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Jesi

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI


DIARIO DI UNA SCHIZOFRENICA

Che bello svegliarsi con la depressione galoppante mista ad attacchi d’ansia misti a personalità multipla mista a sbalzi d’umore misti a voglia d’ammazzare il prossimo. Come non bastasse sto per fare il prelievo del sangue e senza un briciolo di caffè in circolo non so neanche come mi chiamo. Seduta su una poltroncina blu, fingo compostamente indifferenza ma in realtà ho una paura fottuta della siringa. E mentre le porche madosche mi si rimescolano inside, entra lei: Barbie Gran Galà. Calze a rete su tacco 12, minigonna inguinale (fuori so’ 40 gradi sotto zero), davanzale in bella vista, trucco “Valeria Marini me spiccia casa e quando c’ha tempo me cuce pure i bottoni”. Dove si siede? Naturalmente accanto a me: maxi maglia color grigio topo (morto), leggings prolassati collezione “Casalinga di Voghera ‘94”, occhiaie nere in tinta con l’umore che se mi vedesse il marocchino della Coop, piuttosto che dirmi “ciao bèla”,  mi leva il saluto. Così vicine sembriamo il sequel di Gemelli con Schwarzenegger e Danny De Vito e questo confronto mortificante, sovrapposto alle carogne di cui sopra, mi fa sentire la versione 2.0 (anziana) della Piccola Fiammiferaia. Di qui l’inevitabile quesito che torna ciclicamente a tormentarmi: ma siamo sicuri che anche io appartengo al genere femminile terrestre? o piuttosto una forma di vita aliena mi ha abbandonata in questo sparuto fazzoletto d’universo col sadico proposito di farsi beffa di me?? Propendo per la seconda ipotesi, quindi mi getto in solidali scambi d’opinione su whatsapp: “Cristì, c’ho voja de mena’ a qualcuno….e ‘n so’ manco le 8 de mattina”. “Lassame perde, è ‘n par de giorni che fremo”. “Sarà l’ormoni?”. “Poèsse”. Quel poèsse fa ancora eco nel cervello, quando chiamano il mio numero: “47!”. Vorrei rispondere “morto che parla”, ma mi sto cacando addosso quindi entro in fretta nello stanzino malefico così che tutto finisca molto presto. Una volta davanti al nemico scatta la tattica “minchiate random”: oltre che simulare padronanza della situazione, voglio subdolamente conquistare le simpatie dell’infermiera in modo che mi usi grandissima delicatezza nell’infilare l’ago. Cazzo, l’ago. Siamo nel 2017, mandiamo le sonde su Marte, scavalchiamo i buchi gravitazionali e ancora dobbiamo inserire corpi contundenti nella gente per fare le analisi. Ma in che razza di pianeta retrogrado di merda mi hanno scaricata gli alieni?? E mentre rifletto sull’evoluzione della specie che, nonostante le apparenze, non si è scostata poi granché dall’orangotango originale, alla mia destra – con la grazia del porco – mi hanno già messo il laccio emostatico, hanno scartavetrato a dovere la pelle e stanno per infilzare il siringone. Io, pur di non guardare, giro la testa di 190° come la bambina dell’esorcista, poi la cosa entra nella carne e divento di marmo che Carrara lèvati. “Che ve piasse un colpo de fortuna a tutti quanti” è la frase più carina che mi passa per la capoccia e la tentazione di gridarla a squarciagola è tanta, ma appartengo a una razza astrale superiore pertanto decido di soffrire nobilmente in silenzio. Per distrarmi, torno con la memoria ai momenti più felici su questa Terra: il primo filarino, il primo viaggio all’estero, la prima volta che me so’ ‘mbriacata. Poi, manco a dirlo, penso al mio sommo bene consolatorio: il cibo. Mi scorrono davanti vassoiate bulimiche di tortellini con la panna, spaghetti con le vongole e lasagne rosse con la besciamella. Allora mi commuovo, perché capisco che il carboidrato ci ama incondizionatamente senza chiedere nulla in cambio. Esiste forse, in questo sporco pazzo mondo, un qualsivoglia problema che non possa svanire di fronte a due etti fumanti di carbonara? No. Chissà, forse gli extraterrestri questo volevano: che scoprissi il super-potere molecolare del maccherone…“Signora, abbiamo finito”. Signora mi asfalta definitivamente come un’autostrada, ma abbiamo finito spazza via la ferocia del presente, proiettandomi verso il massimo grado della felicità. Saluti e figli maschi, la sottoscritta se ne va. Vorrei congedarmi dall’oppressore urlando come Braveheart “Potete togliermi tutto, ma non mi toglierete mai…la libertàààà”, ma in 20 secondi netti sono già dentro la pasticceria La Zozzona, dove dimentico Mel Gibson pur di far mio un maxi cornetto alla crema chantilly. Mentre lo addento, con quella mousse calda che mi smeriglia le papille, ecco una reminiscenza luccicante della verità cosmica: è quando la presenza si fa assenza che l’essenza intrinseca vince il giogo della materia per tornare con l’anima al principio del tutto laddove la vita…no…niente…me so’ incartata…W LA PASSERA.

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