Segui QdM Notizie
;

Eventi

Jesi “La Lupa”, dal verismo verghiano al femminismo dei giorni nostri

Stagione di prosa al Teatro Pergolesi, la lettura della novella proposta dall’attrice e regista Donatella Finocchiaro

Jesi – Sul progetto drammaturgico di Luana Rondinelli, dedicato a “La Lupa”, da Giovanni Verga, è senz’altro da farci un ragionamento sopra.

Aggiungici “la ritmata regia e la dinamica interpretazione di Donatella Finocchiaro, che regalano al pubblico una versione più moderna del romanzo, ricca di desiderio e voglia di affermazione della donna”, ed esci e ti siedi al Pergolesi per la stagione di prosa. 

Avevo appena finito di leggere un capitolo che Roberto Vecchioni, in “Tra il silenzio e i tuono”, il suo ultimo libro, dedica agli studenti del liceo Buchner di Ischia. Sotto forma di lettera.

Dice, fra le altre cose: “Non esiste letteratura teatrale che non parta da quella greca, tragica e comica. Non avremmo Arlecchini o re Lear se non ci fossero già stati ad Atene. E neppure in letteratura avremmo straordinarie figure femminili come Anna Karenina, Madame Bovary, Lupe di Verga, Madri coraggio (etc). E forse nemmeno le meravigliose donne di De André o Cohen, da Bocca di Rosa a Suzanne o via del Campo”. 

Armato di queste certezze, mi sono visto, dopo una breve ripassata all’originale, la lettura che l’attrice e regista Donatella Finocchiaro propone della novella verghiana, vista sotto un’ottica totalmente femminile. 

Si passa, cioè, dalla ‘Gna Pina intesa come una donna, immagine di una femminilità primitiva, allucinata, felina, incontrollabile, una bestia in sostanza, ad una lettura femminista, più attuale, fuori degli schemi del verismo, come ha affermato Donatella Finocchiaro.

«Nell’adattamento del testo teatrale di Verga usiamo il personaggio per parlare di femminilità, di sensualità, di donne, donne con la D maiuscola e nel finale anche di femminicidio, del rapporto spesso malato tra uomo e donna, dove l’uomo si sente quasi giustificato a dover uccidere la tentazione, difendersi da questa sensualità eccessiva delle donne, percepite dall’uomo come diavoli tentatrici. In questo ritengo il testo di una contemporaneità agghiacciante». 

Il teatro è bello perché si presta a letture e interpretazioni differenti. In questo caso, la cupezza del ritratto della donna-bestia e istintiva cede il passo alla sensualità prorompente e desiderosa di mostrare la voglia di libertà, uscendo dalle convenzioni sociali ordinarie, che abbattono lo stereotipo del come si dovrebbe vivere ed amare. 

‘Gna Pina l’ho vista come Carmen di Bizet, col suo erotismo che non uccide le tentazioni ma le anima. Una lettura della novella che, come si capisce dalla colonna sonora, ci fa ritornare agli anni della gioventù, con radici profonde, quasi familiari.

Però. E’ vero che si è affrontato il tema del femminicidio e della violenza contro le donne, ma è anche vero che sin dall’inizio è sembrato praticamente impossibile seguire una recitazione corale spesso confusa, persa nei chiaroscuri scenici, un bisbiglio vago, volutamente caotico, un modo di porre la battuta da lontano, che si svela, finalmente, nei dialoghi fra i singoli interpreti, interrotti dall’alta marea delle “maledette malelingue” che, come un coro greco, facevano sterzare il racconto.

In un ambiente complessivo, di luci, colori e nenie, che ci ricorda spesso e volentieri l’amatissima Emma Dante.

Per arrivare al santino grottesco “Santa subito” finale, in un quadro d’assieme che assomiglia a una festa alla quale tutti partecipano, in una sorta di beatitudine salvifica. 

Una Compagnia ben assortita e molto nutrita, dall’ottima Donatella Finocchiaro a un cast di molto interessante. 

Bruno Di Chiara nei panni di Nanni Lasca, Chiara Stassi in quelli della dolce Mara, Ivan Giambirtone che interpreta Malerba, Cosimo Coltraro nel doppio ruolo di Janu e del prete, Alice Ferlito che è Filomena, Laura Giordani che interpreta la prefica, Daniela Ragonese nei panni di Nela, Luana Rondinelli in quelli di Rosa, Federica D’Amore che è Lia, Roberta Amato che interpreta Grazia, Giuseppe Innocente nei panni di Bruno e Gianmarco Arcadipane in quelli di Cardillo.

Le scene e i costumi di Vincenzo La Mendola, le musiche di Vincenzo Gangi, il disegno luci di Gaetano La Mela. Incontro finale e dibattito, dopo gli applausi, con la Compagnia e l’assessore alla cultura Luca Brecciaroli. 

© riproduzione riservata

News