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Jesi “Sipario” grande interprete di Lello Longhi

Le tre serate da tutto esaurito con “Ha da rivà Serafì” al Teatro Pergolesi confezionate da una Compagnia che speriamo si possa ripetere con la ripresa di altri titoli del grande commediografo vernacolare jesino

Jesi – Rivedere dopo oltre trent’anni “Ha da rivà Serafì”, di Aurelio Lello Longhi al Teatro Pergolesi, in una delle tre serate fortunatissime da tutto esaurito, mi ha fatto capire che la magia del teatro permette di percorrere uno spazio temporale a ritroso, pur essendo nell’attualità, che mi è molto caro.

Come lo è tutto quello che Longhi ha scritto, prodotto, diretto e quelli, da Franco Morici a Nicola Zannoni, a Lea Longhi e tutti gli altri, che la presentarono l’ultima volta. 

La tensione alla prima è normale, perché quello è Teatro. La paura. Il terrore, quasi. Invece … tutti mi hanno riportato ad una lettura attuale di un periodo storico che si è spolverato di dosso quella patina degli anni trascorsi e si è trasferito, di nuovo, sulle assi del Pergolesi.

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“Ha da rivà Serafì” è una commedia bellissima, brillante, che fa scoppiare la risata, anche se qualche volta amara per l’ambientazione e il periodo storico del dopo guerra che si è vissuto.

La trama non la raccontiamo, il grande assente – di persona ma non c’è scena in cui non lo si nomini – appunto, Serafì, alla fine arriva a Jesi dall’America ma invece di portare i soldi che i fratelli, in bolletta nera, aspettavano per poter cambiare vita, porta un regalo che non cambierà l’esistenza del gruppo familiare ma che alla fine ridarà a tutti l’affetto e la dignità di essere un nucleo con profondi sentimenti.

Fabiola Focarelli era Vittò, una parte affrontata a viso aperto e con la capacità di rendere la propria interpretazione mai una macchietta ma, al contrario, una figura di vita quotidiana, quella di una chiacchierona e impicciona, tipi che non passano mai di moda.

«La difficoltà – spiega lei – è stata all’inizio confrontarsi con l’elaborazione scenica e artistica degli attori che l’hanno resa famosa. Saremo all’altezza? ci chiedevamo. Ma, forti dell’autorizzazione della famiglia a riprendere questa preziosa commedia, ci siamo messi a lavoro sin da novembre. Entusiasmo, certo, ma anche responsabilità. Il nostro gruppo “Sipario” è molto affiatato per cui piano piano ci siamo accorti che la storia veniva fuori, prendeva forma. E ci piaceva pure, ‘sta forma. Emanuela Corsetti e il regista Claudio Corinaldesi hanno lavorato ai fianchi e con profondità sui personaggi, riuscendo a dare a ciascuno la propria vita». 

Vi siete mai sentiti “osservati” dall’alto o da dietro le quinte da Zizzo Morici e da Lello? Che magari vi controllavano…

«Quella paura c’è stata sempre, dal primo giorno. Ma io che ho la passione del teatro sin da quando ero bambina, ti posso dire che Longhi l’avevo nel cuore. Per cui il raffronto non mi ha affatto coinvolto negativamente, i familiari di Lello e di Morici alla fine ci hanno ringraziato per averlo riportato in scena dopo tanto tempo. Vedere mia figlia di vent’anni venirmi incontro, alla fine, e dirmi entusiasta che le ero piaciuta tantissimo io e pure la commedia, ecco la soddisfazione, quella che i giovani ti trasmettono pur non conoscendo affatto l’autore o le sue commedie. Una nota la voglio ricordare: non c’è stata una sera, da quando abbiamo iniziato le prove, che non fossimo soddisfatti di come il lavoro stava crescendo. E di come entravamo con entusiasmo nelle nostre parti. Tutti. Magia delle opere di Longhi».

Gli attori? Vincè di Giuliano Circolani è stato l’ago intorno al quale girava la bilancia dei sentimenti di quanti passavano, come in una commedia del periodo del vaudeville, per casa sua. Al suo fianco una Emanuela Corsetti che sembrava avesse recitato per tutta la vita quella parte, la regia precisa e divertita (quindi vissuta) di Claudio Corinaldesi insieme a tutti gli altri che hanno reso tre serate un vero spasso, fino all’arrivo di Figaro, Graziano Fabrizi, ci hanno regalato due ore di spensieratezza e allegria, confezionate da una Compagnia che speriamo, visto il successo di “Ha da rivà Serafì”, si possa ripetere con la ripresa di altre commedie di Lello Longhi. 

E’ un appello del sottoscritto da queste colonne. Lello è stato unico come commediografo. La Compagnia, cara Lea e cari tutti nipoti e amici, c’è, è in affinità totale con lo spirito di Lello. Per cui tiriamo fuori dall’armadio e fateci (a tutti) rivivere, che so, “Bacetti e sganasciù”, o “Consigliere e pe’n pelo sindago”, sennò “Miss Vallesina”, e che dire de “La Tombola de San Settì”, “Quant’era bono el poro nonno”, “Righetto è fòrigiògo”?

Aspetto notizie e continuo a godermi il nostro dialetto, più vivo e più possente che pria. Grazie. Prego

(foto al Teatro Pergolesi del Gruppo Sipario Clic)

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