consigliera non sono nuove: «Fin dal settembre 2015, la prima legislatura, quando Bacci portò in aula la presa in carico da parte del Comune dell’affitto dei locali del museo per 36 mila euro all’anno segnalammo i rischi di questa operazione».

Un «salto nel buio visto che all’epoca non veniva presentato un progetto di come quel museo sarebbe stato, quali attività economiche sarebbero ruotate attorno ad esso e quali prospettive concrete avrebbe portato alla città. La maggioranza decise di tirare dritto e di caricarci un onere di 36 mila euro per 12 anni, un totale di 432 mila euro di soldi pubblici. Sottratti alle già sempre insufficienti risorse di bilancio dedicate alla Cultura».

I banchi dell’opposizione

La consigliera tira le somme: «Oggi siamo al triste epilogo: un museo in rosso (dai conti forniti al Comune risulta uno squilibrio fra entrate ed uscite pari a oltre 70 mila €/anno) che verrebbe “donato” al Comune. Un ingannevole gioco lessicale per mascherare la realtà: il fallimento di questo museo viene caricato sulle già provate casse comunali, con la complicità dell’Amministrazione e dei civici di maggioranza. Ancora una volta presa per oro colato l’autodichiarazione del proprietario del museo relativamente al suo valore (2,7 milioni di euro); esattamente come nel 2015, nessuna perizia per attestare la veridicità del valore dichiarato. Si privatizzano servizi essenziali per la comunità con una mano e si caricano sul pubblico erario le attività in perdita di iniziative private con l’altra, con l’aggravio che queste già si sapevano sbagliate o poco sostenibili fin dall’inizio» conclude la consigliera, con un’ultima stoccata, che definisce la seconda legislatura Bacci «l’era del decadentismo».

(e.d.)

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