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Cronaca

Caso Andreea I resti rinvenuti, quel casolare era già stato setacciato – Video

Il ritrovamento di ieri sulla Montecarottese nei pressi del luogo della scomparsa, scarponcini e giubbotto ricondurrebbero alla 27enne della quale non si avevano notizie dal 12 marzo 2022, il dolore della mamma

Castelplanio – Il civico 26 è un casolare pericolante, disabitato, che si affaccia sulla Montecarottese, in via Monte Adamo, sullo stesso lato della strada e a nemmeno un chilometro di distanza dall’altro casolare, da dove la mattina del 12 marzo 2022, ormai quasi due anni fa, scomparve nel nulla l’allora 27enne Andreea Rabciuc.

E da quei muri lesionati, in una stanzetta al piano terra, sono apparsi ieri i resti umani che riporterebbero proprio ad Andreea.

Un dramma che sembra infinito, come infiniti sono stati questi due anni tra ricerche, avvistamenti, misteri, tv, congetture e personaggi che si sono alternati intorno a una tragedia che sembra aver concluso il suo primo crudele atto. Ma che ancora deve raccontare molto, chiarire i lati oscuri che permangono.

La notte del 12 marzo ’22 trascorsa in una roulotte parcheggiata nel cortile di un casolare, fidanzato, due amici, momenti anche di tensione, poi lei che il mattino, intorno alle 7, se ne va, a piedi, in direzione Moie. Da quel momento di Andreea più nessuna traccia. Sino a ieri.

Il ritrovamento

A rinvenire quei resti con accanto calzature – scarponcini neri – e parti di un giubbotto – bianco – che sarebbero compatibili con quelli indossati quella mattina dalla ragazza, uno degli usufruttuari dell’immobile. Per caso.

E’ stato il fratello di questi, poi sentito dai Carabinieri, a raccontare come è avvenuto il ritrovamento, intorno alle 15, in un vano del casolare utilizzato soltanto come deposito, perché poco sicuro e dove una finestra era stata forzata, «era andato a prendere della legna in quella stanza, i resti erano accanto a una scala che sale di sopra. Poi ha chiamato i Carabinieri».

«Quella stanza al piano terra è chiusa dall’interno, non si apriva mai perché pericolante. Si deve fare tutto un giro per accedervi. Non so come qualcuno possa essere entrato lì dentro».

Ma c’era stato anche il giorno della finestra ritrovata col vetro rotto, quattro giorni dopo la scomparsa di Andreea, ha ancora raccontato, e anche in quel caso furono chiamati i Carabinieri.

Quel casolare era stato setacciato

E quando le ricerche furono messe in atto con sopralluoghi a tappeto, iniziando proprio dalla zona della scomparsa, il casolare al civico 26 non fu risparmiato. Anche i cani molecolari erano stati utilizzati. Ma niente di niente.

Difficile se non impossibile pensare che quella vecchia cucina adibita ora a deposito della legna, benché chiusa, non fosse stata percorsa. Ergo, quella volta non c’era nessun cadavere.

E allora, chi ha portato lì quei resti? Quando? Nessuno si è accorto di nulla?

Oltre agli inquirenti, con la pm Irene Bilotta, ai Carabinieri del Sis per i rilievi tecnici, a quelli della Compagnia di Jesi con il comandante Elpidio Balsamo, e del Reparto investigativo di Ancona, ai Vigili del Fuoco, che hanno assicurato l’illuminazione quando è scesa la sera, e al sindaco di Castelplanio Fabio Badiali, anche l’avvocato Emanuele Giuliani.

Il difensore di Simone Gresti, ex di Andreea, unico indagato, sino ad ora per sequestro di persona e spaccio, ma è evidente che l’impianto accusatorio potrebbe cambiare se fosse confermato che quei resti sono proprio di Andreea, ha espresso il suo pensiero.

«Non si può non essere umanamente dispiaciuti – ha affermato – ma ritrovarne i resti, dopo due anni, a distanza di pochi passi da dove è scomparsa è una cosa che francamente sconcerta. Simone? L’ho sentito, è scioccato».

Non resta che attendere, ora, il responso degli esami scientifici, a partire dal Dna, per risalire al chi, come e quando.

La mamma, Georgeta Cruceanu, è arrivata poco dopo le 21, insieme al compagno, nel freddo pungente di una notte troppo piccola per contenere il suo dolore, quello che si porta dentro da quasi due anni.

«Non è mia figlia, non può essere mia figlia». Ripeteva lacerando l’incredulo silenzio.

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