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Cronaca

Moncaro Con Vinitaly alle porte già un primo esame da superare

Le coincidenze fanno pensare alla tempesta perfetta, le speranze che si tratti solo di un rovescio momentaneo

Montecarotto – A poche settimane dal più importante appuntamento enologico italiano, il Vinitaly, le nubi all’orizzonte per Terre Cortesi Moncaro non si sono ancora dissipate: a tener conto dei numeri, sottovoce, con timore, la politica regionale e gli operatori di settore temono per la sopravvivenza della maggiore cooperativa enologica delle Marche.

La probabilità maggiore è che entro fine anno si presenti un acquirente, che in altre situazione avremmo definito un cavaliere bianco.

A piccoli passi, Terre Cortesi Moncaro prova a tornare a regime, dopo la sfiducia allo storico presidente Doriano Marchetti.

È ufficiale che la socia Agricola Moderna, braccio operativo di Moncaro e in grave crisi per le spettanze arretrate al suo interno, proverà a salvare la vendemmia 2024, pur se a ranghi ridotti e con un futuro non definito.

Tentativi di tornare alla normalità, quindi, ma che a guardare le carte sembra più la normalità dell’orchestra del Titanic: al netto delle vertenze ancora pendenti per i tanti stipendi e conferimenti arretrati, e al netto delle dichiarazioni tranquillizzanti – e contraddittorie – del nuovo management Moncaro, il bilancio ufficiale ha numeri che preoccupano.

La situazione debitoria di 38 milioni di euro, dei quali circa 20 verso istituti di credito, oltre 7,8 verso i fornitori e poco meno di 2,5 miliono verso i soci, è apparentemente calmierata dal valore della cooperativa: 25 mln di capitale netto, oltre al brand valutato 8 milioni.

Pur nelle more di eventuali contabilità creative, comunque lo si guardi è un bilancio che, se fosse stato presentato da una società per azioni, si sarebbero già portati i libri in Tribunale. Ma Moncaro è una cooperativa, formalmente non può fallire, ma potrebbe essere ceduta nell’orbita di un investitore.

Più che un cavaliere bianco, si potrebbe trattare di un cavaliere grigio: come già successo un paio di volte, si potrebbe presentare un grande gruppo vinicolo della Gdo per rilevare il marchio.

In entrambi i casi si trattava di gruppi con brand di fascia bassa – proverbialmente bassisima, entry level… – del settore. Un brand come Moncaro si posiziona invece sulla fascia medio-alta del mercato vinicolo e di indiscussa e riconosciuta qualità. Per ogni operatore di bassa gamma sarebbe un’aggiunta prestigiosa al proprio arsenale, permettendogli di entrare dalla porta principale a livelli superiori e – soprattutto – acquisendo anche la rete commerciale internazionale di Moncaro, anche in Paesi dove spesso non è facile radicarsi (prima fra tutti la Cina). 

All’epoca delle precedenti offerte, Moncaro declinò. Non è detto che oggi possa fare altrettanto, specie perché le strategie da mettere in campo per risollevare la situazione non sono molte, né garantite.

Al netto della sfiducia a Marchetti (che comunque aveva un suo standing di peso), gli asset attuali di Moncaro sono anche migliori che ai tempi dei precedenti tentativi di acquisizione.

Se il nuovo management sarà in grado di far fronte a questo momento buio (e mettere in sicurezza il valore e l’autonomia della cooperativa) e rimanere in grado di rifiutare offerte al ribasso e poco prestigiose… beh, questo è solo l’ultimo dei grandi interrogativi che recentemente hanno attraversato le menti degli operatori marchigiani del settore enonologico.

Tra silenzi stampa ufficiali e bocche timorose per il peggio, non rimane che aspettare i riscontri del Vinitaly a metà aprile.

Le coincidenze fanno pensare alla tempesta perfetta, le speranze che si tratti solo di un rovescio momentaneo.  

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