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Cronaca

Caso Andreea «Ero andato a prendere la legna, poi mi è mancato il fiato»

Resti umani nel locale al piano terra del casolare di via Monte Adamo: «Ero lì solo per caso», ricorda uno dei proprietari, autore del rinvenimento

Castelplanio – Una rosa bianca lasciata da una mano pietosa, al limite di quel nastro bianco e rosso che perimetra, impedendone l’accesso, quel casolare disabitato, da sabato posto sotto sequestro dall’Autorità giudiziaria.

In quel casolare, in via Monte Adamo 26, sulla Montecarottese, sono stati rinvenuti i resti attribuiti ad Andreea Rabciuc, scomparsa 2 anni fa in quella zona, venuti alla luce nel pomeriggio di sabato in una stanzetta al piano terra, la ex cucina trasformata in legnaia. Locale già sottoposto a sopralluogo durante le ricerche svolte a tappeto in questi due lunghi anni.

«Ero lì solo per caso», ci racconta uno dei proprietari del casolare, Moreno Cardinaletti, proprio lui ha rinvenuto i resti ai quali soltanto il test del Dna potrà dare un nome certo.

«Tanta pietà, provo solo tanta pietà per quella povera ragazza e quella povera mamma», dice con la voce tremante.

«Sono entrato – poi racconta – ho visto i resti, subito non avevo capito bene di cosa si trattasse e non so ancora come ho fatto a non svenire ma il fiato mi è mancato. Mi è ritornata in mente la storia, ho cercato di ragionare ma in quel momento non era facile. Ho avvertito subito chi di dovere, sono andato alla Stazione dei Carabinieri di Moie, ma era chiusa, ho chiamato il 112 poi Jesi, i Carabinieri sono arrivati e hanno cercato anche di rassicurarmi».

La voce non smette di tremare.

«Quindi mi sono tranquillizato, non avrei mai potuto immaginare una cosa simile, ero andato per prendere della legna messa lì tempo fa, l’avrei presa già tagliata e sarebbe finito tutto, invece…».

«Il caso ha voluto che sabato fossi andato lì, ma avrebbe potuto essere tra un mese o dieci anni. Sono scioccato, spesso lavoravo li, ma fuori, mai avrei potuto immaginare cosa ci fosse a 10 metri. Adesso provo solo pena per tutta la vicenda e mi ritrovo spesso a pensarci».

La rosa bianca lasciata nel cortile del casolare

«Ho seguito il dramma della scomparsa con il cuore, sono nato in questi luoghi. Non avrei mai voluto che mi capitasse tutto questo e non potrò mai dimenticare quella mamma, le sue parole, e il suo dolore, era un dolore che veniva da dentro».

Se anche i risultati del Dna confermassero che i resti umani appartengono ad Andreea Rabciuc, l’unica certazza è che, chi l’ha amata, avrà almeno un posto dove portare altri fiori come quello che è stato lasciato vicino al ciglio di quella fredda strada.

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