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DANTEDÌ Il giorno del tributo al Sommo Poeta

Iniziative anche dalla nostra regione per ricordare Dante Alighieri nella ricorrenza della sua discesa agli Inferi

JESI, 25 marzo 2020 – A soccorrere le menti forse un po’ spente dall’isolamento ci pensa il Dantedì. La prima edizione dell’iniziativa del MiBact è esplosa in sordina, giacché la pubblica attenzione è comprensibilmente polarizzata da una cronaca non esattamente rassicurante.

Innanzitutto, perché proprio il 25 marzo per celebrare il Sommo Poeta?

Quando Dante inizia il suo cammin nell’Inferno (If I, vv.38-41),

(…) e ‘l sol montava ‘n su con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino
mosse di prima quelle cose belle
;

Ovvero, quando il Sole sorge sulla selva ci si accorge che è primavera, come quando Dio ha creato il mondo.

La questione è così estremamente semplificata – non ce ne vogliano i dantisti. L’equinozio primaverile è la data dell’inizio della catabasi più famosa della letteratura occidentale: è il 25 marzo 1300, stando alla convenzione adottata da alcuni studiosi.

L’importanza della figura di Dante Alighieri è immensa e irriducibile sia in campo letterario e linguistico, sia in campo umano e politico.

Non ha bisogno di presentazioni la tappa che la lingua italiana conosce nel suo percorso di unificazione di quello che oggi è il nostro Paese: la scelta del volgare per il suo poema costituisce un imprescindibile punto di riferimento per la nostra identità linguistica. Pari al ruolo della Commedia saranno solo gli ormai romantici Promessi sposi.

Anche diverse scuole marchigiane hanno deciso di onorare l’autore della Vita Nova entro quanto consentito dalle condizioni attuali (qui la ricetta della torta dedicata al poema ispirata all’idea di una docente dell’Alberghiero di Cingoli).

Il Nostro è un poeta che nutre un amore sconfinato per la sua patriaFirenze, ma anche l’Italia: Italia che però non esiste ancora, Dante è lungi dal vagheggiare uno stato nazionale. Foscolo per primo deforma l’Alighieri in un patriota ante litteram. “Semplicemente”, Dante è un poeta che vede i suoi concittadini condurre guerre fratricide combattendo sotto il nome di ghibellini, guelfi neri, guelfi bianchi, e un’Italia serva e di dolore ostello. Inutili faziosità la straziano con lotte intestine.

Pochi versi prima, il trovatore Sordello aveva tentato di abbracciare commosso Virgilio non appena quest’ultimo aveva pronunciato il nome della sua città natia, Mantova, in uno slancio di “patriottismo” trans-secolare. È così che a Dante il contrasto con la contemporanea situazione politica appare ancor più doloroso (Pg VI, vv.124-125):

Ché le città d’Italia tutte piene
son di tiranni, (…)

Fiorenza mia – dice – tu sei come un’ammalata che si rigira invano più volte nel letto per rendere più sopportabili i dolori.

Agli jesini piacerà forse ricordare Manfredi, figlio di Federico II di Svevia, nell’Antipurgatorio tra gli scomunicati tardi a pentirsi. Generalmente non amati dalla propaganda guelfa, i due apparivano al Dante del De Vulgari Eloquentia gli ultimi grandi principi italiani, entrambi poeti e promotori della poesia in volgare circondati dai migliori ingegni.

Tuttavia, diversa è la sorte ultraterrena degli esponenti della casata: ‘l secondo Federico si trova tra gli eretici, mentre sua madre, Costanza d’Altavilla, è annoverata tra i beati del Paradiso.

Oggi questa digressione lacunosa e senza pretese e il Dantedì in genere possono tradursi in un sano attaccamento alla propria cultura e alle ricchezze della propria terra senza vuoti ma sin troppo attuali sciovinismi.

L’Accademia della Crusca nella persona del suo presidente onorario Francesco Sabatini ha invitato a un flashmob serale dai balconi per leggere insieme l’incipit della Commedia.

Menzionando l’insegnante di Lettere del Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi, Laura Trozzi, chiudiamo con il verso «che sigilla l’Inferno, che mirabilmente esprime il sollievo dell’uscita dalle tenebre e l’emozione palpabile del ritorno alla luce. Perché sia di buon auspicio per tutti noi».

E quindi uscimmo a riveder le stelle (If XXXIV, v.139)

Elisa Ortolani

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