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Jesi

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI


GENNAIO

A pancia in giù, sul lettino da massaggio, Sonia si lasciò cadere in uno stato di abbandono che la condusse in un luogo senza nome a metà tra il soffitto e il cielo. Per un attimo, prima di smarrire i confini delle cose, esitò, aggrappandosi ai polpastrelli che scorrevano sulla schiena, all’odore dell’incenso, alla sensazione ruvida dell’asciugamano sotto di lei. Poi qualcosa la prese definitivamente con sé e non riuscì a far altro che scivolare nel pulviscolo di uno spazio indefinito, dove nulla aveva importanza se non galleggiare priva di consistenza. “Chiudi la finestra, Sonia, entrano le zanzare”. Era estate, la luce della cucina era accesa e la nonna lavava i bicchieri. Sonia aveva passato il pomeriggio in spiaggia, non si era ancora fatta la doccia, sulla pelle abbronzata il sale e la sabbia facevano il solletico. Il piccolo lampadario sopra la testa indicava un punto preciso della tavola, lasciando il resto in tenue penombra: la credenza di legno color acqua, il frigorifero anni ’50, la sedia a dondolo col centrino a punto croce, gli strofinacci a quadrettoni appesi alle mattonelle di ceramica. Tutto, in quel pezzo di mondo, era disegnato da linee semplici e Sonia, sospesa come il profumo di sugo che riempiva  la stanza, dietro quelle spalle ricurve sui fornelli sapeva di essere al sicuro. “Grattugia il parmigiano, Sonia, su”. E quei capelli grigi raccolti nel pettinino d’osso le passarono dolcemente vicino. A pancia in giù, sul lettino da massaggio, Sonia sentì di nuovo il profumo di lavanda di sua nonna e anche l’ultimo atomo di lei si sciolse in tenerezza. Per non cedere alla nostalgia, con un balzo circolare all’indietro rotolò in un altro punto remoto del cosmo. “Scendi, dai, voglio prendere qualche bel sasso”. “Ma è un freddo cane”. “Facciamo in fretta, prometto”. Sonia aprì la portiera dell’auto e una folata di vento gelido che soffiava dal mare le tagliò la faccia. A Enrico piaceva raccogliere sassi dalla spiaggia e quella mattina era troppo limpida per non fermare la macchina e godersi il litorale. “Ti aiuto, quali sassi vuoi?”. “Quelli grandi, dalle forme più strane”. “Li preferisci colorati?”. “No, devono essere bianchissimi”. Sonia camminava con lo sguardo verso il basso e l’intenzione di trovare per il suo uomo qualcosa di speciale. Le sembrò di scorgere una bella pietra, allora si chinò e prese a spostare con le dita le conchiglie, ma in quell’istante di leggerezza venne rapita sulla linea dell’orizzonte da un bacio inaspettato di lui e si perse in un punto luminoso che forse si chiama amore. A pancia in giù, sul lettino da massaggio, a Sonia sembrò di sentire la mano di Enrico stringere la sua. “Qui, proprio in questo punto del palmo, ci sono nervature molto contratte, ora gliele sistemo”, disse il terapeuta. Il silenzio cadde di nuovo nella stanza e lei finì a casa di Matilde. “Dai, accarezzalo, non ti fa niente”. Il gatto di Matilde, un persiano grigio con una macchia nera sulla coda, se ne stava immobile sul termosifone e non c’era verso di capire se volesse fare le fusa o stesse sul punto di graffiarla. Sonia aveva sei anni, i capelli corti neri e occhi profondi color nocciola. “Ma perché non usciamo a giocare in giardino? Adesso non mi va di accarezzare Ariel”. Matilde, aria da maschiaccio nonostante le lunghe trecce bionde, scrollò le spalle e si diresse saltellando verso la porta. A pancia in giù, sul lettino da massaggio, Sonia vide la sua amica d’infanzia scomparire oltre la soglia, ma invece di ritrovarla tra il verde dei pini del giardino, sentì un’altra volta il rumore delle onde. Sopra una palma a pochi metri dal bagnasciuga, c’erano quattro ragazzini. Se ne stavano a cavalcioni su un grosso ramo e canticchiavano a ritmo di sonore pacche sulle spalle. I bagnanti, coprendosi gli occhi dal riverbero del sole, li fissavano col naso all’insù, rapiti da tanta euforia. “Weh, oggi è il due di gennaio, che propositi vuoi realizzare nell’anno nuovo?”, chiese risoluto uno di loro guardando proprio verso Sonia.

A pancia in giù, sul lettino da massaggio, nel piccolo locale che sapeva di incenso e creme curative, Sonia rivide allo stesso immaginario crocevia la nonna, Enrico e il prato dove da piccola giocava spensierata con Matilde. Allora, con un largo sorriso, rispose senza essere attraversata dal minimo dubbio: “In questo nuovo anno voglio ricordarmi di essere felice”.

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