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2 Giugno Luciana Sbarbati: «Non solo celebrazione ma riappropriazione»

«Questo è il senso vero di una Repubblica che si collega valorialmente alla Resistenza e alla Costituzione», a lei si deve il ripristino della ricorrenza nazionale con la proposta di legge di cui fu unica firmataria

Col presidente Ciampi

Della serie Forse non tutti sanno che…”

Scusate, ma siamo certi che molti hanno trascorso (passato, celebrato, snobbato …) la Festa della Repubblica, il 2 giugno, ignari che se lo possono ancora fare coi bimbi in spalla e tricolore alla mano, è anche dovuto a una nostra conterranea chiaravallese, Luciana Sbarbati, segretaria nazionale del Movimento Repubblicano Europeo, che il 10 maggio 1996 – allora era deputata del Pri – avanzò al presidente Carlo Azeglio Ciampi, unica firmataria, la proposta di legge per il “Ripristino della Festività nazionale del 2 giugno”.

La festività nazionale era stata cancellata il 5 marzo 1977 a causa “dell’elevato numero delle festività infrasettimanali e della loro negativa incidenza sulla produttività etc etc”. E fu piazzata nella prima domenica di giugno.

Con Romano Prodi

Ma, scrisse la Sbarbati nella sua proposta, «crediamo che oggi sia importante impedire la perdita di una parte fondamentale della nostra memoria storica; perdita che, se si verificasse, costituirebbe un ulteriore indebolimento delle nostre istituzioni democratiche». 

Terminando, o quasi, affermava che «il 2 giugno va riposto a simbolo solenne della libera e democratica scelta repubblicana del popolo italiano. Il 2 giugno del 1946 scegliemmo la Repubblica e la democrazia: e quella scelta dobbiamo sempre custodire nell’interesse del bene comune, anche ricordando ogni anno quella significativa data».  

Sembra scritta, questa proposta, ieri mattina. Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica, accolse con entusiasmo, che gli era un segno distintivo, e lo fece con una incessante azione di civismo repubblicano.

In effetti Ciampi era «espressione del migliore repubblicanesimo, esponente di quel Partito d’Azione sbeffeggiato da Massimo D’Alema con realismo togliattiano», come scrisse il direttore del Domani, Gianluca Passarelli, in un suo editoriale.

Insomma, la festa c’è stata, ed è stata festa per chi ci ha creduto e ci crede, ma a parole tutti, e ci sono stati mucchi di entusiasti. Luciana Sbarbati, dopo una lunghissima carriera che la vide per anni sugli scranni del Parlamento europeo, ex senatrice della Repubblica, dirige il Movimento Repubblicano Europeo dal 2020, in seguito a scontri interni al Partito Repubblicano Italiano riguardanti in particolare l’appoggio dato dal Pri al candidato di Fratelli d’Italia Francesco Acquaroli alle elezioni regionali nelle Marche.

L’ho sentita al telefono, di ritorno da un intervento chirurgico molto fastidioso, per scambiare opinioni sul “suo” 2 giugno che, dicevamo, contribuì in prima persona a ripristinare, e che a Jesi è stato preceduto il 31 maggio da un convegno dedicato all’inno nazionale, intitolato “L’Italia chiamò”, relatore lo studioso Attilio Carducci, presentazioni e interventi di Mario Sardella e Katia Mammoli dell’Mre. Il tutto per entrare in argomento… Racconta la Sbarbati: 

«E’ successo, in quel lontano 1996, che io, pensando a tutto quello che era stato fatto dopo la crisi forte dell’occupazione che restrinse, per motivi economici e sociali, le feste da segnare in calendario, ripensai a lungo che il 2 giugno era stata una conquista del popolo italiano, diventare Repubblica (12 milioni e rotti di voti per la Repubblica contro 10 milioni e rotti per la Monarchia) era significato abbattere radicalmente una storia che non ci apparteneva. Del resto pensai che anche altre nazioni festeggiavano realmente, con un giorno dedicato, la nascita definitiva del proprio Stato. Togli il 4 luglio agli americani o il 14 luglio alla Francia e commetteresti un atto impensabile in quei Paesi. E potrei aggiungerne tanti altri. Chiesi di essere ascoltata dal Presidente della Repubblica Ciampi, perché temevo che alla Camera non ci fossero possibilità di riproporre la festa del 2 giugno, fissa e per sempre. Presentai la proposta al Presidente Ciampi, gli spiegai il perché e il percome, anche se lui aveva compreso benissimo le motivazioni che mi spingevano. E in più, oltre a quello che aveva rappresentato per la Banca d’Italia, è stato il personaggio che aveva la tessera numero “1” dell’Associazione mazziniana italiana».

«Ricordo che non ci pensò due volte, tanto che mi disse: “Luciana, la tua proposta andrà in aula, quindi stai tranquilla”. Cosa che ho fatto, in seguito tutti l’hanno accettata e sottolineata, tranne un leggero distinguo della Lega ma poi si sono tutti convinti e la proposta è diventata legge. Al tempo, ricordo che ho sempre sottolineato che questa non deve essere una celebrazione e basta ma anche una profonda riappropriazione di quei valori su cui la Repubblica italiana si fonda. Basta rileggere l’articolo 45 per capire veramente cosa significa, laddove si legge che la Repubblica garantisce i diritti, la libertà, la fratellanza, la tolleranza, la solidarietà. Questo è il senso vero di una Repubblica che si collega valorialmente alla Resistenza ed alla Costituzione. La memoria va conservata, va rivalutata, rivissuta, rielaborata. I giovani debbono capire cosa significa veramente la nostra Repubblica e i suoi valori, il fondamento dei quali si chiama libertà».

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