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COVID-19 Vaccini Pfizer e Moderna: cosa sono e come funzionano

Un’analisi approfondita sui meccanismi della vaccinazione

Per capire i meccanismi su cui si basano i vaccini Pfizer e Moderna dobbiamo chiarire alcuni concetti preliminari a partire da alcune proprietà della cellula. Questa è l’unità più piccola di tutti gli organismi viventi capace di compiere le funzioni caratteristiche della vita: interazione con l’ambiente, metabolismo e replicazione. Le cellule sono più o meno complesse e organizzate a seconda del gradino nella scala evolutiva in cui è posto l’organismo a cui appartengono.

Sommariamente, partendo dall’esterno verso l’interno, abbiamo una membrana permeabile contenitiva, quindi il laboratorio o citoplasma, dove si realizzano le reazioni metaboliche e di replicazione, e infine il centro direzionale o nucleo, dove alloggiano gli acidi nucleici (Dna o Rna ) depositari delle istruzioni operative. All‘interno del citoplasma si trova una struttura deputata alla sintesi proteica, i ribosomi a cui vengono trasmesse istruzioni mediante una molecola detta Rna messaggero o mRna. Nel caso del vaccino Pfizer, anziché introdurre parti sintetiche del virus per generare una risposta immunitaria, le si fa produrre direttamente alla cellula umana mediante uno pseudo Rna messaggero che intercetta i suoi ribosomi.

Il target è una proteina virale detta Spike o proteina S, che alloggia negli spuntoni del corpo (capside) del Sars Cov 2 e che è il “piede di porco“ con cui scardina la serratura della cellula umana (recettore Ace2 ) permettendo al virus di introdurre il proprio genoma che verrà quindi replicato. La produzione di questa proteina anomala sollecita la risposta anticorpale dell’organismo. Per costituire il vaccino si inserisce lo mRna in una capsula lipidica a formare una nanoparticella capace di raggiungere le cellule umane. Uno dei limiti di questo vaccino è rappresentato dal fatto che si conserva a meno 80°C con complicazioni per la logistica la somministrazione.

Un altro gruppo di vaccini sviluppati in Russia, Cina, Europa, Cuba si basa sull’impiego di un vettore virale per trasferire segmenti vari del genoma o del corredo proteico del Sars Cov 2 all’interno dell’organismo, attraverso cui sollecitare una risposta immunitaria. Anche il vaccino della Moderna che, come il Pfizer, si basa sullo mRna, può essere ascritto a questo gruppo. Qual è il vettore virale maggiormente utilizzato? Si chiama adenovirus e a differenza del Sars Cov 2 dispone di un genoma a Dna doppia elica, come le cellule umane, dunque con con una struttura molecolare ampia e articolata che ben si presta ad essere manipolata.

Uno dei problemi che si può presentare per i vaccini è rappresentato da mutazioni significative del virus che, disponendo di un genoma a singolo filamento di Rna ed essendo privo di enzimi correttori, nella sua replicazione può incorrere in cambiamenti.Tale problematica si estende anche ai test molecolari per l’identificazione, in quanto le mutazioni genomiche potrebbero non essere intercettate dai reagenti dei kit in uso, con il rischio di avere dei falsi negativi. Tuttavia il problema sarà solo contingente perché una volta identificata la mutazione, grazie all’ingegneria genetica sarà possibile una risposta adeguata ad entrambe le problematiche.

Come ogni volta che si varca una frontiera, anche l’impiego in campo vaccinale di tecnologie nuove genera dubbi e paure. Vedremo nel prossimo numero le argomentazioni di chi è completamente fiducioso e di chi lo è meno.

Bruno Bonci

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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