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Ricette per il sorriso

COTTO&MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI

UN PASSO…DAL BARATRO

L’altra sera facendo zapping mi sono imbattuta nella fiction “Un passo dal cielo”. Non mi addentrerò sulle misteriose ragioni che spingono la gente a guardare un malloppazzo del genere, anche perché la vecchiaia incombe e presto sarò vittima di uno sceneggiato di Rosamunde Pilcher…avete presente? L’autrice di quelle pellicole dai titoli che sono tutto un programma, tipo “Gli scogli del passato”, “Quando il cuore si spezza”, “Ridatemi mio figlio”, “Un amore impossibile”, che ancor prima che inizi il film in salotto tira un’arietta che te la raccomando! Vabe’, tornando a “Un passo dal cielo”: siccome registra ascolti record, sono andata ad indagare sul web. Beh, ho scoperto che nelle prime stagioni il protagonista era Terence Hill e indovinate che faceva? Il capo della forestale. In Trentino Alto Adige. Adesso, va bene tutto, ma Terence Hill capo della forestale in Val Pusteria è credibile più o meno quanto Rocco Siffredi capo del concilio vaticano. Che poi Terence da 50 anni sul piccolo o grande schermo è sempre uguale, l’unica cosa che cambia è il cappello: se fa i western mette quello da cowboy, se fa il prete mette la coppola, se fa l’esperto di botanica quello da Indiana Jones. Pure gli sceneggiatori si sono resi conto che serviva una sterzata e dopo un po’ l’hanno sostituito con quel gran pezzo dell’ubaldo di Daniele Liotti: manco lui sa recitare, però con tutti quei muscoli distrae parecchio. Ho cercato di decifrare il filo logico degli episodi che lo coinvolgono ma le sciagure sono troppe e mi sono persa. Ho capito solo una cosa: una delle protagoniste femminili è Rocio Morales, la moglie di Raul Bova. Cioè, afferrate? Questa la mattina va a lavorare (si fa per dire) e si limona Daniele Liotti, poi la sera torna a casa e si spupazza Raul Bova. In più è gnocca da paura. Speriamo che le puzzi l’alito, così almeno una sfiga ce l’ha. A noi casalinghe invidiose non resta che sognare, sì, insomma, possiamo immaginarci la nostra di fiction. Ora a me ad esempio piacerebbe stare su un terrazzo. Magari con un po’ di venticello che mi accarezza i capelli. Magari un bel posto sul mare. E mi piacerebbe starci con un uomo. Anche carino. Diciamo bello. Mi piacerebbe stare su questo terrazzo con un uomo, per usare una sottile metafora, che spacca il culo ai passeri. Uno che, quando parla, tu lo guardi e ti fa proprio sangue, tant’è che con l’occhio annebbiato dal ferormone gli direi: “Amore, mi abbracci che con questo venticello sento un certo freschetto? Sai, il mio golf di cashmere non basta, sebbene l’abbia pagato quasi quanto la mia Maserati…a proposito: mi sa che la Maserati la cambio, che ‘sto giallo limone mi ha stufato, che dici, eh, teso’, la cambio la Maserati?”. E lui, stringendomi tra i suoi bicipiti nerboruti, mi sussurrerebbe soavemente: “Sophie…(beh, nella fiction mi chiamo Sophie che fa sesso ma con classe)…rien ne va plus…ne me quitte pas…je t’aime!”. E poi giù kamasutra a tutta randa perché Jean Pierre (così si chiama il nerboruto) è molto fine ma se gli sale il selvatico non guarda in faccia a nessuno. In sottofondo a sfumare “Amore fai presto, non resisto” di Ornella Vanoni. Titoli di coda. Applausi.

E la Casa di Carta…muuta.

Gioia Morici

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