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Jesi Niccoló Fabi, un concerto coinvolgente – Foto

La serata del Festival Pergolesi Spontini in Piazza Federico II ha raggiunto lo scopo di far riflettere, e non solo di assistere, a un bello spettacolo

Jesi – Quante esistenze dovrà ancora vivere un artista che vuole, ed esige da se stesso, percorrere la sua strada prima di non essere inghiottito dal tritacarne di un mondo, sì, pure quello del cantautorato, che strizza l’occhio talvolta a sproposito alle mode musicali correnti?

Ecco, sarebbe stata una domanda da porre direttamente a Niccolò Fabi, ma lui ed il suo sistema comunicativo hanno preferito che fosse il pubblico in sala a darsi, ciascuno a suo modo, la risposta

Giunta attraverso le sue parole introduttive. Perché in questa tappa, fortunata e col fine di congiungere giovani, giovanissimi e altri … fuori quota, il dialogo è sorto spontaneo dalla partecipazione sentita e seguita, come con vecchi amici presi per mano, dagli spettatori.

Il posto era Piazza Federico II, l’occasione la serata del Festival Pergolesi Spontini che con Fabi ha raggiunto lo scopo di far riflettere, e non solo di assistere, a un bello spettacolo. Ha scelto una scaletta, per questa sua apparizione “Solo” con chitarre e tastiera, intima e introspettiva.

Non vi fate abbindolare dall’arrangiamento dei pezzi che concedevano alla platea sprazzi e picchi di ritmo che faceva venir voglia di ballare. Andate a leggervi i testi, sono una lunga presa di consapevolezza di Fabi su come noi, quando ci guardiamo allo specchio, non vediamo noi stessi ma altre esperienze di vita che ci hanno cambiato. Formato, distrutto. Nella nostra vita sociale e anche nella nostra vita artistica.

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Un cantautore come Fabi ha deciso un giorno, magari a un Sanremo di una trentina di anni fa, di tracciare la quotidianità, coi suoi picchi e i suoi precipizi, come un disegno che appare sulla Settimana enigmistica, dove tu unisci tutti i puntini (momenti, step, chiamateli come vi pare) e alla fine viene fuori una figura.

Migliore? Peggiore di quanto ti aspettassi? Non importa, è la storia della vita, degli amori-non amori, di quanto tempo sia necessario lavorarci sopra per costruire (brano numero 15 della scaletta), e mi ricorda, questa tematica, quella tanto cara a Fossati in un suo vecchio capolavoro. L’amore, come il resto che ne consegue, è fatto di entusiasmi ma anche di lavoro duro, perché “costruire è sapere, è potere rinunciare alla perfezione”.

Niccolò Fabi è un giovane adulto, che si permette di inserire (e bene ha fatto, pur se ha scartato “Vento d’estate”) quasi all’improvviso, la mia prima presentazione ufficiale con la sua musica e la sua filosofia, cioè “Capelli”. Ed ha fatto benissimo.

Ha compiuto un lavoro certosino aprendo un volume, senza orchestra ma proprio da solo, per consegnare al pubblico un vademecum da leggere, ma soprattutto capire che l’età di scapigliatura ha un termine.

I testi che ha portato a Jesi andrebbero raccolti in un libretto (di sala, non è uno sminuire i valori) e narrati prima che la canzone inizi. Perché le poesie è bello ascoltarle anche senza musica. E’ quello il momento in cui “spariscono” le rughe provocate da anni di sperimentazioni, di collaborazioni, e quella con Gazzé e Silvestri è stata per me una goduria, una pura tappa di raccordo fra il cosiddetto vecchio cantautorato, senza offesa perché inimitabile, e il nuovo corso.

Che non ha bisogno di strizzare l’occhio, per forza, a certi giovanilismi che, spesso, non stanno né in cielo né in terra, proprio perché nascono e si propagano quando il maestro sussurra “one, two, three, four…” e si trasforma in business.

Le canzoni ascoltate hanno permesso, alla fine, da “Lasciarsi un giorno a Roma” al bis “Lontano da me”, di scatenarsi in un assalto affettuoso, in un cantare (“voi siete i miei grilli parlanti”) e ballare all’unisono sotto al palco, le parole che restano impresse.

Altro che se lo restano.

Sperando che servano alla formazione individuale, morale e se volete anche didattica, sul nuovo corso dell”evoluzione della canzone cantautoriale. Applausi a tutti. Dal palco alla platea.      

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