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Tradizioni Festività natalizie tra ritualità religiose e leggende popolari

I contadini festeggiavano il Natale come la nascita del “sole nuovo” nelle giornate del solstizio d’inverno, il cristianesimo celebra la nascita di Gesù, lo scambio dei regali, l’albero, il vischio, simboli che vengono da lontano

Dalla vigilia di Natale ogni luogo e città sono entrati nel pieno delle festività che proseguiranno anche con l’arrivo dell’anno nuovo per concludersi con la festa dell’Epifania. Un’occasione per ricordarci che queste giornate così magiche e ricche di significato, hanno origini molto lontane.

Provengono da riti e tradizioni fiorite in tutta l’Europa Centrale e nei Paesi del nord da ben due millenni, a testimoniare il fatto che per l’uomo di ogni epoca è stato sempre importante celebrare, in questo periodo dell’anno, una divinità, la natura, o la dimensione spirituale ricreando, nonostante i cambiamenti storici, sociali e geografici, ogni volta la stessa atmosfera.


Perché il Natale si festeggia proprio il 25 dicembre?

Un antico documento, il Cronografo dell’anno 354, attesta l’esistenza a Roma di questa festa al 25 dicembre che corrispondeva alle feste pagane legate alla celebrazione del solstizio d’inverno, il 21 dello stesso mese.

Il Natalis Domini (nascita di Cristo), infatti, rappresenta la versione cristiana del Natalis solis invincti, nascita del nuovo sole, la festa pagana molto diffusa tra la popolazione, che celebrava il solstizio invernale.

Il solstizio era un momento importante di passaggio dal periodo in cui la notte si allungava fino a vincere sulla luce del giorno, proprio il 21 dicembre, il giorno più corto dell’anno, e l’inizio di una nuova fase, con la nascita del sole nuovo: dal 21 in avanti il sole riprendeva lentamente vigore e tornava a vincere sulle tenebre, segnando anche la trasformazione della natura dal rigore invernale verso la fioritura primaverile.


Fu Papa Giulio I (337-352) a fissare al 25 dicembre la celebrazione della nascita di Gesù, proprio per dare un significato religioso al nuovo sole identificandolo con il Cristo che scende sulla terra, dando così ai fedeli una continuità tra la festa pagana e quella religiosa, nonostante non ci siano fonti storiche che possano attestare con precisione la data di nascita di Gesù.

Presepe vivente di precicchie 2023

Quanto all’usanza dello scambio dei regali, si rifa alle feste dei Saturnali romani, che come periodo si sovrappongono alle feste del solstizio, ed erano delle giornate in cui nell’antica Roma gli schiavi ricevevano doni dai padroni ed erano invitati alla loro mensa. Mentre nella tradizione cristiana richiama più direttamente i doni che i Re Magi e i pastori offrivano a Gesù Bambino.

Per i contadini festeggiare il nuovo sole era un modo per augurare prosperità alla terra e sperare in un buon raccolto per l’anno nuovo. Nella tradizione questa festa simboleggiava anche il passaggio dal vecchio al nuovo, da ciò di cui dobbiamo sbarazzarci, perché appartiene ormai al passato, e la freschezza delle novità a cui dobbiamo aprirci. Alcuni dei riti e delle usanze che ne sono scaturiti arrivano fino ai nostri giorni, come l’addobbo dell’albero solstiziale, che da noi è diventato l’albero di Natale, e la tradizione di regalare e tenere in casa il vischio.

Più diffuse nella cultura bretone sono l’accensione del ciocco e l’allestimento dell’albero dei desideri, rituale celtico che consiste nel procurarsi un ramo secco da dipingere d’oro e addobbare con nastri rossi e fogli di carta su cui scrivere i desideri della famiglia per il nuovo anno, ramo che andrà bruciato nel fuoco del solstizio cosicché i desideri possano salire fino al cielo ed essere esauditi.

Ma al di là di tutte le credenze e i rituali di ogni genere e provenienza, il periodo solstiziale dovrebbe essere un momento di riposo fisico e riflessione per l’uomo che, proprio come la natura, dovrebbe fermarsi e riposare, approfittando dei giorni di festa, per poi rinascere e riprendere vigore in previsione della futura primavera.

La nascita di un nuovo sole rappresenta per noi l’opportunità di coltivare sentimenti di speranza e ottimismo anche nella malinconia dei mesi invernali.

Il vischio

Era la pianta sacra del solstizio d’inverno perché simbolo di vita: le sue bacche bianche erano considerate simili allo sperma maschile e come tali simbolo di fertilità. Pianta sacra anche per i druidi che la consideravano discesa dal cielo e anche i celti la reputavano magica e curativa, donata dalle divinità agli umani, il cui primo ramoscello nacque laddove era caduto un fulmine: aveva quindi connotazioni divine e propiziatorie.

Ancora oggi baciarsi sotto il vischio è un rito di buon augurio e buona sorte.


L’albero solstiziale e l’albero di Natale

Ha origini antiche l’usanza che colloca l’abete nelle feste solstiziali e nel Natale. Nella tradizione contadina era un simbolo fallico di prosperità e fertilità, associato anche alla forza e alla vitalità, addobbarlo rappresentava un rituale da praticare in famiglia per attirare abbondanza e fortuna.

Le luci sull’albero ricordano il rituale del grande falò dell’abete, che si prolungava fino all’attuale festa della Befana, in uso presso alcune popolazioni europee per bruciare la negatività del passato.


In Italia la tradizione dell’albero si diffuse nel 1800 quando la regina Margherita, moglie di Umberto I, ne fece allestire uno in un salone del Quirinale dove abitava la famiglia reale. Da allora l’usanza si diffuse velocemente tra le famiglie italiane.

La tradizione del presepio

Questa usanza all’inizio tipicamente italiana ebbe origine all’epoca di San Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione della Natività, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da Papa Onorio III.

Francesco era tornato da poco dalla Palestina e, affascinato dalla visita a Betlemme, volle riprodurre la scena della Natività in un luogo che ne riprendesse le sembianze scegliendo la cittadina di Greccio, in provincia di Rieti.

presepe artigianale in terracotta ingresso della Questura


Chi è Babbo Natale?

È un personaggio la cui origine è incerta e difficile da collocare. Le leggende dicono che la notte della Vigilia va in aiuto di Gesù Bambino per distribuire i doni ai bimbi buoni. Questo personaggio racchiude in sé tante caratteristiche che lo accomunano all’antichissima raffigurazione di Saturno, il re del tempo e dell’età dell’oro, un vecchio barbuto collegato alla prosperità e ai doni, fino al più recente San Nicola, vescovo di Mira, nell’Asia Minore, vissuto nel 300.

babbo natale moie

Il Santo, già protettore della Russia, divenne patrono della città di Bari perché sembra che il suo corpo sia stato trasportato lì da tre marinai baresi affascinati dalla sua fama e generosità. Tra i tanti racconti, uno dei più significativi narra che nella sua città natale viveva una famiglia poverissima e il padre non poteva permettersi di pagare la dote delle tre figlie in età da matrimonio, così San Nicola di notte lanciò un grande sacco pieno d’oro nel camino dell’uomo che cadde proprio dentro una calza lasciata a scaldare nel focolare.

Da qui l’uso di lasciare una calza per accogliere i doni che però oggi viene più associata al giorno della Befana.

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